Latina: “la città del Duce” non vuole andare a sinistra
13 Maggio 2016
di Tonio Kröger
Latina potrebbe essere denunziata per “apologia di fascismo”. La capofila delle “città del Duce” conserva indelebile la sua traccia originaria che, però, all’occhio del visitatore appare come sbiadita, consunta, corrotta dagli interventi successivi: quelli di epoca repubblicana, per intenderci. E questa non è solo una sensazione. E’ il riassunto dell’odierna situazione politica.
Il comune di Latina, un po’ per nostalgia un po’ per composizione sociale, ha sempre votato a destra. Ha conosciuto, in un passato neanche troppo remoto, sindaci mitici e percentuali bulgare. Poi si è spenta la luce. E’ finita la stagione dei gattopardi. E’ iniziata quella degli sciacalli.
Le due ultime giunte sono cadute prima del tempo. L’ultima – dicono in città – per ragioni che nulla hanno a che vedere con problemi amministrativi. Sullo sfondo, le sorti della società partecipata Acqualatina. Forza Italia, per non perderne il controllo, avrebbe saldato un accordo col Pd e a farne le spese sarebbero state quelle amministrazioni comunali – Latina in testa – che dopo la diaspora del PdL non garantivano più la continuità nella gestione della ricca partecipata.
Le ferite sono rimaste aperte. Basta dare uno sguardo al parterre dei candidati sindaci per comprenderlo: undici proposte, e fra queste ben sei con qualcosa che le ricollega all’universo dell’ex-PdL. Dall’altra parte c’è il Pd mentre si sono liquefatti i grillini, esclusi dalla competizione perché la lista non ha ricevuto il beneplacito dei vertici nazionali.
Facile far di pronostico: al ballottaggio il Pd passa quasi certamente mentre l’altra piazza se la contenderanno Nicola Calandrini e Alessandro Calvi. Il primo guida una coalizione della quale fanno parte Fratelli d’Italia, Noi con Salvini e Cuori italiani-Movimento Idea; il secondo è espressione di Forza Italia. Avrebbero dovuto tutti insieme fare le primarie, ma non è stato possibile.
All’ultimo, Forza Italia si è sfilata. Gli altri sono andati avanti e da allora marciano uniti e compatti nonostante i tentativi di dividerli non siano certo mancati. Noi siamo andati ad assistere alla presentazione della lista Cuori Italiani-Idea: quella messa su da Enrico Tiero che, proveniente da Ncd, ha seguito Augello e Quagliariello quando hanno lasciato Alfano al suo destino renziano.
Per chi arrivava da Roma sembrava di assistere a un gioco di specchi. Sul palco, infatti, vi erano Augello (Cuori Italiani), Ciocchetti (Conservatori e Riformisti), Quagliariello (Idea), Alfonso (Italia Unica): tutta gente che a Roma appoggia Alfio Marchini. In luogo di Forza Italia, però, qui c’erano Fratelli d’Italia e Noi con Salvini. Come dire: il nucleo civico e dei “partiti nuovi” è rimasto compatto; i partiti tradizionali del vecchio centrodestra si sono invece scambiati i ruoli rispetto alle vicende capitoline.
Per aiutare a comprendere il fenomeno, però, più della politica poté il “clima”. Quell’area casalinga e un po’ paesana fatta di sincero entusiasmo, di pulito, di voglia di portare il proprio contributo al risultato comune. Tutti e trentadue i candidati hanno preso la parola. Ventisette i debuttanti che tra un impaccio, un rossore, una balbuzie di troppo hanno espresso un concetto meglio che se avessero imparato un discorso a memoria: restare nel solco del centro-destra e, per farlo, necessità di ricominciare da capo.