L’assunzione di debito ha contribuito ad aprire il vaso di Pandora della crisi
16 Dicembre 2011
La crisi economica-finanziaria, le cui avvisaglie si potevano forse percepire già da accadimenti precedenti, tra i quali la caduta incredibile della Enron in America, scaturita poi nei mutui sub-prime è stata netta e devastante. Molti si sono prestati nel cercare di individuare le sue motivazioni. Sembrerebbe essenziale concentrarsi su un punto tra i diversi possibili quale l’assunzione di debito.
Bisogna considerare come la crisi iniziata nel 2007 si sia evoluta in quella attuale individuata come la crisi dei debiti sovrani. Più in generale, la crisi finanziaria che sta conoscendo l’Europa, e che vede nella Grecia e purtroppo anche nell’Italia la sua espressione, è di rilevanza notevole e spunto di importanti riflessioni. Tra le pieghe e le diverse fasi di questo lungo crollo pare esserci una base comune ed in particolare quella delle posizioni debitorie. Nello stadio individuato dalle frizioni sui mutui sub-prime, appare evidente come l’eccessiva propensione da un parte delle famiglie ad indebitarsi e dall’altro delle istituzioni finanziarie a sovra-incentivare tale posizioni abbia comportato delle situazioni finanziarie non più sostenibili, lontane dalla corrette procedure di valutazione di piani di finanziamento, ammortamento e delle relative garanzie che, data la stretta correlazione tra finanza ed economia reale, hanno innescato una recessione.
Questa prima fase sembra aver mostrato agli investitori un nervo scoperto e creato domande cruciali. In particolare se per le banche statunitensi le operazioni di investimento sicure come la concessione di mutui iscritti su "prime case" si siano verificate rischiose, gli agenti si sono domandati se ci fosse la possibilità che sul mercato finanziario esistessero altre strategie di investimento adottate e ritenute a basso rischio ma con caratteristiche simili. Ed i fari si sono accesi su investimenti considerati a basso rischio o addirittura risk free come l’acquisito di titoli di Stato. La revisione di queste strategie e della loro tenuta ha spinto, presumibilmente, verso la seconda fase della crisi.
Ciò può mostrare come, sia nel caso dei sub-prime che nel caso degli Stati l’assunzione di posizioni debitorie, possono comportare dei rischi e delle difficoltà per le economie reali. In particolare, l’Italia aveva assunto negli anni un assetto più o meno stabile perché a fronte di un soggetto economico, lo Stato, con un rilevante debito esistevano consistenti posizioni compensative di "risparmio" tenute della popolazione.
L’importazione di modelli esteri e lo sviluppo di strategie di investimenti ed acquisti assunte dalle famiglie allo "scoperto", l’erosione di circa la metà della propensione marginale al risparmio hanno mostrato le difficoltà nel fronteggiare una fase di recessione rispetto ai casi passati. Non è forse eccessivo sostenere che i motivi dell’attuale situazione italiana dipendano anche da quanto appena sostenuto.
La crisi ha cosi mostrato come la contrazione di finanziamenti debba essere valutata prevalentemente nella loro quantità e che bisognerebbe tornare a stimare l’opportunità degli stessi secondo il loro livello di costo (non inteso solo come tasso di interesse dovuto ma anche in relazione alla situazione economica finanziaria che la loro presenza può comportare ed al loro costo-opportunità).
Bisognerebbe riscoprire insegnamenti di amministrazione e di gestione sane e prudenti messe in praticata secondo il principio, sancito anche dal codice civile italiano, del "buon padre di famiglia". Per questo, così come un comune agricoltore comprende e sa che per le produzioni future è necessario accantonare parte del raccolto al fine di utilizzarlo come sementi per l’anno venturo – e che più ne accantona maggiore prodotto avrà, allo stesso modo bisogna tornare a far comprendere alle famiglie che la più sana strategia è quella di cercare di risparmiare, al fine di garantire a sé e all’intero sistema economico la possibilità di investire nel futuro. Gli investimenti basati solo su assunzioni di posizioni debitorie abbassano il proprio potere di contrarne altre ed indeboliscono la struttura.
Esattamente ciò che si verificherebbe se l’agricoltore prendesse in prestito interamente tutte le sementi da "investire". Da un lato, se il raccolto sarà ricco, egli riuscirà a ripagare il prestito e beneficiare del raccolto. Ma se il raccolto, anche per motivi esogeni, risulterà scarso o addirittura nullo, di conseguenza egli si esporrà a molteplici rischi. In effetti, da un lato, il contadino non sarà in grado di onorare il prestito; dall’altro, non avrà raccolto per sé ed in più avrà pregiudicato la propria capacità di prendere a prestito e di produrre per il futuro.
Inoltre, purtroppo la consistente incertezza che regna nei sistemi economici invita ad abbassare le probabilità attese che l’evento di massimo raccolto si verifichi. Di converso sementi del proprio risparmio (anche se non per la totalità) consentono di affrontare periodi di crisi e di scarsa produttività lasciando le posizioni invariate e sperando in future e migliori produttività.
L’esempio emblematico è dato dai Paesi con basso debito che, anche se interessati dalla crisi (soprattutto se legati da accordi internazionali ad altri Paesi: vedi la Germania), riescono ad affrontare in un modo migliore le fasi di recessione. La crisi mostra come ci sia la necessità di tornare ad antiche consuetudini e regole amministrative. Bassi debiti ed investimenti fondati sul risparmio.