L’antifascismo di Veltroni e il mio

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L’antifascismo di Veltroni e il mio

26 Aprile 2008

Il 25 aprile avevo in programma di uscire di casa, fare un salto dal giornalaio, andare a prendere mia figlia in parrocchia e infine andarmi a far fare un massaggio. Poi ho sentito la dura reprimenda di Walter Veltroni contro il Cav, le sue parole traboccanti di indignazione per il fatto che proprio quel giorno avesse ricevuto il Ciarra, e ho deciso di procedere a qualche verifica preliminare.

Ho chiesto al portiere del palazzo dove abito, che è sardo, cosa pensasse del Ventennio. Lui mi ha domandato se il fascismo fosse più o meno forte di Acquafresca, il nuovo centravanti del Cagliari. Ho trovato la metafora pericolosa, e per questo motivo uscendo di casa ho deciso di non salutarlo.

Arrivato in edicola, ho chiesto al giornalaio se quel giorno avessero cautelativamente interrotto la vendita del Secolo d’Italia. Avendo ricevuto una risposta negativa – anche perché, mi ha spiegato l’edicolante, in tal caso gli affari avrebbero subito un durissimo colpo – ho deciso di restare disinformato per un giorno e di non comprare nessun quotidiano, come si confà a un gentiluomo.

Ho quindi telefonato a mia figlia sul cellulare, chiedendole di tornare da sola dalla parrocchia: ho temuto che in caso contrario qualcuno potesse accusarmi di clericofascismo.

Alfine, ho chiamato il massaggiatore per accertarmi dei suoi trascorsi. Mi ha parlato di un nonno con vaghe simpatie nostalgiche: un po’ rimbambito, in qualche ora della sera intona persino “quando saremo a Fiume liberata”. Senza esitazione ho rinunciato al massaggio.

Ora mi sento fisicamente assai peggio, ma in assoluta pace con la mia coscienza, perché sono sicuro d’aver pagato a caro prezzo più d’ogni altro l’opzione antifascista!

(g. q.)