L’attentato di Sarajevo ricorda che esiste il rischio wahabita nei Balcani
05 Novembre 2011
di Lavdrim Lita
L’attacco terroristico di una settimana fa a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina – nel quale un uomo conosciuto come Jasarevic Mevlid, 23 anni, ha aperto il fuoco contro l’ambasciata americana nel quartiere di Marijn Dvor – ha dato occasione per una riflessione sulle infiltrazione del wahabismo, la corrente dominante dell’islam in Arabia Saudita presente in Bosnia.
All’indomani dell’attacco dell’estremista islamico serbo contro l’ambasciata Usa a Sarajevo, la polizia della Serbia ha arrestato 17 persone nella regione a maggioranza musulmana di Sangiak. "All’alba è stata lanciata una retata contro il movimento islamico wahabita nelle zone di Novi Pazar, Sjenica e Tutin", ha riferito il ministro dell’Interno di Belgrado, Ivica Dacic.
Le tre città della Serbia sud-occidentale ospitano folte comunità musulmane. Per correttezza dobbiamo dire che gli estremisti radicali wahabiti, come il terrorista Jasarevic, non rispecchiano il wahabismo in generale, ma appartengono a un’ala radicale del movimento wahabita e del fondamentalismo islamico che ora si esprime come uno dei pericoli più grandi per la stabilità e la sicurezza balcanica (e di riflesso europea).
Perciò sarebbe del tutto sbagliato identificare il wahabitismo con l’islam in generale con queste fazioni terroristiche islamiche alle quali è contraria anche la stragrande maggioranza di musulmani del mondo.
Tuttavia l’infiltrazione dei militanti radicali nei Balcani, tra cui Bosnia, Serbia, Kosovo, Macedonia, e Montenegro, ha causato una forte preoccupazione che la regione possa trasformarsi in un terreno fertile per i terroristi, con facile accesso verso l’Europa occidentale e negli Stati Uniti.
Inoltre le autorità nei vari paesi dei Balcani occidentali dicono che non tutti i radicali sono parte del wahabismo estremista. Esperti di anti-terrorismo affermani che la diffusione di idee radicali anti-occidentali nell’insegnamento wahabita possono partorire cellule terroristiche che si mettano al servizio di militant fondamentalisti in Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan.
Come sappiamo, ci sono stati vari incidenti. A marzo un giovane kosovaro col nome di Ardi Uka ha ucciso 2 militari Usa davanti all’aeroporto di Francoforte per vendicarsi dell’intervento Usa in Afghanistan.
Il nonno di Uka è un noto imam wahabita nel villaggio di Zhabar, a Mitrovica. Nel 2007 in Macedonia durante un raid della polizia in un campo di sospetti terroristi è stata trovata una grande quantità di armi e munizioni. Dodici membri della cellula sono stati arrestati e condannati.
Nei Balcani ci sono alcuni nuclei wahabiti estremisti e legati alla sfera di influenza del mondo arabo, non a quella turca; benché minoritari, sono presenti nelle zone rurali e arretrate e non nei centri urbanizzati e anche per questo sembrano incapaci di esercitare un vero appeal sulla popolazione.
La minaccia wahabita è un’ideologia islamica radicale e aggressiva, contigua al terrorismo internazionale. Dopo l’undici Settembre, l’attenzione dei media e in gran parte della comunità degli analisti strategici sembra doversi necessariamente concentrare sulla valutazione del rischio della minaccia del fondamentalismo islamico nei Balcani.