L’agricoltura eco(il)logica: ecco un’altra moda fondata sul nulla
20 Ottobre 2010
Tra le seguenti sostanze c’è qualcosa che le accumuna: la cicuta che uccise Socrate; l’acido cianidrico causa di alcune intossicazioni non mortali e che si trova generalmente nella manioca; il tremetol (conosciuta anche come malattia del latte di mucca) che fece diventare orfano Abraham Lincoln; la capsaicina, il responsabile della “piccantezza” dei peperoncini, che può creare gravi danni se non viene consumata con moderazione; e la solalina della patata, un tossico fungicida e insetticida che, quando viene ingerito nella versione silvestre del tubercolo, può risultare velenoso.
Tutti questi composti sono agenti naturali. Così naturali come la vita stessa. Si trovano in abbondanza in stato selvatico e, in molte occasioni, si annidano negli alimenti che consumiamo quotidianamente e che se non ci contaminano, ci intossicano, ci avvelenano o ci uccidono è solo perché siamo riusciti a mettere in atto tutta una serie di strategie artificiali per eliminarli. La pastorizzazione, il trattamento degli alimenti, la fertilizzazione chimica, l’addomesticamento degli animali, la selezione genetica sono invece pratiche che non furono disegnate dalla natura ma bensì dall’ingegno dell’uomo.
Malgrado ciò, uno dei più importanti successi dell’ideologia ecologista contemporanea è stata quella di aver generato l’ingiusta credenza che ciò che è naturale è sinonimo di pulizia, salute, sicurezza e benessere e che ciò che è artificiale è pericoloso, tossico o di scarsa qualità.
Seguendo questo mito, negli ultimi decenni abbiamo assistito all’incomprensibile crescita di fama della cosiddetta a agricoltura ecologica. Una pratica che si suppone non commetta gli orrori dell’agricoltura intensiva “artificiale” e che ci riporta all’incontaminata e innocente relazione dei nostri avi con le piante commestibili. Gran parte della colpa di questo boom è dovuta alle legislazioni sulla sicurezza alimentaria – in particolare quelle europee che influiscono quotidianamente sulle nostre vite – che non fanno altro che glorificare, attraverso l’iper-protezionismo, le bontà dell’agricoltura denominata ecologica.
Secondo Francisco García Olmedo, docente di biochimica e di biologia molecolare, la produzione di alimenti tramite queste tecniche non rappresentano più del 2 per cento della produzione mondiale e, di norma, il surplus sui costi di produzione si aggira tra il 50 e il 100 per cento rispetto a quello dei beni prodotti con le tecniche convenzionali. Ma tutto ciò sembra non avere importanza. I prodotti ecologici continuano ad essere venduti in tutti i tipi di fori come la panacea fondamentale per alimentare l’intera popolazione mondiale, sempre nel dovuto rispetto dell’ambiente.
Di fronte a tale propaganda di massa vale la pena controllare quanto sa davvero la scienza su tali eccellenze delle tecniche “naturali”. Una revisione pubblicata tempo fa sulla rivista “International Journal of Food Sciences” ha determinato infatti che non esiste alcun fondamento scientifico reale per poter affermare che l’agricoltura biologica sia più sana di quella intensiva.
I risultati dello studio sostengono che, nonostante esistano scarse prove che dimostrino l’esistenza di differenze sostanziali nella concentrazione di elementi nutritivi (vitamine, minerali…) tra gli alimenti ecologici e quelli tradizionali, si possono individuare sottili particolarità in uno e nell’altro caso. Per esempio, è possibile riscontrare tracce leggermente superiori di acido ascorbico negli ortaggi e nei tubercoli prodotti in maniera ecologica. Esiste, però, una marcata tendenza alla diminuzione delle quantità di proteine. Per quanto riguarda tutti gli altri nutrienti, non è stato raccolto sufficiente materiale scientifico per poter arrivare ad una conclusione definitiva.
D’altro canto, gli animali alimentati con grano ecologico sembrano avere un valore di salute e di capacità riproduttiva in parte superiori. Negli esseri umani, invece, è stato impossibile rilevare tali differenze. Di conseguenza, quindi, non ci sono prove che, in termini generali, l’agricoltura ecologica sia più sana di quella tradizionale.
Proprietà nutritive a parte, un aspetto importante per valutare la rilevanza di un alimento è la sua sicurezza. In questo senso bisogna considerare che, al contrario di quello che uno pensa, il maggior pericolo per la sicurezza alimentare non sono i composti chimici residuali che restano negli alimenti dopo averli trattati artificialmente, ma bensì le minacce microbiologiche. I rischi derivati dai pesticidi, additivi o fertilizzanti sono molto inferiori a quelli prodotti da batteri, virus, funghi e altri agenti microbiologici tossici e naturali.
E’ per questo che è necessario trattare chimicamente e fisicamente gli alimenti ed è anche questa la ragione del perché le tecniche moderne, scientifiche e artificiali di manipolazione sono la migliore garanzia di sicurezza. Negli ultimi decenni, secondo il rapporto sopra citato, è stato rintracciato un leggero aumento delle patologie derivate dal consumo di alimenti vegetali crudi. Nonostante non possa essere stabilita una relazione di questo dato con l’incremento dell’agricoltura ecologica, sembra evidente che la diminuzione dell’uso delle tecniche artificiali di produzione e di trattamento degli alimenti determinerebbe un maggior rischio di espansione di questo tipo di malattie.
Dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi si è però riuscito a stabilire con ogni tipo di prove che le popolazioni che presentano maggiori rapporti di consumo di frutta e di verdura godono di un’evidente protezione contro molti tipi di cancro. E la conclusione degli esperti è stata proprio questa nonostante tali popolazioni consumano sempre di più alimenti trattati agrochimicamente, con fertilizzanti, pesticidi e additivi. Ciò significherebbe che, anche nel caso in cui queste tecniche fossero così dannose come alcuni ritengono, i benefici dell’uso di tecniche artificiali di produzione supererebbero i suoi rischi.
Le legislazioni internazionali stabiliscono determinati livelli massimi di residui chimici negli alimenti per il consumo. In tutti gli studi realizzati fino ad ora, sia l’agricoltura ecologica che quella tradizionale dimostrano d’essere al di sotto di quei livelli in quantità simili. D’altro canto, è fuori dubbio che la somministrazione di alimenti nel mondo occidentale oggi è molto più sicura di quella di un anno fa. E ciò è possibile grazie al concorso delle così tanto demonizzate tecniche “artificiali” di produzione agricola. L’agricoltura ecologica può, senza alcun dubbio, raggiungere gli stessi standard di sicurezza ma fino ad oggi vengono prodotti solo in scale di produzione talmente piccole o a livelli così elevati di costi che obbligano ad alzare i prezzi del prodotto finale tra un 40 e un 175 per cento.
E’ difficile non provare piacere nel mangiare una pesca appena colta dall’albero piantato nell’orticello del nonno o nel ricordare i giorni dell’infanzia in cui si beveva il latte appena munto. Ma fino a quando la scienza continuerà ad avanzare, se non vi dispiace, farò colazione con un bicchiere di latte UHT e mi delizierò con il gusto dell’E406 del mio formaggio fresco.
Tratto da Libertad Digital©
Traduzione di Fabrizia B. Maggi