L’Algeria e l’islam stanno sempre più stretti ai Berberi della Kabylia
22 Luglio 2010
Le tribù della Kabylia, la regione algerina che ha di recente proclamato la sua autonomia, non sono facili da colonizzare o governare, proprio per il loro spirito indomito. Ci hanno provato gli antichi romani, i colonizzatori francesi, il governo centrale di Algeri, perfino Al Qaeda, ma i berberi hanno sempre resistito ad ogni occupazione. Ne parliamo con Arezqi At Hemmuc, ministro delle relazioni internazionali del Governo Provvisorio della Kabylia.
Ministro, subito dopo l’inaugurazione del governo autonomo della Kabilia, avvenuta il primo giugno scorso, il primo ministro algerino Ahmed Ouyahia ha minimizzato l’avvenimento definendolo “solamente baccano”. Sembra che il problema principale del vostro governo autonomo possa essere, ironicamente, un problema burocratico.
Per essere onesti, da un ufficiale algerino non potevamo che aspettarci una risposta simile a ogni iniziativa democratica o tentativo d’apertura politica. D’altronde, recentemente ci sono state numerose occasioni per le quali la politica prioritaria del governo di Algeri si è ridotta a una forma d’irresponsabile indifferenza nei confronti d’eventi importanti come questo.
Nella primavera del 2001, uno studente universitario ucciso dai gendarmi algerini fu definito semplicemente “niente altro che uno zoticone” dall’allora ministro degli Interni. E pensare che quel singolo episodio ha contribuito enormemente a fomentare le più sanguinose rivolte della storia recente della Kabylia.
Ed è proprio perché siamo completamente consapevoli della natura irresponsabile del regime algerino che abbiamo deciso di non attendere oltre i suoi buoni intenti e siamo andati avanti a instaurare un governo locale per servire la nostra gente. Quindi adesso stiamo più che altro lavorando per fare sì che il governo centrale accetti quella che costituisce una soluzione di sicuro vantaggio per tutti.
Qual’è lo scopo principale del vostro gabinetto, ora come ora? E come potreste aiutare i Kabili nella loro lotta contro l’autorità del governo centrale?
Gli affari esteri in genere sono una prerogativa degli Stati sovrani e noi stiamo solamente chiedendo uno status di auto-governo. Comunque, vista la natura specifica del nostro esecutivo, abbiamo deciso di creare un gabinetto per le relazioni internazionali che sono d’importanza vitale per noi, almeno fino a che l’autonomia non sarà raggiunta ufficialmente.
I nostri scopi principali, per ora, consistono nel rinforzare le relazioni che già abbiamo con amici e simpatizzanti ma a un livello governativo e, d’ora in avanti, comportarci noi stessi come un governo. Stiamo anche cercando di sviluppare sane relazioni con tutti quelli che condividono i nostri valori fondamentali di libertà e democrazia, e con coloro i quali supportano il nostro sforzo pacifico per riprenderci il diritto fondamentale all’esistenza.
Si è detto molto su al-Qaeda in Nord Africa. Immaginiamo che il vostro governo autonomo divenga legittimo: come aiutereste l’Occidente contro i terroristi, specialmente nel nord dell’Algeria?
La nostra tradizione indigena e il nostro approccio secolare consituiscono la migliore barriera possibile contro l’ideologia che alimenta il terrorismo in questa regione. Apprezziamo molto il fatto che l’Algeria stia cooperando ufficialmente con l’Occidente nella lotta al terrorismo globale, ma la verità è che il governo algerino sta incoraggiando l’ideologia che alimenta il terrorismo nel nostro paese.
Non dovremmo mai dimenticare che il regime algerino si è deciso a cooperare con l’Occidente solamente dopo che la sua stessa esistenza è stata messa a repentaglio dagli islamisti ai quali è stata negata una schiacciante vittoria alle elezioni legislative del 1991 (le autorità algerine invalidarono le elezioni, NdT).
Tra l’altro, in quelle stesse elezioni i partiti islamici vinsero ovunque tranne che nella Kabylia, regione in cui furono surclassati dai nostri partiti laici. L’Algeria e qualche altro Stato nel “mondo musulmano” staranno anche combattendo il terrorismo globale per avere in cambio la stabilità politica interna, ma non c’è traccia di buone intenzioni quando si tratta di combattere l’ideologia che alimenta il terrorismo.
Può essere può chiaro? Che intendete fare?
Prima di tutto dovremmo chiederci come mai la gente sceglie d’appoggiare i programmi degli islamisti. La risposta si trova nel sistema scolastico algerino, nelle moschee, nei media e nelle istituzioni. Noi crediamo fermamente che combattere i sintomi non significhi curare la malattia. L’uso della forza militare da sola contro i terroristi non è sufficiente e potrebbe addirittura rivelarsi controproducente. Invece le contromisure di tipo politico, come l’eliminazione dell’ideologia dell’intolleranza e dell’odio dall’educazione scolastica costituiscono un investimento praticamente obbligatorio.
Siamo convinti che il programma democratico e laico del nostro movimento, una volta ufficialmente implementato in Kabylia, sarà in grado di promuovere riforme positive all’interno di questa regione visto che potrebbe anche essere replicato da altre entità politiche per il loro stesso bene. Ecco come possiamo aiutare l’Occidente e il mondo contro l’estremismo, ma per prima cosa, c’è bisogno che questi stessi soggetti aiutino noi a fare in modo che tutto questo possa essere messo in atto.
Come ministro delle Relazioni Internazionali, uno dei suoi scopi principali consiste nel cercare l’appoggio di altri alleati ufficiali e trovare il supporto dei governi stranieri: com’è andata la ricerca fino ad ora?
