L’altra verità su Montanelli

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L’altra verità su Montanelli

L’altra verità su Montanelli

23 Settembre 2007

La pubblicazione di un saggio di
Renata Broggini su Indro Montanelli (Passaggio in Svizzera. L’anno
nascosto di Indro Montanelli, Feltrinelli) sul periodo elvetico del maledetto
toscano offre un’immagine diversa da quella corrente del grande giornalista. Il
libro, fornito di pezze d’appoggio archivistiche, è stato lanciato dall’Espresso
ed è stato discusso da Mario Cervi e da Luigi Mascheroni con toni diversi.
Cervi è stato amico di Montanelli, ha lavorato con lui e ha reagito amareggiato
al saggio di Broggini, anche se come spiega Goethe a Hemingway in un divertente
dialogo immaginario, questa è l’immortalità. Hemingway è arrabbiato perché gli
storici frugano nella sua vita,  dicono
che trattava male le donne, e il vecchio Goethe gli consiglia di prenderla con
filosofia.

Il libro di Broggini rivela che Montanelli non
sarebbe stato condannato a morte dai fascisti della Rsi nel ’44, non sarebbe
evaso da San Vittore ma fatto fuggire, avrebbe lasciato la moglie Maggie in
ostaggio ai tedeschi, avrebbe detto bugie in Svizzera per accreditarsi presso
gli antifascisti, non avrebbe assistito il 29 aprile all’esibizione di piazzale
Loreto perché sarebbe rientrato a Milano il 27 o il 28 aprile. Insomma, avrebbe
detto bugie, avrebbe ritoccato la storia a cui partecipava, avrebbe commesso
imprudenze, come conclude Mascheroni.  I
documenti d’archivio sono importanti, ma anche le interpretazioni, e forse
bisognerebbe cominciare a premettere nel titolo che si tratta di “a history” o
di “a biography”, come fanno  gli storici
americani   Quell’articolo è ipocrita, ma
è un omaggio alla virtù non meno dell’ostentazione della moralità.

Montanelli
era un giornalista e uno storico, e descrivere piazzale Loreto come se vi avesse
assistito, non è esattamente una bugia, ma un artificio del mestiere per
rendere più efficace il racconto. Succede che un corrispondente scriva o faccia
capire di avere assistito a quello che gli hanno raccontato fonti di cui si
fida. Non si comporta diversamente uno storico quando trova un documento
d’archivio, anche della questura, e non si chiede se il protagonista della sua
ricerca avesse corrotto il poliziotto per fargli scrivere proprio quella data.
Lo storico si fida, anche se ritiene il suo protagonista ambiguo, un
doppiogiochista incallito. Lo storico
crede o desidera credere alla sua fonte, non diversamente dal
giornalista. La certezza della fonte è possibile solo dall’analisi di altre
fonti e poiché piazzale Loreto è un evento pubblico, pubblicizzato e
documentato è difficile metterlo in dubbio, come i comportamenti della folla,
fotografati e filmati. Non era quindi necessario assistervi per descriverlo e
poiché è stato a lungo un argomento tabù, darne una descrizione più complessa
di quella ufficiale per un doppiogiochista incallito comportava una notevole
assunzione di responsabilità. D’altronde, i migliori storici inglesi furono al
servizio dell’intelligence britannica durante la seconda guerra mondiale e a
nessun storico inglese è mai venuto in mente di dubitare se Hugh Trevor Roper
allora al servizio dell’intelligence nella sezione guidata da Kim Philby,
facesse il doppio gioco. Fu  Hugh Trevor
Roper nel ’45  a essere incaricato  dal 
governo britannico di descrivere gli ultimi dieci giorni della vita di
Hitler per confutare le pretese sovietiche che Hitler fosse ancora vivo e
nessuno si è finora posto il problema se Hugh Trevor Roper fosse nel bunker con
Hitler e lo abbia visto suicidarsi.

Anche le rivelazioni su Ignazio
Silone informatore della polizia fascista hanno provocato grandi discussioni
tra chi le ritiene infamanti e chi sostiene la consistenza delle prove, ma al
centro delle polemiche non è stata la valutazione  del peso e degli effetti delle rivelazioni di
Silone, perché il problema è il tabù di un antifascista in rapporto con un
funzionario della polizia durante il fascismo. Nessuno si è chiesto la
differenza tra rivelare segreti militari e denunciare il collega o l’amico
rivale, piuttosto comune anche tra gli scrittori impegnati, perché il problema
è la bandiera immacolata. Silone come Montanelli, poi, sono grandi giornalisti
e scrittori, ma non protagonisti di primo piano della storia, né hanno avuto in
mano i destini del mondo. Per questo, assistendo alle polemiche sulle loro
biografie, si prova  invidia di fronte al
fair play con cui gli inglesi trattano i Mountbatten che hanno avuto davvero in
mano una parte importante del mondo. Louis Mountbatten fu l’ultimo viceré e il
primo governatore generale dell’India indipendente, fu ucciso nel ’79 dall’Ira
e con sua moglie Edwina Ashley  ebbe un
ruolo importante nella storia dell’India. Mountbatten tentò senza successo di
evitare la separazione dei musulmani dall’India e la creazione del Pakistan.
Tentò di fare comprendere ai musulmani l’importanza di un’India unita e oggi ci
rendiamo conto quanto avesse ragione. I Mountbatten ebbero un matrimonio con
alti e bassi,  ebbero figli, ma anche
avventure e amori. Edwina ebbe una lunga amicizia con Nehru e quando morì nel
1960, a 58 anni, fu sepolta dal marito nel mare a Portsmouth e Nehru inviò due
cacciatorpedinieri indiani per il funerale. I Mountbatten sono considerati con
rispetto, anche se suscitano pettegolezzi e non erano cristallini.

E’ chiaro
che da noi è in corso uno scontro politico sulla storia. Negli ultimi decenni
abbiamo saputo che gran parte degli intellettuali antifascisti era stata
sovvenzionata dai fascisti o aveva fatto ricorso al fascismo per fare carriera,
dichiarandosi fascisti, oppure erano stati fascisti fino al 25 luglio, esibendo
poi immacolate biografie antifasciste, mentre al massimo avevano fatto la
fronda. Si sa che in ogni sistema politico gli intellettuali e gli scienziati
hanno bisogno del potere politico e viceversa, ma non si riesce ad ammettere di
non essere candidi. Non vale neppure l’obiezione che gli intellettuali e gli
scienziati non sono imparziali e solo il Padreterno si diverte ad assistere
imparziale al grande spettacolo del mondo, perché anche l’argomento che se
tutti fossero perfetti e il mondo fosse regolare come un orologio, non ci
sarebbe storia, ha prodotto grandi battaglie. 
Per il momento, rimane quindi solo la possibilità di immaginarci cosa
direbbe Goethe a Montanelli e Silone nell’al di là.