L’ambasciatore russo ucciso in Turchia e la strage al mercatino natalizio di Berlino
20 Dicembre 2016
C’è un elemento che sembra unire i due fatti di sangue accaduti ieri: l’omicidio in diretta dell’ambasciatore russo ad Ankara e la strage provocata dal tir a Berlino in un mercatino natalizio. L’elemento in comune è la jihad islamica, nelle sue svariate sigle e denominazioni. L’ambasciatore russo ucciso durante un vernissage nella capitale turca sarebbe stato ammazzato da un agente dei squadre speciali turche che, dopo aver fatto fuori la feluca, ha inneggiato alla battaglia di Aleppo in una rivendicazione che gli esperti collegano ad Al Nusra, diramazione di Al Qaeda, sotto torchio in Siria grazie alla azione congiunta del regime di Damasco protetto da Putin.
Anche l’attacco al mercatino di Natale di Berlino con il tir, simile a quello sul lungomare di Nizza, sembra avere una matrice jihadista, che le autorità tedesche non hanno ancora confermato, anche se diversi giornali parlano della grande gioia esplosa nelle chat dello Stato Islamico, Isis, dopo l’eccidio nella città tedesca. Nove i morti, cinquanta feriti. Colpisce la vicinanza temporale dei due eventi, accaduti nel giro di poche ore, l’omicidio dell’ambasciatore prima e subito dopo l’attentato a Berlino. L’uccisione dell’ambasciatore arriva in un momento in cui la Turchia di Erdogan cerca di riavvicinarsi alla Russia proprio sul tema del contrasto all’islamismo dilagante in Medio Oriente. Si tratta quindi di un colpo sferrato alle altalenanti relazioni tra i due Paesi.
Nello stesso tempo qualcuno, in Germania (Paese che con la Turchia divide qualche milione di immigrati, molti dei quali elettori di Erdogan residenti nelle città tedesche, e che hanno manifestato in piazza per il presidente turco dopo il fallito golpe di agosto), semina morte con il camion lanciato a grande velocità sui civili nel mercatino natalizio. La Germania, nelle ultime settimane, è stata molto dura con Mosca, per il ruolo svolto dai russi ad Aleppo ma anche sulla questione Ucraina. L’attacco di ieri è destinato ad avere un peso politico: potrebbe essere una ulteriore spallata alla già indebolita Frau Merkel, che rischia di perdere le prossime elezioni.
Insomma, siamo davanti a due fatti probabilmente accomunati dal fanatismo islamico, che si scaglia, come sempre, contro i simboli dell’Occidente e contro i rappresentanti dello stato russo – Mosca è in prima linea nella guerra al terrore jihadista. Ma sappiamo di trovarci anche nel bel mezzo di una guerra più complessa, che coinvolge anche i Paesi europei, Paesi che, al loro interno, hanno sempre più immigrati islamici, turchi in particolare per la Germania. Paesi invischiati a diversi livelli nel caos mediorientale. Paesi da dove sono partiti i jihadisti per combattere in Siria e dove sono tornati i foreign fighter per seminare morte in Europa.
Stanno forse venendo al pettine anni di politiche occidentali sconsiderate? E se, come sembra, c’è una dimensione che è quella del terrorismo, a questa dimensione se ne potrebbe sovrapporre un’altra, un secondo livello, più segreto e occulto, che attiene alla guerra mondiale islamica, che coinvolge gli stati del Medio Oriente e del mondo arabo ma anche l’America e l’Europa? Chi ha spedito l’agente turco ad uccidere l’ambasciatore? Cos’è, esattamente, Al Nusra? E quando sapremo qualcosa di più preciso sull’autista del Tir? Se non si tratta del rifugiato pakistano arrestato dalla polizia tedesca, di chi stiamo parlando?