L’America non si illuda: l’Iran non si fermerà sulla strada dell’atomica

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L’America non si illuda: l’Iran non si fermerà sulla strada dell’atomica

Gli Americani si stanno facendo prendere in giro dall’Iran – e si stanno anche prendendo in giro da soli.
E’ innegabile che l’Iran stia cercando di dotarsi della capacità di produrre armi nucleari.
Parimenti non v’è prova del fatto che i politici in Iran siano interessati a sospendere il programma nucleare in cambio della rimozione delle sanzioni o di altro. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha riportato Venerdì che non sono stati fatti progressi nelle negoziazioni con l’Iran, il quale continua ad accelerare le operazioni di arricchimento dell’uranio in aperta violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e degli accordi con la IAEA.

Tuttavia, il confronto politico negli Stati Uniti è ancora confuso. L’ex-ambasciatore Dennis Ross scrive che gli iraniani sono pronti per un altro round di negoziazioni. Fonti anonime fanno riferimento ad una delle più pericolose strutture nucleari iraniane, Fordow, appena fuori dalla città di Qom, come a un “impianto Potemkin”. I media paragonano apertamente la situazione iraniana a quella dell’Iraq nel 2003, quando i timori che l’Iraq stesse perseguendo un programma nucleare segreto portarono alla guerra.

Il problema è che nel dibattito in corso si stanno fondendo valutazioni di intelligence e argomentazioni di natura politica. La prospettiva di una guerra contro l’Iran è talmente poco gradita all’opinione pubblica, che pare che le persone cerchino disperatamente di convincersi che ciò non sia un problema serio.

Gli ispettori dell’IAEA presenti negli impianti nucleari Venerdì hanno riportato quanto segue:
la scorta di centrifughe iraniane per l’arricchimento degli isotopi di uranio è in costante espansione, tanto quanto le riserve di uranio arricchito a 3,5% e 20% – decisivi nella lavorazione dell’uranio utilizzato per gli armamenti. L’Iran ha installato, e già utilizza, centrifughe tecnologicamente avanzate nella fabbrica d’arricchimento dei combustibili di Natanz Pilot. Gli iraniani hanno costruito un impianto sotterraneo di arricchimento sotto una piccola montagna a Fordow, circondandolo di sistemi di difesa aerea e trasferendo al suo interno nuove centrifughe già attive.

L’Iran sta sviluppando delle tecniche e delle tecnologie necessarie a trasformare uranio destinato ad armamenti (che gli iraniani non stanno ancora producendo) in una bomba atomica. Secondo la IAEA, gli Iraniani “hanno accantonato le preoccupazioni dell’Agenzia [riguardanti la corsa agli armamenti]… in quanto l’Iran considera tali sospetti basati su presupposti infondati”. Gli iraniani hanno negato l’accesso agli ispettori per quanto concerne i siti potenzialmente in grado di produrre armamenti.

Il prezzo di tale rifiuto, comprensivo delle sanzioni applicate dalle Nazioni Unite e da altre entità internazionali, ha distrutto l’economia iraniana. La disoccupazione e il malcontento popolare verso il regime sono a livelli molto alti. Sanzioni senza precedenti, imposte dall’amministrazione Obama, stanno allontanando i compratori dal petrolio iraniano.

Quale proposito pacifico può far accettare un tale danno pur di proseguire le ricerche su un programma nucleare civile dichiarato illegale? La comunità internazionale ha offerto più volte all’Iran uranio arricchito da utilizzare nei reattori per la produzione di elettricità e per fini medici – e l’Iran
ha rifiutato. Questo comportamento ha senso solo se la leadership iraniana è determinata a dotarsi di un programma nucleare per la produzione di armi nucleari.

La pressione sull’economia iraniana e le tensioni nella politica interna hanno convinto alcuni osservatori che i leader iraniani siano favorevoli ad abbandonare il programma nucleare in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni. Può essere vero, ma non c’è alcuna prova a sostegno di questa teoria. Nessun leader iraniano si è detto d’accordo con le direttive dell’IAEA o ha proposto l’abbandono del programma.

