L’autobomba di Times Square era a due passi dalla sede di “South Park”

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L’autobomba di Times Square era a due passi dalla sede di “South Park”

03 Maggio 2010

Si chiama Duane Jackson ed è un veterano del Vietnam il venditore di magliette che due giorni fa ha lanciato l’allarme salvando New York da un nuovo attacco terroristico. Sabato pomeriggio, Jackson vede un filo di fumo uscire da un Suv parcheggiato nei pressi di Times Square. S’insospettisce a avverte un poliziotto a cavallo che a sua volta, rendendosi conto di quello che sta accadendo, lancia l’allarme. (Per questa avvedutezza, il Presidente Obama si è complimentato di persona con Jackson). Times Square viene evacuata, con scene di panico che ricordano quelle dell’11 Settembre. Un robot si avvicina all’auto e gli artificieri scoprono che nel Pathfinder Nissan ci sono propano, benzina, fili elettrici, fuochi artificiali legati attorno alle taniche, due orologi a batteria. Un innesco che, se fosse scoppiato, avrebbe provocato una “palla di fuoco” capace di mietere chissà quante vittime.

In un primo tempo, il sindaco Bloomberg getta acqua sul fuoco dicendo che la bomba è “amatoriale” ma nella giornata di ieri sia segretario alla sicurezza interna, Janet Napolitano, che il governatore dello Stato di New York, David Paterson, intervengono per annunciare che si è trattato di un "atto terroristico" di cui non è ancora chiara la matrice. Secondo il portavoce della Casa Bianca Gibbs si è trattato di un attacco "estremamente grave". Di certo c’è che la polizia scientifica sta già lavorando sul video che mostra l’arrivo della macchina nel parcheggio, e sull’identità del misterioso guidatore che si è dileguato senza lasciare traccia. Un uomo bianco sulla cinquantina d’anni, secondo il capo della polizia Kelly. Ieri un sito vicino ai Talebani del Pakistan ha rivendicato l’attacco, come ritorsione per l’uccisione dei leader di Al Qaeda in Iraq e dei recenti omicidi mirati condotti dai droni americani. Il capo Kelly ha smentito la rivendicazione.

Il luogo in cui è stato parcheggiato il Suv alimenta altri sospetti sulle cause dell’attacco. Siamo a Broadway, sulla 45esima Strada, nel distretto della vita notturna newyorkese, a due passi dall’edificio in cui ha la propria sede Viacom, il colosso dell’intrattenimento che nei giorni scorsi aveva trasmesso la puntata di South Park in cui si vede Maometto con le fattezze di un orso. La tesi della ritorsione contro Viacom è stata rilanciata ieri dal deputato repubblicano Peter King, uno dei membri della Commissione Intelligence della Camera. Fonti del Bureau confermano che l’FBI sta seguendo questa pista. Dopo essere stata minacciata dai fondamentalisti, Viacom aveva depurato il cartone animato da qualsiasi riferimento al Profeta dell’Islam.

“La cosa importante da ricordare – scrive l’inglese Telegraph – è che, dal punto di vista dei jihadisti, il vero campo di battaglia è New York, Londra o Parigi”. Il fallito attentato al Volo Delta del Natale scorso, l’arresto di Najibullah Zazi che preparava un attacco alla metropolitana di New York, quello di Wesam El-Hanafi e Sabirhan Hasanoff (avvenuto la settimana scorsa) due ‘colletti bianchi’ entrambe cittadini americani accusati di aver ricevuto assistenza tecnica da Al Qaeda via Yemen, e quello di Hosam Mather Husein Smadi, un clandestino proveniente dalla Giordania accusato di aver preparato un attentato a Dallas, sono solo gli ultimi casi che dimostrano come, dieci anni dopo l’11 Settembre, l’America è ancora sotto tiro. I terroristi che vogliono colpirla non hanno bisogno di un comando centrale. Sono soldati che si muovono da soli in attesa che venga il loro momento. Sembra quindi che, presto o tardi, l’America potrebbe trovarsi a piangere nuovi morti sul suo territorio.