L’America trumpista corre e diventa “Great”

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L’America trumpista corre e diventa “Great”

01 Settembre 2017

Per capire come sta andando la nuova America di Donald Trump, “follow the money”, dicono negli Usa, segui i soldi. Non per scoprire chissà quale altro presunto scandalo sul conto del Don, già ci hanno provato in molti ma non ci riescono, bensì per verificare se la grande promessa fatta da Trump in campagna elettorale, America First, l’interesse americano al primo posto, il motivo principale per cui gli americani hanno votato per il Don, fino adesso è stata mantenuta oppure no. Quindi silenzio in sala e spazio alle cifre: secondo il dipartimento del commercio Usa, il prodotto interno lordo americano nel secondo trimestre di quest’anno, da aprile a giugno, è cresciuto del 3 per cento, con un risultato al rialzo rispetto alle previsioni che si fermavano al 2,6 per cento. Dai segnali che ci sono, dicono gli analisti, la crescita sta proseguendo anche all’inizio del terzo trimestre, ed è stimata attorno al +3,4 per cento. 

Sempre secondo il dipartimento del commercio, il rialzo del Pil riflette un “robusto” incremento nella spesa per i consumi e un aumento nelle vendite al dettaglio, insieme a “forti investimenti” nel mondo del business. Gli analisti sottolineano che persino l’Uragano Harvey, uno dei più potenti che l’America abbia mai sperimentato, e che ha devastato parte del Texas, non avrà una particolare incidenza sui risultati del Pil nel terzo trimestre. E ancora: secondo l’Adp National Employment Report, un rapporto che ha anticipato i dati sulla occupazione che l’amministrazione Usa dovrebbe fornire in settimana, il numero dei dipendenti nel settore privato è balzato in avanti nel mese di agosto, con 156 mila nuovi posti di lavoro creati nel Paese e il tasso di disoccupazione al 4,4 per cento. 

Una crescita forte e un mercato del lavoro che viaggia verso la piena occupazione, dunque, tanto che c’è già chi si affretta a dire che adesso la Federal Reserve alzerà i tassi di interesse, una mossa di cui si parla da mesi, ma che a quanto pare potrebbe arrivare, se arriverà, perché i fondamentali macroeconomici della economia Usa ora sono positivi. Vale la pena allora fare una considerazione di natura politica. La presidenza Trump fino adesso è stata raccontata dai giornaloni e dai grandi media internazionali, compresa la stampa nostrana, come il peggio che potesse capitare all’America. Una rovina, il tramonto di una superpotenza. Prima i rimestatori nel letame hanno cercato di delegittimare Trump accusandolo di essere un burattino di Putin, il Russiagate, lo scandalo sulle presunte infiltrazioni russe nella vita politica Usa. Le prove latitano, mentre sul tema abbondano le fake news, tipo quella degli hacker russi che, da soli, potenza del web, avbrebbero ‘alterato’ il risultato delle elezioni presidenziali. Una cosa a cui ormai crede solo Obama..

Dal momento che neppure un superprocuratore nominato ad hoc per indagare sul team Trump è riuscito a trovare prove convincenti, e si è capito che il Russiagate non porta da nessuna parte, è iniziata la seconda ondata di propaganda antitrumpista, quella sulla questione razziale. L’ambigua e tragica vicenda di Charlottesville, gli scontri in piazza in altre città americane nei giorni successivi, i “suprematisti bianchi” da una parte, descritti così dai giornaloni, come se gli elettori trumpisti fossero un sol uomo, suprematisti che però nel giro di qualche settimana per il Washington Post diventano “pacifici manifestanti di destra”; e gli “antifa” dall’altra, come li ribattezza il New York Times, gli antifascisti, o per meglio dire gli agenti del politicamente corretto, dipinti come difensori della libertà finché, è notizia di ieri, l’FBI non li inserisce nella blacklist del “domestic terror”, terrorismo interno. 

Ma come abbiamo scritto all’inizio non è né sul Russiagate né sulla ‘questione razziale’ che verrà giudicato Trump, bensì sulla sua grande promessa elettorale, far ridiventare grande l’America, nonostante il Congresso a maggioranza repubblicana si metta di traverso sulla riforma fiscale o le spese per il piano infrastrutture. Nonostante tutto questo, la nuova America di Trump corre. Investimenti e occupazione aumentano. L’America ridiventa “Great”. E anche chi non ha votato né sostenuto Trump ma conserva un briciolo di buonsenso oggi dovrebbe ammetterlo.