Gli osservatori occidentali confondono il disaccordo interno degli iraniani sulla gestione delle difficoltà economiche con il disaccordo sulla politica internazionale. La crescente pressione proveniente dall’estero quest’anno potrebbe effettivamente dividere i leader iraniani su questa decisione, ma nulla fa pensare che ciò stia accadendo.

L’Iran pare pronto a una possibile guerra contro l’Occidente. L’esercito iraniano ha minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz, attaccando le navi americane che dovessero attraversarlo, al fine di anticipare quelli che vengono percepiti come i preparativi di un attacco contro l’Iran. Il supremo capo, l’ayatollah Ali Khamenei e altre figure politiche di spicco hanno assecondato queste minacce, e nessun leader iraniano le ha rinnegate.

Senza contate che negli Stati Uniti i tamburi di guerra per un intervento contro l’Iran ancora devono iniziare a suonare. Stessa cosa dicasi per le minacce provenienti da Israele, le quali sono ancora oggi piuttosto velate e confuse. Di fatto in questa crisi la bellicosità proviene quasi del tutto da Teheran. Per quale ragione uno Stato che lavora a un programma nucleare che si vuole pacifico, s’impegna così tanto ad aumentare il rischio dello scoppio di una guerra?

Si dice che i leader iraniani agiscano in maniera irrazionale. Ma le loro dichiarazioni pubbliche e le azioni su questo particolare versante – nelle quali si alternano atteggiamenti belligeranti e proposte di negoziati – hanno perfettamente senso se intese a coprire l’acquisizione di una capacità bellica nucleare.

Gli iraniani stanno spingendo per ottenere nel modo più veloce possibile gli elementi necessari a produrre una bomba nucleare, e contemporaneamente stanno completando i passi chiave di un programma di armamenti nucleari segreto. Allo stesso tempo, hanno tentato di trascinare gli ispettori della IAEA in lunghi negoziati al fine di guadagnare il tempo utile per raggiungere quella che gli israeliani chiamano “zona di immunità”, oltre la quale Israele non disporrà più di un’opzione militare percorribile.

Si dica quel che si vuole ma la verità è che l’Iran si sta muovendo verso un punto di non ritorno oltre il quale la comunità internazionale non potrà più impedirgli l’acquisizione di armi nucleari, a meno di ricorrere ad un massiccio attacco militare da parte degli Stati Uniti. 

Non è un invito ad attaccare militarmente il programma nucleare dell’Iran. Ci si può convincere che permettere all’Iran di produrre armi nucleari sia preferibile alle conseguenze di un conflitto, oppure ci si può convincere del contrario, in ossequio a quel che sostiene il Presidente Obama, che la prospettiva di un Iran nucleare sia inaccettabile (affermazione che implica la disponibilità ad utilizzare la forza militare per impedirla). Ma il dibattito deve basarsi su dati inconfutabili,  non alterati dall’una o dall’altra opzione politica. 

Coloro che si oppongono a ogni costo all’intervento militare contro l’Iran devono dirlo e accettare le conseguenze derivanti da tale affermazione. Coloro che sostengono l’azione militare devono allo stesso tempo accettare e prendere in considerazione le conseguenze – un conflitto regionale, potenzialmente globale, e tutti i pericoli annessi allo scoppio di una guerra. Ma mentire a sé stessi e far finta che il problema non esista non servirà né gli interessi americani, né quelli israeliani, né tantomeno quelli Occidentali .

Frederick W. Kagan è il direttore ‘ Critical Threats Project’ all’ American Enterprise Institute. Maseh Zarif dirige le ricerche al ‘Critical Threats Project’ e ne guida il team per quel che riguarda l’Iran.

Tratto dal Wall Street Journal

Traduzione di Matteo Lapenna