L’Aquila e l’Italia, quella vergogna delle Case dello Studente

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L’Aquila e l’Italia, quella vergogna delle Case dello Studente

18 Febbraio 2013

"I ragazzi del 6 aprile del 2009 che sono morti sotto le macerie della Casa dello Studente non sono stati vittime del terremoto. Sono deceduti per responsabilità umana”. Si chiude così il primo grado del processo forse più simbolico tra quelli sul terremoto in Abruzzo del 2009, con quattro condanne, la mezza soddisfazione dei familiari e degli studenti che non è sufficiente a colmare il dolore per i morti.

Gli avvocati di parte civile, dopo la sentenza di sabato scorso, alzano il tiro e adesso puntano alla Regione e all’Adisu, l’ente incaricato di gestire le residenze studentesche. Si vuole capire, al di là delle responsabilità individuali già individuate e sanzionate, se c’è stata una colpa delle istituzioni locali, che negli anni precedenti al sisma avrebbero dovuto effettuare esami più rigorosi della struttura, come pure, secondo la parte civile, durante il sisma, quando non furono tempestivamente registrate le denunce degli studenti dopo l’inizio dello sciame sismico.

La vicenda insomma non si chiude qui e dovrebbe sollecitare, sia a livello del governo centrale che nelle amministrazioni locali, una discussione seria e rigorosa sulle case dello studente di tutta Italia. Il caso dell’Aquila è drammatico, perché il terremoto portò via delle giovani vite umane, ma altrove, in tutto lo Stivale, si raccolgono storie e testimonianze negative.

Dall’inchiesta di Servizio Pubblico sulla casa dello studente milanese, con una delle inquiline che mostra alle telecamere una realtà squallida, con servizi che non funzionano e un arredamento allo stremo, alla Paradisa di Pisa con 500 posti letto lasciati nell’abbandono, a quella di Via de Lollis a Roma, con gli studenti infuriati perché a fronte degli scandali scoppiati in Regione non si riesce a trovare i fondi per la loro residenza.

Un po’ in tutta Italia dobbiamo testimoniare come il diritto allo studio sia spesso una chimera. E, come nel caso dell’Aquila, si lascia dietro solo sofferenza e rimpianto.