L’America si appresta al voto aspettando il “botto finale”

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L’America si appresta al voto aspettando il “botto finale”

01 Novembre 2008

Occhio alla sorpresa. Una tradizione ormai consolidata da qualche decennio vuole che nelle ultimissime battute della campagna presidenziale sbuchi fuori qualche notizia o qualche evento inatteso, capace di influenzare l’esito del voto. Negli Stati Uniti, il fenomeno è noto come “The October Surprise”. Nel 2004, Osama Bin Laden fece il suo ingresso nella campagna elettorale con un video trasmesso proprio l’ultimo venerdì prima delle presidenziali. Il messaggio del capo di Al Qaeda ricordò drammaticamente agli americani i pericoli del terrorismo e, indirettamente, così si disse allora, favorì il presidente in carica George W. Bush ai danni di John F. Kerry (anche in queste ultime ore è comparso in Internet un messaggio di Al Qaeda, ma stavolta dovrebbe essere irrilevante). Quattro anni prima, invece, era stato l’allora governatore del Texas a subire i danni di uno scoop dell’ultimo momento. A una manciata di giorni dall’Election Day, infatti, uscì fuori la notizia che, nel 1976, Bush era stato fermato per guida in stato d’ebbrezza. La rivelazione gli costò non poco con un recupero di voti dell’avversario Al Gore fino al sostanziale pareggio. (anzi, il vice di Clinton ottenne più consensi di Bush a livello nazionale). 

Qualche premessa del “botto finale” si è intravista anche in questi ultimi giorni. Da una parte e dall’altra dei contendenti. Per la serie “c’eravamo tanto odiati”, Obama ha tenuto un comizio a braccetto con Bill Clinton in Florida e il suo megaspot da mezz’ora in “prime time” ha polverizzato ogni record d’ascolto. La Palin, sentendo aria di sconfitta, già prenota un posto per le elezioni del 2012 (atteggiamento non proprio signorile verso McCain, che l’ha sdoganata dai ghiacci dell’Alaska). Il GOP, intanto, (come se non mancassero i problemi) deve gestire la patata bollente di un vecchio senatore, Ted Stevens, (guarda caso sempre dell’Alaska) incriminato per corruzione. 

“L’ultimo weekend – ha dichiarato Steven Schier, analista politico del Carleton College in Minnesota – può essere molto strano in una campagna presidenziale”. Proprio in quest’avvio di novembre si prevede che gli indecisi faranno finalmente la loro scelta. Con tre possibili effetti: si orienteranno verso Obama determinando una sua vittoria schiacciante; si distribuiranno più o meno in equal misura tra i due candidati, confermando le chance di vittoria del senatore democratico; si riverseranno in buona parte su McCain favorendo una ripresa dell’ultimo momento. Eventualità a cui, a dire il vero, sembrano disposti in pochi a credere anche tra i Repubblicani. Intanto, mentre la campagna di McCain spera nell’inaffidabilità degli exit poll (di cui abbiamo parlato nell’ultimo post), Obama confida nel “bandwagon effect”, l’effetto domino che avvantaggerebbe chi è in testa nei sondaggi. In pratica, alcuni indecisi, una volta ai seggi, potrebbero decidere di votare Obama solo perché percepito come vincente. Meglio essere partecipi di una vittoria che di una sconfitta. Come ha efficacemente riassunto il politologo Samuel Popkin, dell’Università californiana di San Diego: “La prima ragione del ‘bandwagon effect’ è che la gente non si vuole perdere la festa. Qualcuno nella cabina elettorale potrebbe pensare: non voglio votare Obama perché è nero. Ma McCain è destinato a perdere. E allora voto Obama, così avrò qualcosa da raccontare ai miei nipoti”.

La più clamorosa delle “sorprese di ottobre” avvenne nel 1980 con la crisi degli ostaggi in Iran: fu la fine delle speranze del presidente Carter, che perse malamente contro Ronald Reagan. Questa volta, sostengono molti esperti, in realtà la sorpresa c’è già stata ed è avvenuta a settembre con il crollo di Wall Street. Un disastro che ha aiutato Obama a prendere il largo nei sondaggi. Gli americani sono, infatti, convinti che il democratico sia più adatto del repubblicano a tirare l’America fuori dalle sabbie mobili della recessione. Intanto, sorprese a parte, i due candidati sono impegnati in un tour de force senza sosta. Obama e McCain stanno percorrendo in lungo e largo gli Stati fondamentali, dalla Florida all’Ohio, per la conquista della maggioranza dei 538 grandi elettori. Sono loro che il 20 gennaio prossimo consegneranno idealmente le chiavi al nuovo inquilino di Pennsylvania Avenue n.1600.