“Lascio per senso di responsabilità, ma da domani raddoppio il mio impegno”

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“Lascio per senso di responsabilità, ma da domani raddoppio il mio impegno”

14 Novembre 2011

"Cari concittadini, ci troviamo oggi di fronte a una sfida cruciale che mette in gioco il nostro futuro, e sono convinto che solo uniti possiamo vincerla, solo mettendo da parte invidia e livori, solo impegnandoci a lavorare tutti insieme per il bene dell’Italia. Noi l’abbiamo sempre fatto, per diciotto anni, e continueremo a farlo con impegno anche maggiore.

Il mio Governo e la coalizione che l’ha sostenuto hanno compiuto anche ieri il loro dovere. Abbiamo messo a punto in tempi da record la cosiddetta legge di stabilità finanziaria e l’abbiamo approvata in Parlamento con i nostri voti. Questa legge contiene più del 50% delle misure che ci vengono chieste dall’Europa e ci consentirà di dimostrare ai nostri partners europei e ai mercati che l’Italia sa mantenere gli impegni, che fa sul serio. Abbiamo così onorato la fiducia che ci hanno dato gli elettori nel 2008.    

Subito dopo l’approvazione della legge, come avevo annunciato, ho rassegnato le dimissioni da presidente del Consiglio. L’ho fatto per senso di responsabilità, per senso dello Stato. L’ho fatto per evitare all’Italia un nuovo attacco della speculazione finanziaria. L’ho fatto senza essere mai stato sfiduciato dal parlamento, anzi avendo ottenuto più volte la fiducia della Camera e del Senato dove possiamo contare tutt’ora sulla maggioranza assoluta.

È stato, consentitemi di dirlo, triste vedere che un gesto responsabile e se permettete generoso come le dimissioni sia stato accolto con fischi e con insulti. Ma per le centinaia di manifestanti che erano ieri in piazza, milioni di italiani sanno che abbiamo fatto in coscienza tutto il possibile per preservare le nostre famiglie e le nostre imprese dalla crisi globale che ha colpito tutti i Paesi avanzati, non soltanto il nostro.

Ringrazio comunque gli italiani. Grazie per l’affetto, per la forza che ci avete trasmesso e che ci hanno permesso di raggiungere molti degli obiettivi che ci eravamo prefissi fin dal 1994, dal giorno in cui annunciai la mia discesa in campo. Quel giorno ha cambiato la storia dell’Italia. Al credo politico che pronunciai allora non sono mai, mai, venuto meno. Fu, e rimane, una dichiarazione d’amore per l’Italia. Dissi: «L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà».

Non cambio una virgola di quelle parole. Quell’amore e quella passione sono immutati. Per l’Italia come società libera, di donne e uomini, dove non ci sia la paura, dove al posto dell’invidia sociale e dell’odio di classe stiano la generosità, l’amore per il lavoro, la tolleranza, il rispetto della vita, la solidarietà, che è figlia della giustizia e della libertà. Sulla base di quelle idee, i nostri concittadini mi hanno scelto per guidare governi che sono stati i più longevi nella storia della Repubblica. I governi che prima duravano in media meno di un anno appartengono ormai al passato. Gli italiani conoscono adesso la stabilità e l’alternanza. Ed è chiaro a tutti che oggi non esiste un’alternativa politica rispetto al nostro governo che ha servito l’Italia col supporto della maggioranza espressa dal voto degli italiani. Al tempo stesso, nella libertà e responsabilità delle nostre decisioni, e secondo il principio di delega parlamentare che è il cuore del processo democratico in Italia, siamo pronti a favorire gli sforzi del Presidente della Repubblica per dare subito al paese un governo di elevato profilo tecnico, reso forte da un largo consenso parlamentare. Noi faremo quindi il nostro dovere.

È arrivato però il momento di mettere alle spalle ogni faziosità ed ogni gratuita aggressività personale. Dobbiamo, uniti, far fronte a una crisi che non è nata in Italia, che non è nata sul nostro debito, che non è nata dalle nostre banche, che non è nata neppure in Europa. È una crisi che è diventata crisi della nostra moneta comune, l’euro, che non ha il sostegno che ogni moneta deve avere, cioè quello di una banca prestatore di ultima istanza, garante della moneta, come invece hanno ad esempio le altre monete, il dollaro e la sterlina. Questo deve diventare la Bce, la Banca centrale europea, se vogliamo salvare l’euro e con esso l’Europa.

L’Italia e gli italiani comunque devono realizzare al più presto le riforme concordate con l’Europa per uscire più forti da questa prova. Qualunque sia il prossimo governo, nessuno potrà portarci via la nostra sovranità e la nostra autonomia nelle decisioni. Siamo un grande Paese. In Italia sono nate le università, è nato il sistema bancario moderno, l’Italia è tra i fondatori della comunità europea. E noi saremo come sempre al servizio dell’Italia.

A quanti hanno esultato per quella che hanno definito la mia uscita di scena, voglio dire con grande chiarezza che da domani raddoppierò il mio impegno in Parlamento e nelle istituzioni per rinnovare l’Italia. Non mi attendo riconoscimenti, ma non mi arrenderò finchè saremo riusciti a modernizzare l’Italia riformando la sua architettura istituzionale, il suo sistema giudiziario, il suo regime fiscale, finchè non saremo riusciti a liberare il nostro Paese dagli egoismi e dalle incrostazioni ideologiche, dalle incrostazioni corporative che gli impediscono di sviluppare tutte le sue meravigliose qualità e potenzialità. A tutti l’augurio di poter trasformare in realtà i sogni e i progetti che portate nel cuore, per voi e per i vostri cari. Viva l’Italia, viva la libertà".