L’appello di Alfano a Casini è l’ultima chiamata per il nuovo centrodestra
08 Ottobre 2012
E adesso? L’annuncio è roboante, non solo nei toni: “Pur di riunire i moderati Berlusconi è pronto a non ricandidarsi”. Angelino Alfano cala la fiches sul tavolo al quale siede con Pierferdinando Casini ed Enrico Letta, presentando il libro di Adornato. Effetto deflagrante: il leader Udc è interessato ma non si fida. Nel Pdl i berluscones caricano il fucile: tiro al bersaglio sul segretario. Molti colonnelli, invece, esultano. Della serie: "era ora". Ma tra il dire e il fare…
La proposta non è una novità. E’ in campo da mesi: un contenitore che riunisca i partiti moderati è l’obiettivo dichiarato di Berlusconi. A darne l’ufficialità è Alfano con un appello a Casini che in tanti, nelle file pidielline, considerano una fuga in avanti. Perché dicendo che di fronte a questa opzione “tu hai il diritto, il dovere e la possibilità di unire i moderati”, è quasi come assegnargli il ruolo di “regista” dell’operazione politica. Vero è che la mossa serve anche a stanare Casini visto che fin dall’inizio ha posto la pregiudiziale berlusconiana come conditio sine qua non, ma al tempo stesso provoca un’altra serie di effetti, tutti interni al Pdl.
L’obiettivo cui guarda Alfano è rimettere ordine nelle file di un partito scosso dal Lazio-gate, fiaccato dalle diatribe interne tra ex e disorientato dagli stop and go dell’ex premier sulla ricandidatura, mandando un segnale soprattutto a quella che tra i pasdaran del Cav. è stata ribattezzata la ‘Berlusconi-generation”. E che ieri, non a caso, con la Santanchè avvertono che “non è Alfano a decidere la candidatura di Berlusconi”. Non solo: il richiamo ai valori del Ppe, spina dorsale dei moderati è indirizzato alla componente aennina e serve a far capire da che parte Alfano e Berlusconi hanno intenzione di andare.
L’annuncio di Alfano sarebbe stato concordato con Berlusconi di ritorno dalla Russia e tuttavia l’accelerazione rispetto agli scenari del fine settimana che davano da un lato il Cav. sempre più propenso a lasciare il Pdl e guidare una lista civica nazionale coi fedelissimi della prima e dell’ultimora, dall’altro il gruppo dirigente a riorganizzarsi per conto proprio, fa percepire una ‘scossa’ imminente dopo mesi di stallo. Da questo punto di vista si può comprendere come Alfano abbia deciso di rompere gli indugi pur nel solco già tracciato con l’ex premier, lasciando quasi intendere che Cav. o non Cav. il partito non può più stare fermo.
E Casini? Alla mano tesa di Alfano concede solo un dito. Non si fida il leader centrista che accetta la sfida ma non “gli inganni” e auspica: “Mi auguro che i fatti dimostrino che quel che ha detto Alfano sia vero”.
Certo è che pure Casini non può stare sull’albero a cantare. Se queste condizioni verranno confermate, appare chiaro come il leader centrista il cui partito oggi vale poco più del 5 per cento dicono i sondaggi, dovrà decidere da che parte stare; perché non basta dire “Monti-bis” e chi ci sta venga da me. Posto che nel centrosinistra di Bersani e Vendola, per lui ci sarebbe solo uno strapuntino e alquanto scomodo.
Il punto, però, è che dagli annunci ai fatti il passo non è breve. Il Cav. dà priorità al piano ‘A’ (partito dei moderati) ma se fallisse, ha già pronto il piano ‘B’: si va dallo spacchettamento del Pdl alla lista civica per conto proprio. Tutto, ovviamente dipenderà dalla legge elettorale. E che il passo non sia breve lo dimostra anche il gap tra Pdl e Udc su alcune questioni tutt’altro che irrilevanti. Punto primo: Casini ripete fino alla noia che il faro è l’agenda Monti, nel senso di continuare ciò che ha fatto fin qui il Prof. e proiettarlo nei prossimi cinque anni chiedendogli di restare (dopo l’esito del voto, pare di capire, visto che il Prof. non intende candidarsi). Non tutti nel Pdl la pensano così, specie tra gli ex aennini o tra i berluscones del ‘meno tasse per tutti’ costi quel che costi. Punto secondo: per Casini uno dei punti chiave programmatici è l’Europa, ma nel Pdl non sono in pochi gli euroscettici. Punto terzo: l’adesione – convinta e totale – degli ex An al Ppe non è così scontata se ancora oggi nelle file pidielline c’è ancora chi ripete di “non voler morire democristiano”. Punto quarto: per il Pdl ci potrà essere un Monti-bis solo se Monti si candida, ci mette la faccia e si misura nelle urne. Non è la convinzione del leader centrista.
Per il momento Casini non si fida, non gli basta dire che Berlusconi non si ricandida. Vuole di più e lo dice chiaramente a Otto e Mezzo quando ammonisce che da parte del Pdl servirà una “severa autocritica”. Che vuol dire? I pidiellini dovranno andare a Canossa con la testa cosparsa di cenere o che – addirittura – vi sarà la selezione tra buoni e cattivi? Che sarà lui a decidere con chi fare il partito dei moderati? Vedremo nei prossimi giorni dal momento che domani si annuncia un nuovo vertice del Pdl a Palazzo Grazioli.
La mossa di Alfano è sicuramente forte e al tempo stesso rischiosa, anche perché il Cav. una ne fa e cento ne pensa. Ma forse, nelle condizioni date (della politica) la ricomposizione del fronte moderato può essere l’unica opzione in grado di rimotivare l’elettorato di centrodestra e sbarrare la strada per Palazzo Chigi a Bersani e Vendola. Renzi permettendo.