L’artista e i banchieri. Ecco come ho trovato Caravaggio
13 Gennaio 2008
di redazione
Valentina Fizzotti
Quando Cristina Terzaghi si è
trovata tra le mani una ricevuta del banco Herrera & Costa da 20 scudi,
datata 21 maggio 1602 e firmata Michel’ Angelo Marrisi, non è riuscita a
restare seduta. Ha riguardato due volte, ha chiuso accuratamente il volume che
stava consultando, ed è uscita di corsa dall’Archivio di Stato di Siena.
All’amica a cui ha telefonato ha detto solo “ho trovato Caravaggio”. Era l’autunno del 2005, e la giovane
ricercatrice universitaria aveva appena rinvenuto un autografo dell’artista
seicentesco, il terzo mai trovato al mondo.
I frutti delle sue ricerche sono
raccolti nelle cinquecento pagine del libro “Caravaggio, Annibale Carracci,
Guido Reni tra le ricevute del banco Herrera & Costa” – appena pubblicato
da L’Erma di Bretschneider – e le sono valsi la prima edizione del Premio
Bretschneider per la Storia dell’Arte, assegnatole da una prestigiosa giuria
internazionale.
Come mai l’idea di iniziare la ricerca su Caravaggio ed i suoi illustri
contemporanei dalle ricevute dei pagamenti? E soprattutto, perché iniziare un
volume di Storia dell’Arte dal racconto di un matrimonio?
Sono partita dall’esistenza di
due banchieri, Herrera e Costa, inizialmente perché avevano commissionato opere
a Carracci e Caravaggio. Lavorando su di loro ho scoperto delle ricevute che
erano in passato state segnalate ma mai guardate. Le mie ricerche si sono
svolte in parte tra l’Archivio Segreto Vaticano e l’Archivio di Stato di Siena,
e per il resto in molti altri fondi (tra cui, ad esempio, quelli dei notai, che
avevano il compito di stipulare i contratti). La passione per quanto trovavo e la
considerazione che le ricevute si trovassero divise tra due archivi pubblici a
disposizione di chiunque mi hanno convinto a proseguire nel lavoro di ricerca,
tutt’altro che finito, che le carte trovate mi suggerivano. Ho speso mesi a
cercare qualcosa che legasse i fatti che venivano a galla da queste carte. E
sfogliando le ricevute sono apparsi Caravaggio, Annibale Carracci, Francesco
Albani, Guido Reni, i loro committenti, il loro mondo, la loro storia di uomini
e di artisti, così legata alle vicende storiche e sociali del loro tempo. Ed era
quella la storia che dovevo raccontare. Bisognava però cominciare dal
principio, e presentare uno ad uno i protagonisti della vicenda. Quale
occasione migliore del matrimonio, avvenuto nel 1614, tra i figli dei due soci
del banco? Il mio obiettivo è stato quello di raccontare la storia dei fatti
artistici a Roma a cavallo tra Cinque e Seicento, da un punto di vista diverso.
Alla presentazione del tuo volume, nella splendida cornice di Villa
Medici, il Professor Bruno Toscano ha definito la tua opera Proustiana.
Il mio lavoro è stato un
incastro, per questo forse l’hanno definito Proustiano. Attraverso quelle carte
si ricostruiscono sia le figure dei committenti sia quelle dei pittori. Oltre
all’autografo di Caravaggio ho trovato molto su Annibale Carracci e la sua
bottega. Le ricevute sono utili per capire meglio l’epoca: quanto costava il
pane, una carrozza…
Cosa è emerso e cosa resta ancora da scoprire?
Attraverso un metodo deduttivo si
scopre che, ad esempio, Guido Reni in ogni momento ha adottato lo stile più in
voga. L’artista un po’ cercava sé stesso, ed un po’ seguiva le esigenze del
mercato. Questo è poco vero invece per Caravaggio, che ha avuto una sola “virata”
quando veniva accusato di non essere classico. Di lui sappiamo tanto, eppure Caravaggio
rimane un insondabile mistero. Perché tra il 1605 e il 1606 le sue opere la Morte della Vergine e la Madonna dei Palafranieri sono state
rifiutate? Il suo rapporto con il pubblico rimane un mistero, mentre assai meno
misteriosa è la sua vita, di cui sappiamo praticamente tutto. Ma le nuove scoperte
confermano la bontà di questo metodo di ricerca, principalmente storico.
Si parla sempre di crisi della ricerca nel nostro Paese. Vale anche per
il tuo settore?
Ora è trendy occuparsi di arte contemporanea. L’Università Italiana – in
particolare le materie umanistiche, ma in generale in ogni campo – ha un iter
lungo per carenza di fondi destinati alla ricerca. Si resta anni in attesa di
un incarico. A parità di merito, vince chi resiste. E molti se ne vanno. Potrei
dire che il raggiungimento di scoperte, anche importanti, non porta con sé il
successo che cambia la vita. Ma qualcosa in fondo cambia: si guadagna l’entusiasmo
di continuare a cercare e ributtarsi in una nuova avventura.
L’OPERA
Nonostante le sue 500 pagine e la
tematica specifica, il volume non è un didascalico trattato di Storia dell’Arte
ma una piacevole narrazione, che si dipana attraverso il primo ventennio del
‘600 a partire dal matrimonio che suggella l’unione delle famiglie Costa e
Herrera, titolari del banco romano committente di artisti del calibro di
Caravaggio. Nella prima parte dell’opera l’autrice ricostruisce gli “intrecci
familiari”, i rapporti delle famiglie con i potenti e la Chiesa, la storia del banco
e le collezioni d’arte dei titolari. Nella seconda parte si entra nel vivo
della vita e delle opere degli artisti citati, attraverso lo studio del
cantiere di Santa Cecilia in Trastevere e della cappella Herrera, insieme alla
problematica questione delle copie. Oltre alle note dettagliate, il volume ha una
nutrita appendice documentaria.
“Caravaggio, Annibale Carracci, Guido Reni tra le ricevute del banco
Herrera & Costa”, L’Erma di Bretschneider Editore