L’arrivo di Brown mette in crisi i conservatori

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L’arrivo di Brown mette in crisi i conservatori

28 Giugno 2007

Ieri Gordon Brown si è insediato a Downing Street numero 10. Molti laburisti si augurano che il suo arrivo rinnovi la fortuna di cui il partito ha goduto durante la gran parte del premierato di Tony Blair e che ha perso negli ultimi anni. Sfruttando l’impopolarità del governo, infatti, David Cameron sembrava capace di condurre il partito conservatore britannico alla vittoria nelle prossime elezioni politiche. Ma il passaggio del testimone mette in seria difficoltà l’opposizione, che aveva approfittato della lunga lite tra Blair e il suo successore per recuperare punti rispetto al partito avversario, anche se Brown non è visto proprio come un leader carismatico. Adesso che la questione della leadership si è chiarita, i laburisti dispongono di un premier indiscusso e negli ultimi sondaggi il Labour Party è ripassato in testa, dopo un lungo periodo di crisi popolare.

Finora non è ancora evidente in che modo Brown cambierà la politica del partito. Ha detto di voler mantenere il processo di modernizzazione in corso: flessibilità del mercato del lavoro, privatizzazioni, liberalizzazioni. Di voler, in sostanza, continuare sulla linea del suo predecessore ma anche dei governi conservatori precedenti. Con un’eccezione, Brown ha legato, infatti, la modernizzazione a un discorso di più ampia giustizia sociale e crede che lo stato debba giocare un ruolo importante per abbattere i livelli di povertà e risolvere i problemi sociali. Come potrà attuare il suo programma è tutto da vedere: il nuovo premier ha poco spazio fiscale per effettuare una politica di redistribuzione, il Regno Unito mostra già un deficit notevole e aumentare le tasse sarebbe altamente impopolare.

Malgrado l’incertezza sulla politica concreta che perseguirà durante la sua premiership, Gordon Brown continua a mantenere un grande vantaggio sul suo rivale Cameron: dopo dieci anni alla guida del dipartimento del Tesoro, è una figura ben più conosciuta e pratica del 39enne leader conservatore, che è emerso sulla scena politica nazionale solo nel 2005 con la inattesa conquista della leadership del partito. Dunque, non sorprende che è soprattutto nel campo dell’esperienza che Brown stravince nei sondaggi. Una netta maggioranza dei cittadini descrive il nuovo premier come “un uomo di più sostanza” rispetto a Cameron e nei settori più importanti dal punto di vista elettorale – tassazione, istruzione pubblica, politica sanitaria e politica estera – il pubblico britannico si fida molto di più di Brown.

Un nemico ancor più pericoloso per Cameron è divenuto il dissenso tra i conservatori scoppiato nelle ultime settimane, che gli deriva dall’aver spostato il partito conservatore su posizioni centriste in diversi ambiti. Abbandonando, per esempio, la politica del taglio delle tasse, cavallo di battaglia dei suoi predecessori, per sottolineare l’importanza degli investimenti nei servizi pubblici. O dando al partito un’identità ambientalista, perfino cambiandone il simbolo da una torcia della libertà a un albero. Molti osservatori hanno visto nelle aspirazioni di Cameron solo una campagna propagandistica senza nuove fondamenta ideologiche. Tuttavia il rinnovamento dell’immagine pubblica del partito ha incuriosito l’elettorato e dato per un breve tempo la prospettiva di una vittoria conservatrice nelle prossime elezioni.

Ma per Cameron la luna di miele è ormai finita. Alcuni esponenti del partito hanno chiesto di rivitalizzare i temi conservatori tradizionali in campo di politica economica e sociale. Ad esempio, un gruppo di 40 deputati conservatori ha proposto di privatizzare il sistema sanitario pubblico e usare le risorse liberate per tagliare le tasse. Un’altra vicenda molto delicata che è tornata in auge all’interno del partito riguarda la relazione con l’Unione Europea. Per soddisfare l’ala destra dei conservatori Cameron ha domandato al governo di organizzare un referendum sul trattato UE. Ma mettere di nuovo in risalto l’euroscetticismo del partito potrebbe essere una strategia rischiosa. Da un lato, gli inglesi condividono le riserve dei conservatori sull’integrazione europea, d’altro lato, però, l’atteggiamento anti-europeo è tuttora associato ai leader passati del partito che hanno fallito elettoralmente. Quindi, l ediscussioni sull’UE hanno già creato molte divisioni in passato  e Cameron ha fin da subito provato a battere la strada dell’euro-scetticismo. Adesso che le forze anti-europee sono ricomparse, un deputato conservatore filo-europeo, Quentin Davies, ha lasciato il partito per unirsi ai laburisti di Brown.

Durante un dibattito parlamentare Cameron ha chiesto nuove elezioni al più presto. Visto che Brown non ha un mandato elettorale come premier, questa richiesta è legittimo. E infatti non è escluso che Brown possa annunciare nuove elezioni entro un anno, ma ci sono forti dubbi che questa mossa non aiuti i conservatori nella situazione attuale. Stando all’ultimo sondaggio i laburisti batterebbero il partito di Cameron 39 per cento a 36 .