L’attacco a Sanaa mostra la geometrica potenza di Al Qaeda nello Yemen
23 Maggio 2012
Un attentato senza precedenti. Già, la recrudescenza dell’azione terroristica di lunedì scorso nella capitale dello Yemen, Sanaa, ha assunto i contorni di un vero e proprio eccidio: un soldato-kamikaze al servizio dell’Al Qaeda yemenita (AQAP) si è fatto esplodere tra i suoi commilitoni che erano sul punto di concludere le prove della parata militare di festeggiamento della riunificazione tra lo Yemen del Nord e del Sud. Il bilancio è pesantissimo: novantasei morti e duecento feriti. Illeso il ministro della Difesa yemenita, Mohamed Nasser Ahmed, sebbene stesse partecipando alle prove. Una parata di basso profilo si è poi svolta regolarmente nella giornata di martedì e, per fortuna, senza ulteriori attacchi grazie soprattutto al tempestivo arresto delle forze di sicurezza locali di due kamikaze pronti a farsi esplodere.
L’attacco di lunedì è stato subito rivendicato da ‘Ansar al Sharia’ (letteralmente, i ‘Partigiani della Sharia’), un gruppo islamico radicale strettamente legato ad AQAP e capace, a seguito dell’indebolimento del governo centrale post-primavere arabe dello scorso anno, di ritagliarsi una non irrilevante presenza politico-militare nel Sud della Penisola. Un’azione, sempre secondo il messaggio di rivendicazione, diretta conseguenza dei ‘crimini’ commessi dall’esercito regolare yemenita negli ultimi mesi. In contemporanea, Ansar al Sharia ha altresì rivendicato un altro attentato nei confronti di alcuni istruttori militari americani presenti nell’Ovest del Paese, a Hodeida. Fonti diverse, al riguardo, hanno rilasciato pareri discordanti sui feriti: tre secondo i terroristi; solo uno per le fonti locali della sicurezza.
Immediate le reazioni delle Autorità governative e della Comunità internazionale: il Presidente yemenita, Abd Rabbo Mansur Hadi, ex vice di Saleh succedutogli al potere lo scorso Febbraio, ha affermato che, d’ora in avanti, contro i terroristi “le forze armate saranno ancora più dure e determinate”. Netta anche la condanna del Segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, secondo cui “questo atto criminale non può essere giustificato da nessuna causa”. Infine, Obama. Impegnato ormai da tempo nel teatro yemenita con la sua personalissima ‘guerra dei droni’ (gli aerei senza pilota), il Presidente statunitense in carica si è dichiarato “preoccupato per l’attività terroristica nel Paese. Continueremo tuttavia a lavorare con il governo yemenita – ha proseguito Obama – per identificare i vertici di Al Qaeda, le sue mosse nel Paese e provare a contrastarle. È importante per la sicurezza degli Stati Uniti. E anche per la stabilità dello Yemen e della regione”.
L’esempio di Sanaa mostra con grande evidenza la pericolosità e la presenza nel territorio yemenita di AQAP e delle organizzazioni affiliate come Ansar al Sharia. Nonostante le morti di Osama Bin Laden e di Anwar al Awlaki – americano di origine yemenita (ex) probabile successore di Bin Laden alla guida di Al Qaeda – uccisi rispettivamente a Maggio e a Settembre del 2011, abbiano in un certo qual modo fiaccato le attività terroristiche di Al Qaeda (e delle altre forze ‘satelliti’), nella Penisola araba gli islamici radicali sembrerebbero essere ancora in ottima salute. Sotto l’aspetto politico-militare, ciò evidentemente dipende da taluni fondamentali fattori: anzitutto, l’ampio malcontento socio-economico presente in buona parte della popolazione ha provocato un aumento esponenziale delle zone sotto il controllo qaedista, un aumento possibile grazie all’offensiva del Marzo 2011 degli Insurgents di Ansar al Sharia. Ciò ha gettato le basi affinché una striscia di territorio (situata nel Sud del Paese) venisse interamente occupata dai miliziani del gruppo collegato ad Al Qaeda. Miliziani, tra l’altro, mai veramente sconfitti dall’esercito regolare.
Inoltre, un coacervo di tumulti interni, sempre posteriori allo ‘sbocciare’ della primavera araba yemenita (si stava meglio quando si stava peggio?) di tipo politico, territoriale e, addirittura, settario, è come se avesse distolto l’attenzione del governo dalla serrata e imprescindibile lotta contro il terrorismo islamico, rendendo nel contempo molto più consapevoli della propria forza AQAP e Ansar al Sharia. E ancora: nonostante i successi delle operazioni americane anti-terrorismo nel Paese – successi dovuti principalmente all’utilizzo dei droni – le azioni di Al Qaeda hanno potuto proseguire senza grandi problemi, con una nuova generazione di terroristi subito pronta a sostituire i leader uccisi.
Insomma, almeno per ora pare essere servita a poco la ‘drone war’ di Barack Obama. Al Qaeda, nella Penisola araba, è ancora molto presente. I 100 morti di Sanaa ne sono la lampante dimostrazione.