Abbiamo inaugurato il nostro governo solamente un mese fa e ci stiamo ancora organizzando sotto tanti punti di vista. Comunque, questo non ci ha impedito di incontrarci già con alcuni nostri alleati con i quali stiamo mettendo a punto una fruttuosa collaborazione. Chiaramente abbiamo anche in agenda altri incontri con nuovi partner.
La vostra gente ha combattuto per l’autonomia nel corso delle ultime tre decadi, non potreste invece tentare di ottenere il federalismo?
Il nostro appello all’autonomia non è in contraddizione con l’instaurazione d’uno Stato federale qualora questa dovesse essere la volontà del nostro governo centrale o quella delle altre regioni. Però non stiamo chiedendo il federalismo perché questo significherebbe parlare a nome degli altri algerini con i quali invece dobbiamo ancora confrontarci su questo tema. Inoltre si tratta di una strada che la Kabylia ha già tentato di percorrere in passato senza fortuna. Il federalismo potrebbe anche funzionare in Algeria se fosse applicato con buona volontà e per mezzo di una democrazia autentica.
Ci spieghi allora come mai la Kabylia non può rimanere unita all’Algeria e deve invece ricercare l’autonomia.
Storicamente la Kabylia è sempre stata un’entità indipendente fino a che fu sconfitta dalla Francia coloniale nel 1857 e annessa al più vasto territorio che i francesi erano in procinto di conquistare, visto che si erano presi l’Algeri del Bey turco nel 1930 per formare quella che poi divenne nota come “l’Algèrie”. Ma prima del colonialismo francese, il Nord Africa era (ed è ancora) formato da diverse identità Berbere, tra le quali quella Kabyla, divise da una più estesa popolazione che, seppur predominantemente berbera, è stata arabizzata in lungo e in largo a partire dall’invasione delle tribù arabe nell’undicesimo secolo e che si auto-considera araba e musulmana.
Qual è stata l’influenza dell’Islam sulle vostre terre?
In quel momento l’Islam ebbe influenze differenti a seconda del modo in cui si diffuse. Per quanto riguarda la Kabylia, che aveva sempre prevalso da un punto di vista militare, l’Islam ha trovato il modo d’imporsi in maniera pacifica e ha gradualmente rimpiazzato le credenze animiste. Ecco perché l’Islam ortodosso (quello politico) non ha virtualmente radici nella regione Kabyla il cui sistema politico si è sempre basato su leggi civili e democratiche. Un elemento, questo, che ancora oggi si riflette sui moderni movimenti e partiti politici della Kabylia (Front des Forces Socialistes, Rally for Culture and Democracy, l’Aarch e il Movement for the Authonomy of Kabylia) che sono tutti a favore della laicità dello Stato e della democrazia.
E’ anche una storia legata al colonialismo…
Dopo la conquista da parte francese e la formazione dell’Algeria francese, la Kabylia ha provato per l’ultima volta a liberarsi dal giogo coloniale nel 1871 ma ha fallito ed è stata per questo duramente repressa. Poi ha unito le forze insieme al resto degli algerini in modo da scacciare il colonialismo francese dall’intera regione nordafricana, sotto l’egida della North African Star formatasi nel 1926. Dopodiché gli sforzi si sono concentrati nella liberazione del nostro paese per mezzo del movimento nazionale algerino e la guerra d’indipendenza in cui la Kabylia ha giocato un ruolo fondamentale, organizzandola e perseguendo il suo scopo fino a che l’indipendenza fu raggiunta nel 1962.
Da allora dovete fare i conti con il governo centrale
Dopo il ’62, l’Algeria è stata dichiarata uno Stato arabo dalla maggioranza che prese il potere per perseguire quello stesso modello di governo francese di governance centralizzata e giacobina nella quale l’identità berbera fu soppressa.
Avendo fermamente creduto nel nazionalismo algerino dopo sette anni di guerra per l’indipendenza, Kabylia ha sempre combattuto per l’instaurazione di valori laici e democratici in Algeria ed ha sempre sperato che gli algerini riacquistassero la loro identità berbera. Nonostante questo, per diversi decenni dopo l’indipendenza non c’è mai stato un partito della Kabylia in grado d’ottenere ascolto anche fuori da questa regione. Invece abbiamo assistito allo spettacolo degli algerini che votavano in massa per un partito politico (il Fronte di Salvezza Islamico) che cercava di instaurare uno Stato Islamico.
Cosa può dirci sulle persecuzioni a cui siete andati incontro?
La “nazionalizzazione” e l’insegnamento opzionale dell’identità berbera che abbiamo ottenuto a caro prezzo e che alcuni potrebbero considerare traguardi politici, ora sono utilizzati come mezzi per la propaganda islamica nella nostra lingua. Nel 2001, durante la Primavera Nera che ha visto l’uccisione di 128 giovani Kabyli, nessuna voce al di fuori della nostra regione si è sollevata per condannare i massacri, mentre ci sono state diverse marce per supportare i diritti dei palestinesi in diverse città algerine.
A quel punto abbiamo capito che non ci trovavamo di fronte a un semplice problema linguistico e di disuguaglianza culturale; si trattava invece soprattutto d’una questione politica che pertanto richiedeva una soluzione politica. La Kabylia ha bisogno di preservare e promuovere la propria lingua, valori e cultura, e questo obbiettivo può essere raggiunto soltanto attraverso uno Stato autonomo.
Siamo un movimento pacifista e vogliamo preservare l’integrità territoriale dell’Algeria, nel contempo miriamo a stabilire uno status di larga autonomia politica dal governo centrale, i cui termini naturalmente dovranno essere negoziati con gli algerini stessi. Esortiamo comunque il governo centrale a non fare mai più ricorso alla violenza, dato che questo comprometterebbe seriamente il nostro atteggiamento benevolo.