L’America ha poco tempo per ribellarsi al “grande tassatore” Obama
15 Luglio 2010
Martedì pomeriggio il Columbia Institute ha ospitato a Milano una conferenza di Howard Segermark, vecchia lenza dei palazzi del potere di Washington, una vita ben spesa a manovrare di cesello dentro il Partito Repubblicano. L’argomento? Inevitabilmente lo scontro in atto oggi negli Stati Uniti fra l’Obanomics e la rivolta popolare dei "Tea Party", il tutto traguardato sulle elezioni di medio termine del 2 novembre prossimo, rispetto alle quali cui l’ospite statunitense è certamente in pole position nel parterre degli osservatori di rango.
Visiting Fellow in Monetary Economics alla prestigiosissima Heritage Foundation di Washington, Segermark è appena stato eletto nel consiglio di amministrazione della Philadelphia Society, l’organizzazione-ombrello che periodicamente riunisce a convegno il gotha del mondo conservatore statunitense (più qualche ospite straniero di lustro) sin dal 1964, all’indomani della "sconfitta vittoriosa" subita nelle presidenziali di quell’anno dal front-runner Repubblicano Barry M. Goldwater (1909-1988) proprio nell’intento di "non perdere di vista" quel variegato e sapido mondo goldwateriano che nei decenni a venire avrebbe dato enorme prova di sé giungendo fino ai vertici politici e istituzionali del Paese.
Originario di Chicago, oggi Segermark fa il consulente nel campo delle relazioni istituzionali, ma è stato vicepresidente della consulting firm del noto economista di scuola supply-side Arthur B. Laffer e per lunghi anni ha lavorato nello staff del senatore Jesse Alexander Helms jr. (1921-2008) del North Carolina, un campione del conservatorismo dentro il Partito Repubblicano.
Di passioni serie Segermark ne ha del resto molte. Già chairman del Death Tax Repeal Working Group (una coalizione di organizzazioni attive negli Stati Uniti per l’abolizione delle tasse di successione sulle proprietà immobiliari), è Segretario della Sacred Music Foundation, membro anziano del consiglio di amministrazione dell’American Motorcyclists Political Action Committee ed ex chairman della National Civic Art Society, gruppo che promuove il ritorno a forme architettoniche classiche e tradizionali. L’altro pomeriggio, a Milano, abbiamo percorso a piedi Via Vitruvio e Howard mi ha tenuto una dotta e simpatica concione sulla voluta vitruviana, poi proseguita con tanto di disegnino al tavolo di un sopraffino ristorante napoletano dove il suo amico di una vita e testimone di nozze James W. Dale, di Marco Island, Florida, a qualche bracciata di nuoto dalle Everglades, businessman in pensione, gran pescatore e cacciatore di alligatori, ha gustato la sua prima vera pizza annaffiata da quel buon Cabernet Sauvignon 2006 imbottigliato dalla Duckhorn Vineyards nella californiana Napa Valley che appositamente si era portato d’Oltreoceano. Del resto conservatorismo e buon vino vanno da sempre d’accordissimo, dal Roger Scruton del gran libro I Drink Therefore I Am (Coninuum, Londra 2009) a quell’Angelo Codevilla di origini pavesi, comune amico, che negli Stati Uniti ha fatto fortuna progettando le famose “Star Wars” di Ronald W. Reagan (1911-2004) e che a Plymouth in California produce buon rosso sovente aiutato nella raccolta proprio da Howard Segermark.
Ebbene, Segermark non ha dubbi. In novembre non solo i Repubblicani conquisteranno il Congresso, ma alla Camera otterranno una maggioranza così elevata da impedire ogni ostruzionismo legislativo che i Democratici dovesse provare a escogitare. Il che cambierebbe poco a livello internazionale (la politica estera, in specie la condotta delle guerre, è prerogativa soprattutto del presidente federale), ma muterebbe assai a livello domestico. La gente, dice infatti il raffinato analista politico, "è stufa marcia delle non-soluzioni economiche di Obama, delle sue gaffe e delle sue palesi incapacità, e non è affatto disposta a continuare a pagarne il prezzo. Ma soprattutto ha capito di non avere più tempo". Pare infatti che ben prima della fine del mondo fissata dai maya (o, meglio, dai loro lettori svalvolati) per il solstizio d’inverno del 2012, un’altra sciagura si abbatterà sugli Stati Uniti. Accadrà, dice Segermark, il 1° gennaio dell’anno venturo, insomma fra pochissimi mesi, all’inizio del decimo anniversario del fatidico Undici Settembre.
"Ricordate il famoso, storico taglio delle tasse operato da Reagan nel 1981? Non fermò affatto la recessione economica per contrastare la quale venne ideato, almeno non fino a quando entrò fisicamente in vigore, ovvero il 1° gennaio 1983. Ovvio. Ebbene, nel 2001 George W. Bush jr. ha ridotto le imposte degli americani con un provvedimento che, per molti versi, fu varato in quello stesso anno e così poté produrre effetti immediati. Ma quella riduzione fiscale era pro tempore. Scadrà all’inizio dell’anno prossimo. Ora, Obama e i suoi sostengono che la fine del "sollievo fiscale" non genererà l’effetto contrario a quello prodotto dalla sua introduzione: ovvero che il ritorno del "prelievo fiscale" non azzopperà l’attività economica. Ma è vero esattamente il contrario. Come appena predetto da Laffer, gli Stati Uniti patiranno un grande declino economico. Perfetto, non ci mancava altro… È per questo che gli americani cercano di correre ai ripari prima possibile, domandando a gran voce la riduzione delle imposte. Solo così si può evitare la paralisi". Ma l’Amministrazione non ascolta. "Be’ i ‘Tea Party’ la costringeranno. È incredibile vedere il successo che stanno già avendo i candidati politici da loro appoggiati anche contro Repubblicani da establishment giudicati troppo ‘freddi’…".
Ma una volta vinte le elezioni di novembre i "Tea Party" si scioglieranno, appagati dal successo, finendo per offrire il fianco agli avversari? "Impossibile prevedere il futuro. Ma nella misura in cui i ‘Tea party’ sono il buon senso della gente vivo in decine e decine di organizzazioni, sigle e mondi autonomi e liberi credo che di essi si sentirà parlare ancora e a lungo. Fortunatamente".