L’Argentina dei Kirchner sempre più vicina a Chavez

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L’Argentina dei Kirchner sempre più vicina a Chavez

L’Argentina dei Kirchner sempre più vicina a Chavez

30 Ottobre 2007

“Abbiamo vinto con lo scarto più
grande tra primo e secondo in tutta la storia della democrazia”. Così parlava
Cristina Fernandez Kirchner domenica notte, a neanche un’ora dall’inizio della
conta dei voti per le presidenziali argentine. Il giorno dopo, con il 95% delle
schede scrutinate, si apprezza quanto fosse ben riposta la soddisfazione della
“first lady”, che sfiora la maggioranza assoluta con il 44,9% delle preferenze;
la socialcristiana (centrosinistra) Elisa Carriò è data al 23%, il candidato
delle destre Roberto Lavagna raccoglie il 16,9%.

Cifre che spazzano via le
polemiche circa eventuali brogli, avanzate da Lavagna. Del resto, una netta vittoria
della Kirchner era ampiamente prevista. Raccoglie l’eredità del marito Nestor,
presidente dell’Argentina negli ultimi, difficilissimi, quattro anni, durante i
quali ha costruito una popolarità immensa. Un periodo nel quale l’Argentina si
è risollevata da una crisi terribile, ha ricominciato a esportare quantità
crescenti di derrate alimentari, ha vissuto e sta vivendo una crescita da tigre
asiatica, ossia tra l’8 e il 9% annui. Ancora ci si chiede perché Nestor
Kirchner abbia passato il testimone alla moglie, visto che era nelle sue
possibilità candidarsi a un nuovo mandato; i più cinici sostengono che
all’orizzonte si preannunciano tempi difficili – il rinnovo di diversi
contratti di categoria, un rallentamento degli investimenti stranieri – e lui,
Nestor, vorrebbe defilarsi, anche per ricompattare le fila fondando un nuovo
partito, sempre d’ispirazione peronista. Lasciando però il timone del Paese in
mani fidate, soprattutto per lui.

Fatto sta che adesso è il momento di Cristina, che, ad onor
del vero, può vantare un curriculum politico che va ben al di là dell’essere la
moglie del presidente uscente. Senatrice di lungo corso, da sempre peronista, è
una donna che senza mai mettere da parte la sua femminilità (“Tutte le mattine
un’ora di ginnastica e un’ora di trucco”, racconta in un’intervista) ha dato
più volte prova di un carattere ferreo. Negli ultimi quattro anni era tornata
dietro le quinte, rientrando nel ruolo di moglie latinoamericana, in ossequio
al ruolo del marito. Ora è di nuovo in sella: per fare che? Il suo programma,
accusano gli oppositori, non l’ha mai enunciato, a parte generici proclami come
“portare a fondo il cambiamento con la partecipazione di tutti” o “ricostruire
il tessuto della nazione”. Non è difficile prevedere che, in definitiva,
seguirà la strada tracciata dal marito, tentando in più di modificare il quadro
microeconomico: perché se i grandi numeri dell’economia galoppano, troppa gente
continua a vivere in condizioni precarie. Nel solco del peronismo, ossia di una
sorta di socialdemocrazia assai aperta all’iniziativa privata.

Anche in politica estera la “Pinguina” seguirà la strada
tracciata dal marito. Durante la campagna elettorale ha ribadito l’amicizia del
suo paese verso Chavez, un’amicizia nata due anni fa quando “il comandante”
acquistò una prima tranche pari a 500 milioni di dollari del debito argentino,
scatenando le ire dell’opposizione interna: “Con tutto quello che c’è da fare
qui!”. Fatto sta che, da allora, Buenos Aires è stata uno dei partner più
fedeli di Caracas: ha appoggiato Chavez contro Bush nel vertice panamericano
che ha rigettato il trattato di libero commercio proposto da Washington, non ha
mai sollevato riserve sull’entrata del Venezuela nel Mercosur (al contrario di
settori politici e imprenditoriali brasiliani e dell’Uruguay), ha avviato un
programma di nazionalizzazioni che somiglia – più in piccolo – a quello varato
dal governo bolivariano (ma il petrolio resta in mano alla BP). Lavagna, in
un’intervista, lamenta che il suo Paese proseguirà anche nel prossimo
quadriennio a flirtare con la sinistra populista latinoamericana, piuttosto che
riavvicinarsi agli Stati Uniti, “nostro partner storico”. Ma trascura il fatto
che per la ripresa Argentina sono state importantissime le esportazioni verso
il Venezuela, esplose negli ultimi anni, e gli ulteriori acquisti di debito da
parte di Caracas. Casomai, chi ha davvero motivo di lamentarsi sono gli
allevatori venezuelani, che si sono ritrovati a dover competere con i prodotti
argentini. Fino a scomparire, o quasi. E’ anche per questo che trovare un litro
di latte in un supermercato di Caracas è tanto difficile.