L’America chiama in soccorso Fiat e Chrysler trova la salvezza

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L’America chiama in soccorso Fiat e Chrysler trova la salvezza

31 Marzo 2009

Dopo nemmeno 24 ore dall’ultimatum della Casa Bianca, Chrysler trova la salvezza. Il gruppo di Detroit trova in Fiat il partner per il futuro e pone le basi per il piano di aiuti economici promesso da Obama. Per il Lingotto si aprono le porte per un ruolo da protagonista nello scenario automotive globale.

«Recentemente Chrysler ha cercato e trovato un potenziale partner, la compagnia automobilistica internazionale Fiat, dove l’attuale management è riuscito ad imprimere una svolta impressionante» ha affermato il presidente Usa, confermando che il sostegno, in caso di alleanze, sarebbe stato di 6 miliardi di dollari. Il Governo, dopo la decisione di esautorare dalle proprie mansioni il numero uno di General Motors, Richard Wagoner, aveva posto un ultimatum a Detroit. 60 giorni per GM per risollevare la propria gestione, 30 giorni per Chrysler per trovar un alleato. Se per la prima l’epilogo sembra essere quello dell’amministrazione controllata, per la seconda si è accelerato col Lingotto.

Dopo la lettera di intenti non vincolante dello scorso 20 gennaio fra Fiat, Chrysler ed il suo fondo azionista di maggioranza, Cerberus Capital Management, si è conclusa l’alleanza strategica posta in essere. Ecco quindi che Fiat diventa titolare del 35% del capitale del gruppo di Robert Nardelli, con un’opzione per raggiungere il 55%. Ma a rendere più ghiotto l’accordo è tutta la commistione fra settori di mercato delle due case, oltre che la condivisione di piattaforme motoristiche e reti commerciali. Tutto questo senza uscite di cassa per Torino.

Largo, quindi, ad un gruppo automobilistico capace di spaziare dalle citycar alle berline di alta gamma, passando per i suv e le supersportive. Il processo che ha portato agli accordi è stato figlio del downsizing che ha colpito gli Stati Uniti. La ricerca costante di minori costi di gestione, minor impatto ambientale e maggior tecnologia ha portato il mercato statunitense a ricercare in Europa quanto potesse soddisfare questa domanda. In tal senso, Fiat è l’anello mancante.

Non si deve dimenticare, però, che Chrysler si trova in una condizione finanziaria che lascia poco spazio di manovra. Dopo l’apertura di una linea di credito con l’amministrazione Bush nello scorso dicembre, per complessivi 4 miliardi di dollari, erano state richieste garanzie sul futuro aziendale. Ma il calo della domanda è stato troppo brusco e potente per poter essere fronteggiato solo con le armi dei tagli all’organico. Infatti, proprio il nodo occupazionale è stato al centro delle preoccupazioni di Nardelli. Il CEO della casa di Detroit ha ribadito che l’accordo con Fiat «rafforza la capacità della Chrysler di creare e preservare posti di lavoro negli Usa, per un totale di 5000 unità».

Se a Detroit respirano, a Torino festeggiano. La condivisione di piattaforme e linee produttive permetterà a Fiat di aggredire il mercato con prodotti su cui attualmente è scoperta. Un esempio è il caso dei suv. Il marchio Jeep, di proprietà Chrysler come il brand Dodge, colmerà le lacune in queste nicchie di mercato che sembrano non perdere troppe quote. Ed anche la tecnologia MultiAir, un nuovo motore con un solo albero di distribuzione ed una razionalizzazione della gestione delle valvole, sarà uno degli elementi di forza del Centro Ricerche del Lingotto. Proprio il desiderio americano di automobili ecologiche ed economiche sarà soddisfatto dal piccolo propulsore. MultiAir che verrà montato anche sulle vetture Alfa Romeo, un marchio che grazie alle reti commerciali di Chrysler, attende impaziente il rientro negli States. Dopo aver vinto numerosi premi internazionali con la sua 8C Competizione, il gruppo del Biscione aggredirà il mercato con 159, MiTo e la futura erede della 147.

Obama in due giorni ha fatto molto ma dargli tutti i meriti è troppo, anche perché le basi degli ultimatum erano state poste proprio dal suo predecessore. GM e Chrysler sono state condotte in modo sregolato per troppi anni, un freno alle perdite doveva essere messo necessariamente. Dopo i quasi 20 miliardi complessivi elargiti lo scorso 20 dicembre era stato ribadito che dovevano esserci dei risultati entro marzo. Siamo arrivati a marzo, i risultati non ci sono stati, il cambiamento c’è stato.