L’America resta il fronte più caldo nella battaglia per difendere la Chiesa

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L’America resta il fronte più caldo nella battaglia per difendere la Chiesa

19 Aprile 2010

La Radio Vaticana cita un rapporto del governo Usa del 2008 secondo cui i sacerdoti cattolici statunitensi coinvolti in casi di abuso sono meno dello 0,03 per cento. E tuttavia dal caso "John Doe versus Holy See" (la Corte Suprema deve decidere sulla richiesta del tribunale federale dell’Oregon di trascinare in giudizio per danni il Vaticano) ai numeri forniti dalla Snap e le altre organizzazioni sorte in difesa delle vittime, si capisce che il fronte americano dello scandalo rischia di essere quello più critico per la Chiesa.

Dopo la canea scatenata dalla stampa, soprattutto dal New York Times contro Benedetto XVI con gli editoriali al curaro di Maureen Dowd, interpretata da qualcuno come una sorta di ritorsione per l’asserito sbarco della finanza vaticana vaticana su questa sponda dell’Atlantico, i toni si vanno stemperando. Il settimanale liberal New Yorker ha stigmatizzato questa campagna come una iniquità, la più scioccante dai tempi di Martin Lutero; uno dei principi del foro, Alan Dershowitz, docente di diritto ad Harvard, ha scritto che certe colpevoli omissioni dei vescovi hanno offerto il destro per attaccare una veneranda istituzione che fa tanto bene nel mondo. E perfino lo stesso NYT ha ospitato un intervento di un analista conservatore, Ross Douthat, secondo cui Benedetto XVI merita di essere ricordato come  un Papa migliore di Karol Wojtyla.

Qualcosa si muove anche nello Snap, l’organizzazione che difende le vittime. Giudica un passo in avanti le nuove linee-guida della Santa Sede, anche se sostiene che la Chiesa deve fare un più profondo mea culpa per il passato quando ha pensato a proteggere se stessa dagli scandali, abbandonando le vittime al loro destino.

Uno studio della John Jay University aggiornato al 31 dicembre 2009 con dati forniti dalle diocesi americane disegna questo quadro. Dal 1950 sono 5.768 i sacerdoti accusati di abuso su un totale di 109.694, pari al 5,3 per cento. E ancora: 1021 denunciati alla polizia, 350 condannati (tra gli altri uno a Dallas all’ergastolo,un altro a 275 anni nel Massachusetts e  quel John Geoghan a 10 anni, ucciso in carcere). Padre Thomas Patrick Doyle, un domenicano carico di lauree che si è preso a cuore gli abusati ed è stato premiato dallo Snap, dice che in realtà i sacerdoti coinvolti sono 9.000 e Terence Mc Kiernan fondatore di Bishop Accountability.Org ritocca ulteriormente all’insù il bilancio a quota 10.969. Il John Jay report conta 15.235 vittime, 80 per cento uomini,20 per cento donne. Gli esperti dicono che solo una minima parte degli abusati denuncia le violenze e quelli che lo fanno si decidono solo dopo una  lunga sofferenza. Ragazzi che trovano il coraggio di denunciare quando hanno 40-50 anni.

Fino ad ora la Chiesa ha pagato risarcimenti per 2 miliardi 69 milioni 179 mila sollari e parcelle agli avvocati per 500 milioni (500 dollari l’ora). La somma per ogni singola vittima dipende dalla gravità dell’abuso. Spicca il versamento a Dallas di 23 milioni e mezzo  a 5 vittime. Sono finite in bancarotta 7 diocesi: Wilmington, Fairbanks, San Diego, Davenport, Spokane, Tucson e Portland. Si è detto di avvocati del tutto privi di scrupoli a caccia di clienti che pescano nel torbido con la promessa facile di spillare dollari alla diocesi. Non è da escludere che qualcuno lo abbia fatto. E’ vero invece che ai difensori  spetta il  30-40 per cento del risarcimento in caso di vittoria. Altrimenti è lui ad accollarsi i costi e alcuni (pochissimi per la verità) lavorano anche senza compenso.

Su tutto la Corte Suprema aspetta il parere del Justice Department per decidere se Benedetto XVI possa essere citato in giudizio per danni. Dipende da come interpreterà il "Foreign Sovereign Immunities Act" che consente agli americani di chiedere conto in tribunale a leader stranieri accusati di avere causato loro dei danni. Gli avvocati delle vittime chiedono che la Corte rinvii il caso alla Trial Court per una decisione di meritio. Se invece la Corte decidesse essa stessa nel merito una decisione non si avrebbe prima di un anno.