“L’asse Musharraf-Bhutto è l’unica barriera contro l’estremismo islamico”
19 Ottobre 2007
di redazione
Intervista a Margherita Boniver
L’islam radicale ha accolto l’ex premier Benazir Bhutto, di ritorno in Pakistan nella sua Karachi dopo anni di esilio tra Londra e Dubai, con una sanguinosa azione terroristica costata la vita, secondo le stime ufficiali, a oltre 130 persone e che ha provocato più di 400 feriti. Con Margherita Boniver, già sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi e oggi deputata di Forza Italia, approfondiamo la questione pakistana alla luce degli ultimi sviluppi.
Qual è lo stato della sicurezza in Pakistan?
Il Pakistan è in preda alle convulsioni. Attentati terroristici e tumulti si susseguono da mesi e mesi in ogni angolo del paese. Basta ricordare l’ultimo tentativo di uccidere Musharraf, le continue contestazioni, anche violente, nei suoi confronti, l’episodio della Moschea Rossa, per non parlare dei rapimenti di soldati, e delle altre decine di episodi minori di cui non si sa nulla, che avvengono quasi quotidianamente nella zona al confine con l’Afghanistan. Tutto questo naturalmente è dovuto al fatto che l’estremismo islamico ormai sta dilagando e sembra fuori controllo.
Che significato può essere attribuito all’attacco di ieri al corteo che accompagnava Benazir Bhutto?
L’Islam radicale ha cercato di colpire la riconciliazione tra la Bhutto e Musharraf ispirata dagli Stati Uniti. L’asse tra l’ex premier e il presidente è al momento l’unica barriera in grado di arginare l’estremismo religioso, a condizione che rimangano illesi entrambi. La leadership di Musharraf nel tempo è andata logorandosi e oggi come mai in passato il presidente si trova in condizioni di debolezza. Il ritorno della Bhutto serve a rafforzare il fronte della guerra ad Al Qaeda e ai talebani.
Musharraf dopo l’attentato ha parlato di “complotto contro la democrazia”.
L’accordo tra Musharraf e la Bhutto dovrebbe, soprattutto nelle intenzioni degli americani, accelerare la transizione del Pakistan alla normalizzazione in senso democratico. Se la Corte suprema respingerà le istanze degli oppositori di Musharraf, la sua recente riconferma alla presidenza diverrà definitiva e, come stabilito con la Bhutto, Musharraf abbandonerà il suo status militare in modo da riconsegnare a un civile la massima carica dello stato. Inoltre, l’accordo prevede la ridefinizione degli equilibri di potere tra la presidenza e il parlamento a favore di quest’ultimo. Va da sé che Musharraf nominerà la Bhutto primo ministro.
Che caratteristiche ha il Partito Popolare Pakistano (Ppp) guidato dalla Bhutto?
Il Ppp è un partito molto radicato a livello territoriale, malgrado l’esilio della sua leader, ha già guidato a lungo il Pakistan e ha una classe dirigente secolarizzata di primo livello, formatasi nelle migliori università del paese e in Inghilterra.
Come spiega l’ascesa di una figura femminile al vertice politico in un paese come il Pakistan dalla radicata cultura islamista?
Benazir Bhutto non deve stupire perché non è il primo caso di donna che assume importanti incarichi politici all’interno di un paese dalla forte presenza musulmana. La religione in questo caso non c’entra affatto. Si pensi a Indira e Sonia Gandhi in India, allo Sri lanka della Bandaranaike e al Bangladesh di Khaled Zia. Va detto però che queste figure femminili sono emerse non solo per propri meriti, ma anche perché esponenti di potenti dinastie che tradizionalmente gestiscono il potere.
Com’è cambiato il Pakistan dall’inizio della guerra al terrorismo?
Conosco bene il Pakistan dove mi sono recata più volte soprattutto nelle vesti di sottosegretario. L’11 settembre del 2001 mi trovavo proprio ad Islamabad in visita ufficiale. L’atmosfera nelle città, soprattutto nella capitale, è divenuta sempre più tesa; gli alberghi sono blindatissimi e le misure di sicurezza imponenti. La popolazione vive una condizione di ansia e instabilità costante, lacerata dalla conflittualità politica permanente e martoriata dal terrorismo. L’economia è in forte espansione, ma la crescita non è omogenea e larga parte della popolazione soffre d’indigenza.