L’Afghanistan non è l’Iraq, meglio che sia chiaro prima di Lisbona
16 Novembre 2010
Nella commedia degli equivoci afghana (che è una tragedia), si recita a soggetto. Il Presidente Obama non ha neanche finito di inviare le truppe per il "surge" che il NYT annuncia già i piani per il passaggio di consegne alle forze di sicurezza afghane. La NATO si appresta a celebrare un altro appuntamento storico, il Vertice di Lisbona, e il segretario generale Rasmussen sostiene che "non ci sono alternative alle operazioni militari" perché "queste operazioni possono favorire i colloqui di riconciliazione".
L’entourage di Karzai si fa in quattro per assicurare la Coalizione sul rispetto della transizione, ma poi il "sindaco di Kabul" concede un’intervista al Washington Post in cui spiega che gli americani devono restare chiusi nelle loro basi perché vederli per le strade alimenta l’odio e il rischio attentati. Se gli Usa e i loro alleati non avessero inondato di soldi il Paese, conclude fiero, oggi non dovrei difendermi dalle accuse di corruzione…
Sembrava che il mullah Omar dovesse sedersi da un giorno all’altro al tavolo della pace, come un nuovo Vercingetorige in ceppi, ma adesso che ha intuito l’andazzo torna a suonare il piffero della Jihad. "Stiamo vincendo e presto estenderemo la nostra lotta a tutto il Paese". Così chiede ai leader dell’Alleanza del Nord come mai abbiano stretto un patto scellerato con gli americani, dopo aver combattuto a liberare il Paese dai sovietici. Verrebbe da rispondergli dov’era lui quando fu ammazzato il Comandante Massud, pochi giorni prima dell’11 Settembre.
Dieci anni fa era tutto più chiaro e semplice. Bush aveva ordinato di estirpare il Male, Bin Laden si era rifugiato nelle caverne di Tora Bora, il regime talebano veniva rovesciato con il plauso della comunità internazionale. La Nato scelse di appoggiare senza remore gli Usa, che in ogni caso sarebbero andati avanti da soli. Oggi l’Alleanza è scossa da fremiti europeisti e onusiani, i talebani sono diventati "moderati", Al Qaeda è risorta in altri paradisi del terrore, e il Presidente Obama non si accorge di demotivare i Marines al fronte con la sua indecisione.
"Non si possono combattere e condurre guerre come questa," ha detto il Senatore McCain. "Puoi vincere, ed andartene. Ed è questo che abbiamo fatto in Iraq".