“L’attuale legge elettorale non è incostituzionale”
20 Febbraio 2008
di redazione
Dall’alto
della sua esperienza il Presidente emerito della Corte Costituzionale Annibale
Marini, primo firmatario dell’appello “per la difesa delle istituzioni
democratico – rappresentative”, non usa giri di parole: “l’incostituzionalità%0D
dell’attuale legge elettorale avrebbe come conseguenza l’illegittimità sia del
Parlamento in carica che di quello che ci si appresta ad eleggere il 13 e 14
aprile”.
Presidente Marini, nei giorni scorsi
ha sottoscritto con un gruppo di costituzionalisti un appello per la difesa
delle istituzioni rappresentative.
“Si trattava
di richiamare l’attenzione su un problema di grande rilievo e cioè, come ho
detto, sul fatto che l’ipotizzata incostituzionalità dell’attuale legge
elettorale comporterebbe l’illegittimità sia dell’attuale Parlamento che di
quello futuro. E ci sarebbero dubbi sulla possibilità che un Parlamento
illegittimo possa poi approvare una nuova legge elettorale sostitutiva di
quella in base alla quale è stato eletto”.
I sostenitori di questa tesi
affermano di essere confortati da una recente sentenza della Corte
Costituzionale. E’ così?
“Si dice che
la tesi dell’illegittimità sarebbe confortata dalla recente sentenza della
Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei referendum elettorali. Ora, è vero
che c’è un passo della sentenza in cui – come del resto avviene di frequente –
la Corte ha indirizzato un monito al legislatore invitandolo a considerare
l’opportunità che venga introdotta, in caso di riforma della legge elettorale,
una soglia minima per l’attribuzione del premio di maggioranza. Ma da qui ad
ipotizzare l’incostituzionalità della attuale legge elettorale mi sembra che
corra una grande differenza”.
Qual è la ragione giustificativa del
monito della Corte?
“La ragione
mi sembra quella di evitare che il premio di maggioranza venga attribuito o,
meglio, possa essere attribuito ad una formazione con una modesta percentuale
di voti e, quindi, priva della necessaria rappresentatività. Si tratta,
peraltro, di una ipotesi puramente teorica che si potrebbe realizzare solo
qualora tutte le formazioni politiche che partecipano alla competizione
elettorale ottengano una bassa percentuale di voti”.
Proseguiamo il ragionamento in linea
teorica, e supponiamo che un caso limite come quello appena descritto si
verifichi.
“Premesso
che l’ipotetica incostituzionalità della vigente legge elettorale dovrebbe
comportare anche quella dei sistemi uninominali, in realtà a me sembra che né
il sistema uninominale né il premio di maggioranza portino, comunque, alla
eliminazione delle minoranze, essendo solo diretti ad assicurare la
governabilità del Paese. Si tratta di sistemi che possono essere, dunque,
criticati nel merito, ma non sotto l’aspetto della loro legittimità
costituzionale”.
C’è poi da considerare che il Capo
dello Stato questa legge l’aveva comunque firmata…
“Proprio
così. Ed anzi voglio aggiungere che Ciampi è stato uno dei Presidenti più
scrupolosi ed attenti all’osservanza della Costituzione come risulta, tra
l’altro, dai numerosi rilievi di costituzionalità che ha mosso a diverse leggi
compresa quella di cui stiamo discutendo nella parte in cui prevedeva un premio
di maggioranza calcolato su base nazionale anziché regionale”.
Da più parti, dal Quirinale in
primis, si sente parlare dell’esigenza di porre mano ad un’organica e più
complessiva riforma istituzionale. Cosa ne pensa?
“La nostra
Costituzione mentre nella prima parte, quella cioè relativa ai diritti, è tra le
più moderne ed avanzate, necessita invece, quanto alla seconda parte, riguardante
l’organizzazione dello Stato, di qualche incisiva riforma. Valutazione, questa,
comune a tutte le forze politiche. Basti pensare al bicameralismo perfetto e
alla necessità di differenziare il ruolo delle due camere, alla generalmente
condivisa inutilità delle provincie, alla necessità di rafforzare il ruolo del
Presidente del Consiglio. Vi sono, poi, riforme che potrebbero essere
immediatamente realizzate senza toccare la Costituzione quale, ad esempio,
quella dei regolamenti parlamentari che consentono la incontrollata proliferazione
dei gruppi parlamentari con tutto ciò che tale proliferazione comporta in tema
di immagine per la pubblica opinione e di governabilità.
In questo contesto come valuta lo
sforzo di semplificazione del quadro politico che è in atto nel nostro Paese?
“Si tratta
di uno sforzo meritorio che deve essere approvato e condiviso indipendentemente
dal responso delle urne e che nel lungo periodo è destinato ad allineare il
nostro Paese a quelli più moderni ed avanzati”.
Cosa risponde ai piccoli partiti che
continuano a rivendicare il proprio diritto ad esistere e a preservare la
propria identità?
“I piccoli
partiti che talora sono di antiche tradizioni possono realizzare le loro
istanze, spesso di grande significato socio-economico, all’interno di più ampie
ed estese formazioni. E ciò nella direttiva della semplificazione del quadro politico
e della razionalizzazione del funzionamento dello Stato e delle sue
articolazioni”.
In che senso presidente Marini?
“Faccio un
esempio: lei sa che nonostante tutta la classe politica (senza eccezione) si sia
dichiarata favorevole all’abolizione delle province, non solo le province non
sono state abolite, ma sono addirittura aumentate? Così ad un livello
inferiore, ci sono ospedali, Università e uffici giudiziari la cui dislocazione
risponde solo a logiche localistiche, mentre sarebbe necessario collocarli in
efficienti unità operative dotate di grandi mezzi. In questo quadro si dovrebbe
affrontare il problema, ormai indilazionabile, della ristrutturazione degli
uffici giudiziari, che tra l’altro è una esigenza avvertita dagli stessi
giudici e che servirebbe a realizzare una giustizia più rapida e, quindi, più
giusta”.
Non è proprio questo tipo di
degenerazioni che la cosiddetta antipolitica sembra essersi fatta carico di
denunciare?
“L’antipolitica
è alimentata da questo stato di cose. Ma la soluzione non è quella di un
diffuso scetticismo e di una disaffezione per le sorti del nostro Paese;
occorre, invece, confidare, ed in tal senso è il mio augurio più fervido, che la
prossima legislatura si trasformi nell’occasione giusta per un dialogo tra le
forze politiche e, quindi, per tutte quelle riforme necessarie al migliore
funzionamento delle nostre istituzioni democratiche e rappresentative”.