L’arte di andare in moto per sessantanni e non capirci niente
08 Agosto 2011
“Let’sRide” – l’arte di andare in motocicletta – è uno di quei facili libri estivi, che si leggono in due giorni. È stato scritto tutto d’un fiato dal biker “maledetto” Sonny Barger (leggenda vivente del motociclismo USA), in collaborazione con Darwin Holstrom (altro esperto di moto americane) ed è stato recentemente tradotto in Italia dalla Dalai editore. Diciamo subito che si tratta d’una lettura espressamente consigliata solamente a chi abbia intenzione di acquistare una moto o a chi già ne possiede una. Al limite, potrebbe anche rivelarsi una lettura interessante per chiunque possieda velleità ingegneristiche o abbia voglia di riempirsi la testa con nozioni che la stragrande maggioranza delle persone ritiene alquanto tediose.
Barger inizia il libro offrendo al lettore un’infarinatura d’ingegneria motociclistica, poi continua spiegando nei dettagli quali sono le differenze tra i principali tipi di motore in commercio: due cilindri a V, quattro cilindri in linea, boxer, etc.; lo fa in maniera sbrigativa, ma non per questo superficiale. Lo stile è volutamente secco, al limite del rozzo. Il carattere forse troppo tranchant dell’autore viene fuori già dopo qualche pagina, come anche le prime stupidaggini: “i monocilindrici sono motori senza palle e di certo non hanno una guida morbida”. Questa storia del monocilindrico "senza palle" andatela a raccontare a un certo Cyril Neveu, che vinse l’infernale Parigi Dakar del 1979 e del 1980 proprio in sella a una Yamaha XT 500 Ténéré (monocilindrica). Sulla presunta ruvidità dei motori monocilindrici, invece, chiedete direttamente a me. Ho una Ténéré (di quelle nuove) che monta il classico monocilindrico Yamaha da 660 cc. Beh, l’unica metafora che posso utilizzare per tentare di descrivere la dolcezza d’erogazione di questo propulsore è un frullatore in un barattolo di miele, tanto che di questo motore si dice – appunto – che "frulla". Mi dispiace Sonny, ma il mio monocilindrico è sicuramente più dolce dei brownies che faceva tua nonna. Barger tenta pure d’indottrinare i suoi lettori, spiegando che “devono stare alla larga” dalle moto italiane perché danno sempre problemi di affidabilità, soprattutto all’impianto elettrico. Ci spiega, tra l’altro, quali sono state le maggiori innovazioni in campo motoristico dell’ultimo secolo, tralasciando, però, una marea d’informazioni vitali. Il fatto è che, come ammette lo stesso autore, si tratta di un libro per motociclisti americani. Il che significa che il testo apparirà obsoleto e poco utile per un motociclista europeo, sicuramente più smaliziato di un americano.
Dopo aver sparato a zero sull’intera industria motociclistica italiana, e sugli italiani stessi, Barger ci spiega pure che lui ha sempre “comprato americano”, perché così gli è stato insegnato e Amen. Quindi, quando in Italia i nostri genitori si potevano comprare (e godere) una gloriosa Honda CB 750 Four (come fece prontamente mio padre), Barger se ne andava in giro contento del suo spompato motore bicilindrico Harley “Shovelhead” in ghisa ad aste e bilancieri, un vero “mostro”…d’inaffidabilità. La CB 750 è stata la prima vera maxi-moto moderna, dava “una pista” a qualsiasi altra cosa su due ruote allora esistente in qualsiasi giorno della settimana. Perché mai, uno che dice d’intendersi di moto, dovrebbe girare con un brontosauro arrugginito invece di comprarsi un mezzo fantastico per metà del prezzo? Gli italiani hanno fatto bene a cominciare a comprare auto straniere non appena se n’è presentata la possibilità. Se non lo avessero fatto, e avessero continuato a comportarsi come Barger, la FIAT non si sarebbe mai adeguata agli standard (superiori) imposti dalla concorrenza di aziende straniere.
