“Lasciateli lavorare. La missione ISAF in Afghanistan non è finita”

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“Lasciateli lavorare. La missione ISAF in Afghanistan non è finita”

15 Ottobre 2010

Dottor Nativi, Lei è un esperto di questioni militari ma la guerra in Afghanistan è anche un fatto politico. C’è una certa "opacità" nel modo in cui il Presidente Obama affronta questa fase del conflitto. Come valuta questo doppio piano?

Tutti sono convinti che non c’è una soluzione militare al conflitto afghano. L’aspetto militare è preponderante ma non è l’unico e le trattative stabilite con spezzoni del mondo talebano lo dimostrano. Sarebbe più opportuno parlare di Comprehensive Action, uno sforzo che è al tempo stesso militare e politico-diplomatico. Avanti con la missione Isaf, avanti con Enduring Freedom e con l’addestramento e il rafforzamento delle truppe regolari afghane. Contemporaneamente, lo sforzo politico-diplomatico.

Conviene il dialogo con i Talebani?

Sì, almeno per due ragioni. La prima è che hanno deciso di sedersi al tavolo riconoscendo finalmente Karzai e mettendo fine alla pregiudiziale per cui non avrebbero mai cercato un compromesso fino a quando le truppe della Coalizione fossero rimaste sul territorio afghano. La seconda, ancora più importante, è che negli ultimi tempi stanno prendendo delle sonore legnate e questo nonostante il fatto che non sia stato ancora completato il dispiegamento del Surge previsto dal Generale Petraeus. 

C’è chi dice che una soluzione potrebbe essere la "pakistanizzazione" del conflitto. Quanto possono contare gli Usa su Islamabad e sul lungo periodo questa alleanza è destinata a restare in piedi?

A volte gli Stati Uniti esagerano nelle operazioni oltreconfine, ma il Pakistan si sta comunque impegnando nel contrastare l’insorgenza. Diciamo però che gli interessa colpire solo un certo tipo di Talebani, non quelli che gli tornano utili in funzione anti-indiana. Sul lungo periodo, in ogni caso, a mio parere gli Usa punteranno sull’India che è decisiva in funzione anti-cinese. 

E Al Qaeda? E’ stata sconfitta?

La guerra contro gli arabo-afghani è "quasi vinta". Oggi non ci sono più di trecento miliziani della internazionale jihadista sulle montagne al confine con il Pakistan. Ciò non toglie che resti aperto il problema dello spostamento dei quaedisti in altri paradisi del terrorismo.

La dirigenza della Base è ancora sul confine afghano-pakistano?

La leadership di Al Qaeda sta cambiando continuamente perché viene martellata dalle forze della Coalizione. Come dire, c’è un bel turn over. D’altra parte i pezzi grossi del terrorismo non possono muoversi più di tanto e hanno anche seri problemi da un punto di vista logistico e dei rifornimenti.

Insomma la vinciamo o no questa guerra?

La situazione non è facile ma se la Coalizione terrà duro per altri due o al massimo quattro anni allora potremmo raccogliere dei risultati concreti. Il 2015 mi sembra una data verosimile per il ritiro, posto che non sarà una ritirata totale e che in Afghanistan resteranno comunque delle forze militari un po’ come sta accadendo in Iraq. Non sarà un "tutti a casa", quindi.

Veniamo al contingente italiano. Dopo l’attacco che è costato la vita a quattro dei nostri militari il ministro della difesa La Russa ha chiesto di armare i bombardieri. L’ex capo di stato maggiore dell’areonautica militare invece ha suggerito di impiegare i Predator. Ci sono delle divisioni fra i nostri politici e il mondo militare?

Non direi, in realtà queste due opzioni sono entrambe necessarie. L’Italia ha già i Predator da un paio d’anni, uguali a quelli in dotazione agli americani. Si tratta di capire se possiamo usarli armati. In questo caso dovremmo chiedere agli Usa i missili Hellfire, la tecnologia software, un aggiornamento del nostro personale.

Quanto tempo e quanto costa?

Ci impiegheremmo non più di sette mesi per una spesa di 10 milioni di dollari.

E i bombardieri?

Bastano due settimane. Abbiamo le tecnologie, abbiamo le "bombe intelligenti", possiamo sottoporre il nostro personale a dei corsi intensivi…

Dal cielo alla terra. Si polemizza molto anche sui "Lince" e qualcuno chiede che siano sostituiti dal nuovo "Freccia". E’ solo una questione di blindature?

Chi fa questo tipo di polemiche è un incompetente. Le faccio un esempio: se devo portare un pacco di kleenex da un punto A ad un punto B posso farlo in due modi, con un motorino o con un Tir. Uno non esclude l’altro. Il Lince è una jeep, carica 5 uomini e pesa 7 tonnellate. E’ uno dei mezzi migliori in circolazione, anche meglio dei corrispondenti americani. Il Freccia invece è un mezzo da combattimento, pesa 28 tonnellate e può contenere 11 uomini. Insomma, servono tutti e due.

In conclusione, possiamo dare un giudizio positivo sulla missione in Afghanistan?

Isaf ha finalmente preso il passo giusto. Ora si tratta, come direbbe il premier Berlusconi, di "lasciar lavorare" i soldati della Coalizione. Almeno per un anno. Poi vedremo.