L’America di Carver, un Paese che ha sempre avuto la testa sulle spalle
31 Dicembre 2010
I bei libri, di solito, te li regalano i buoni amici. E il cumpà, bisogna dirlo, è uno di questi. Nel nostro Natale in streaming, ho colpevolmente aspettato quelle due ore buone prima di scartare il suo pacco natalizio, avendo intuito che di un libro si trattava, e che quindi tanto valeva rivedersi un’altra volta Dawn of the Dead, l’inizio, con quella genialata di trasformare gli zombie ormai imbolsiti in scattanti centometristi con la bava alla bocca. Per i libri c’è sempre tempo.
Poi ho aperto il regalo, Carver Country. Il mondo di Raymond Carver, pubblicato quest’anno da Contrasto Books e uscito nel 1990 per i tipi di Scribner negli Stati Uniti, a ridosso della morte dello scrittore, scomparso cinquantenne. Non poteva sapere, il mio amico, che quella sera, appena entrato in casa sua, avevo intravisto sul mobile nero del soggiorno una copia dei Demoni. Così mi è tornato in mente che Carver e sua moglie, la poetessa Tess Gallagher, negli anni Ottanta scrissero qualcosa del genere, un omaggio a Dostoevsky sottoforma di sceneggiatura.
Sono questi "segni" di cui non riesco mai a spiegare completamente il senso, ogni volta, a persuadermi che ci sono momenti in cui scatta una sorta di telepatia fra gli esseri umani e le cose di dispongono da sole come vogliono, noi abbiamo solo il compito di andargli incontro ed afferrarle. Carver non è il mio scrittore americano preferito, sia chiaro, ho letto molto di più e meglio autori come Don DeLillo o Cormac McCharthy, ma lui più di loro ha influenzato il definitivo ingresso nell’età adulta, oltre a segnare un momento importante del mio percorso professionale.
Arrivavo a Roma dal Sud prima dell’11 Settembre e mi ritrovavo a svolazzare nell’amato mondo dell’editoria, in pieno trip da “ritorno al racconto” (si avverava la profezia di Pier Vittorio Tondelli), nell’epoca in cui piccoli ma determinanti editori aggiornavano il pantheon della letteratura a stelle e strisce in Italia pubblicando capolavori della scrittura breve come Cattedrale. Marco Cassini di Minimum Fax era letteralmente impazzito per questo racconto, forse il più celebre di Carver, e con la sapienza di Riccardo Duranti – docente universitario di letteratura inglese, che avrei avuto modo di conoscere una sera a cena – si stava impegnando a tradurre l’opera carveriana con cura direi quasi scientifica, trasformandola al tempo stesso nel "marchio" della sua casa editrice.
Qualche anno dopo, nel 2002, altri due grandi amici miei decisero di raccontare com’era nata l’idea di Cattedrale. Anche grazie all’aiuto di Duranti, conobbero di persona Tess Gallagher, scoprendo che in realtà di Cattedrali ce n’erano due: quella “disegnata” da Carver con il tizio cieco nel racconto che tutti conosciamo, e un’altra versione, la stessa storia narrata dal punto di vista di Tess, intitolata La pioggia ti spegne il fuoco dell’accampamento.
Ora che sfoglio “Carver Country”, guardando le foto di Bob Adelman che racchiudono in potenti bianco e nero la terra dello scrittore americano, devo riconoscere quanto Carver sia stato importante per me. Senza di lui non continuerei a sognare, e sottolineo sognare, l’America, quel Paese pieno di operai e bariste, un po’ dimesso ma in fondo sobrio e con la testa sulle spalle, che anche quando viene assalito dalla disperazione più nera non rinuncia mai alla generosità e al coraggio. Il mio regalo di Natale è stato quindi un viaggio nella parte più popolare (e vitale) degli Usa; per l’Italia potrei citare Gianni Celati che segue il Po verso la foce, incontrando personaggi “spostati” e ai limiti della civile convivenza, ma pieni di affetto e naturalezza. Gli stessi eroi della provincia infinita di Raymond Carver.