Il libro va avanti con una rinfrescata sui vari tipi di moto che ci sono in circolazione e Sonny Barger continua il suo lavoro di sputasentenze. Dopo aver incamerato controvoglia la massima per cui non si deve mai comprare una moto che non sia americana, ci ritroviamo così a comprendere che non bisogna nemmeno mai comprare una moto d’epoca, a meno che non si voglia finire in panne sull’autostrada. Che le supermotard sono moto da malati di mente, che le sportive carenate sono buone soltanto per “scappare dalla polizia” e che – dulcis in fundo – per un motociclista alle prime armi potrebbe andare bene una Harley 1300 da trecento chili a secco. Andate a spiegare a Giacomo Agostini che non può più guidare la fantascientifica MV Agusta 500 con la quale ha vinto otto volte il campionato del mondo. Oppure andate a dire a un ragazzo di Roma che lui non più usare la sua Aprilia “Dorsoduro” anche se è perfetta per le strade della sua città (assetto da cross, ruote da strada). O magari provate a spiegare a un fan di Valentino Rossi che non si deve comprare la replica della Ducati da mondiale e che invece è molto meglio una lentissima moto americana da quattrocento chili con motore ad aste e bilancieri.
Mentre il lettore è intento a scoprire queste verità “made in Barger”, probabilmente non si è accorto che il libro è quasi finito (ma come?) e che è ora di sorbirsi qualche consiglio di guida pratica. Allora si apprende che, per evitare di essere coinvolti in un incidente a un incrocio, bisogna tenere d’occhio le ruote delle macchine per capire dove i proprietari vogliono girare. E’ chiaro che un comportamento del genere può soltanto generare incidenti. Un motociclista non deve guardare mai le ruote delle macchine, perché perderebbe di vista il contesto e la dinamica del traffico. Semmai si deve tentare di capire dove l’automobilista (che Barger definisce un’idiota-babbeo senza possibilità di redenzione) vuole girare nel caso in cui si sia dimenticato d’usare la freccia. Per fare ciò non si deve MAI guardare le ruote, ma lo stesso automobilista, in modo da non essere tratto in inganno. Il colmo, però, Barger lo raggiunge quando consiglia ai suoi lettori di cambiarsi le pasticche dei freni da soli, salvo poi spiegare che questa è un’operazione che potrebbe costare anche la vita è che quindi è meglio portare la moto da un meccanico. Per la serie: “Grazie Sonny”, questa me la segno.
Tutto sommato “Let’s Ride” è una lettura piuttosto piacevole (anche se il prezzo è un po’ elevato), e contiene una sezione molto utile piena di trucchi e consigli per acquistare una moto usata. Oltretutto, serve a darvi la dimensione di cosa sia realmente un motociclista americano. Un motociclista americano è una persona che è rimasta indietro, ciclisticamente parlando, in un’epoca fatta di motori di ghisa e di moto bassissime e inguidabili, buone per andare sempre dritti per centinaia e centinaia di chilometri, sperando che non si presenti nessun ostacolo da evitare. Il motociclista americano è una razza in via d’estinzione, che effettua scelte autodistruttive per sé e per il suo paese e per questo è maledettamente affascinante, come una bella ragazzina un po’ naïve. Noi comunque vi consigliamo di non comprare “Let’s Ride”, (tra l’altro la traduzione non è propriamente allo stato dell’arte e non mancano fastidiosi refusi sparsi per un libro da quasi diciotto euro). Se quest’anno sotto l’ombrellone avete davvero voglia di leggere qualcosa di “motociclistico”, per evadere dai soliti gialli estivi, allora buttatevi sulla riviste di settore: sono molto più utili e interessanti per un motociclista e contengono lo stesso tipo di informazioni. Oltre che un sacco di belle foto a colori. Magari compratevi “Motociclismo d’Epoca”, tanto per fare un dispetto a Barger.