L’ambientalismo corretto colpisce pure Babbo Natale

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L’ambientalismo corretto colpisce pure Babbo Natale

L’ambientalismo corretto colpisce pure Babbo Natale

29 Novembre 2007

Nuove frontiere per il politically correct: siamo
approdati all’eco-colpa. E come accade in questi ultimi anni nel Regno Unito,
il periodo natalizio e le sue tradizioni rappresentano un’ottima occasione di
intervento per i terroristi del pensiero e i difensori della parità di
trattamento a tutti i costi.  Vale la
pena ricordare la geniale invenzione dell’anonima parola “Winterval” per
ribattezzare il Natale, la censura per i canti natalizi, le raccomandazioni
variopinte al limite dell’idiozia per tutelare la salute e la sicurezza delle
minoranze, minacciate dall’esposizione di decorazioni natalizie o dai dolci
delle festività.

Ma il politicamente corretto evolve e si
arricchisce di continuo, integrando nella protezione di tutte le presunte parti
deboli anche quella dell’ambiente minacciato dal consumismo che, si sa, a
Natale è al suo apice.

Accade in una scuola elementare di Pontypridd,
Galles meridionale, riporta il quotidiano IcWales.
Un dirigente scolastico decide di mettere al bando i bigliettini natalizi, con
un campionario di motivazioni straordinarie: prima delle quali, quella che
rimanda ai fondamenti morali e ambientali dell’operazione. I biglietti natalizi
(da ricordare in che quantità e con quale serietà utilizzati in Inghilterra,
dove sono tradizione radicata da oltre centosessanta anni) si trasformano in
carichi di spazzatura, danneggiano l’ambiente e inoltre sono oggetto di gare di
popolarità fra gli studenti.  Così d’ora
in avanti i ragazzi possono decidere di continuare a scambiarseli, ma fuori
dalla scuola, oppure giudiziosamente chiedere ai genitori di non comprarne, e
di versare piuttosto una sterlina alla ONG Oxfam per una colletta finalizzata
all’acquisto di una capra o una zanzariera per una famiglia africana. E per
contribuire, messaggio trasmesso esplicitamente e minacciosamente, a far
vincere alla scuola un premio nazionale per l’istituto più ambientalista.

Così a quei bambini – cui a scuola già viene
propinato il dubbio documentario di Al Gore, che interrogati sulle loro
maggiori paure iniziano ad indicare sempre più frequentemente quella di
rendersi colpevoli di malefatte al pianeta, tanto sono stati indottrinati sui
cataclismi prossimi venturi – adesso viene sottratto pure il piacere semplice
di scambiarsi un innocuo gesto di amicizia una volta l’anno, con ogni
probabilità su carta comunque riciclata. 
Il loro affettuoso momento di umanità viene dirottato sulla gelida
vittoria del prestigioso trofeo verde.  Gli
ambientalisticamente corretti hanno vinto, profondamente radicati come sono
ormai in tutte le istituzioni.

A garantire un barlume di speranza restano le
veementi reazioni di protesta che per fortuna sono partite, nel Galles come
nell’intero Regno Unito, non appena si è diffusa notizia della geniale
iniziativa dell’ambizioso preside verde. Ma il pensiero diffuso dagli
ecocorretti non è per questo meno preciso e articolato: i consumi sono
negativi, i piaceri giudicati superflui vanno repressi, il denaro non va speso
e dev’essere girato ai paesi bisognosi – con la doppia missione di impoverire
la nostra tradizione delle feste e di imporsi paternalisticamente sugli
africani, confinati e sostenuti in un’economia rurale di capre e capanne.
Soprattutto, nel trionfo assoluto dell’eco-colpa, hanno decretato che
l’ambiente pone limiti allo sviluppo umano, nel mondo già florido e in quello
da far crescere. E non ci soffermiamo qui sulla perniciosissima presunzione
pedagogica di chi vuole erigersi a difensore da ogni possibile attentato alla
presunta uguaglianza dei bambini, che non possono essere più o meno vincenti e
popolari – come inevitabilmente saranno, e come è giusto che si abituino a
essere –, ma devono essere protetti da qualsivoglia danno alla loro fragile
autostima.

Bambini che, una volta adulti, potranno
%0Atrasformarsi nelle prede ormai passive di chi utilizzerà il loro senso di colpa
ambientale in maniera anche spregiudicata per il bene della terra. Proprio come
da poco ha annunciato di voler fare la compagnia aerea Virgin Atlantic: per chi
volerà sulle sue tratte, il carrello del duty free a bordo venderà non più
soltanto profumi e sigarette, ma anche buoni per compensare l’emissione di
anidride carbonica causata dal volo, da versare alla ONG svizzera Myclimate (che promuove la costruzione di impianti energetici
eco-compatibili nei paesi in via di sviluppo). Il bello è che dalla Virgin dichiarano: ”Se la persona seduta accanto a te sceglie di
acquistare il coupon, tu potresti sentirti in dovere di fare lo stesso. E alla
fine – quasi per effetto domino – metà aeroplano potrebbe aderire allo
schema”. Ah sì? Siamo chiaramente diventati colpevoli da redimere. E senza
nemmeno poter dribblare l’imposizione politicamente corretta, così come almeno
possiamo fare col ragazzo insistente che, penna alla mano, dal banchetto ci
intima di firmare “contro la droga” o “per i malati di Aids”.  Saremo inchiodati al sedile, e gli occhi del
vicino che ha appena versato la sua quota e della hostess sorridente resteranno
in attesa della nostra mossa, “Per lei del superfluo profumo J’Adore, una
letale stecca di Camel, o il responsabile versamento per il bene del pianeta?”.
Neanche più in volo, per un attimo in fuga dalle responsabilità e sospesi da
tutto, potremo difenderci dal senso di colpa. Ma avremo trovato l’indulgenza
nel pagamento che, a mite prezzo, redimerà il nostro peccato.