L’autunno caldo di Obama passa per la Virginia e il New Jersey

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L’autunno caldo di Obama passa per la Virginia e il New Jersey

05 Ottobre 2009

Gli analisti politici statunitensi, ormai da qualche settimana, si esercitano nel prefigurare ipotesi di sconfitta (più o meno) catastrofica per il partito democratico alle elezioni di mid-term nel 2010. Complice la progressiva perdita di popolarità del presidente Obama, almeno secondo i sondaggi, qualcuno si azzarda addirittura a paragonare il prossimo ciclo elettorale con quello – sempre di mid-term – del 1994, che portò i repubblicani, guidati da Newt Gingrich e spinti dal Contract with America, alla maggioranza in entrambi i rami del Congresso. Costringendo, inoltre, il presidente Clinton a quella “svolta centrista” che avrebbe caratterizzato i rimanenti tre quarti del suo doppio mandato.

Il novembre 2010, però, è francamente ancora troppo lontano per esercitarsi in previsioni così estreme. Anche perché c’è un altro novembre, quello del 2009, che potrebbe riservare a Obama – e ai democratici – qualche sgradevole sorpresa anticipata. Quest’anno, infatti, si vota per eleggere i governatori di Virginia e New Jersey, oltre che il sindaco di New York. E se il primo cittadino della Grande Mela non sarà un repubblicano, visto che Bloomberg ha abbandonato il partito ormai da qualche mese, è anche vero che a perdere la sfida sarà certamente un democratico, perché lo sfidante William Thompson non sembra avere nessuna chance contro il successore di Rudy Giuliani, che veleggia ormai da tempo intorno ai 15 punti percentuali di vantaggio nei confronti dell’avversario.

La vera partita politica, quella potenzialmente in grado di avere un impatto sulle dinamiche a livello nazionale, si gioca in Virginia e New Jersey, due purple state vinti da Obama alle presidenziali del 2008 rispettivamente con 6 e 15 punti di distacco nei confronti di McCain. La Virginia, strappata ai repubblicani dopo decenni di dominio, i democratici sembrano in svantaggio. A parte un paio di rilevazioni a giugno, il repubblicano Robert McDonnell (ex attorney general dello stato) è stato davanti nei sondaggi per tutto il 2009. Mentre il democratico Creigh Deeds (sconfitto proprio da McDonnell nel 2005 nella corsa ad attorney general) non è mai riuscito a sfiorare il 50% dei consensi, scivolando molto spesso al di sotto del 40%. Nelle ultime settimane, grazie anche a una poderosa campagna di stampa anti-McDonnell capitanata dal Washington Post (giornale molto letto, soprattutto nel nord della Virginia), Deeds sembrava aver recuperato terreno. Ma gli ultimi due sondaggi di SurveyUsa e Rasmussen Reports hanno restituito al candidato repubblicano un vantaggio in doppia cifra. Perdere la Virginia immediatamente dopo averla “conquistata”, per i democratici, sarebbe uno smacco molto pesante, anche a livello nazionale.

Ma la “tragedia”, per Obama e gli obamiani, arriverebbe in caso di sconfitta nel New Jersey. Il Garden State è un posto strano: in ogni tornata elettorale, da almeno una decina d’anni, i repubblicani sembrano avvicinarsi alla possibilità di vittoria, per poi ritrovarsi regolarmente (e sonoramente) sconfitti nel giorno del voto. Quest’anno, poi, il presidente si è speso molto per caldeggiare la rielezione del governatore John Corzine, che però ha degli indici di popolarità estremamente bassi. Tanto che, anche in questo caso, lo sfidante repubblicano Christopher Christie (uscito vincente dalle primarie, particolarmente combattute, del GOP) è stato in testa in ogni sondaggio per tutto il 2009. Christie, che durante l’estate veleggiava oltre il 50% dei consensi, ha subito nell’ultimo mese una forte battuta d’arresto. Ma di questo rallentamento non sembra aver beneficiato Corzine, che sembra ormai strutturalmente incapace di superare la quota del 40%. La corsa, in New Jersey, è complicata dalla presenza di un terzo incomodo di spessore, come il candidato indipendente Chris Daggett, che nei sondaggi di settembre ha spesso superato il 10%.

La storia delle dinamiche elettorali dei due stati, naturalmente, non permette ai repubblicani di sentirsi al riparo da ogni sorpresa. Ma resta il fatto che, a meno di un anno da una sconfitta rovinosa – non solo alle presidenziali, ma anche al Congresso –, il GOP sembra (contro ogni previsione) in grado di prendersi una sonora rivincita elettorale nei confronti di un presidente che appena un mese fa viaggiava tra il 70 e l’80% di approvazione nel job approval e che oggi stenta a tenersi al di sopra della linea di galleggiamento del 50%. Il partito di Obama, molto semplicemente, non può permettersi tra un mese di perdere contemporaneamente New York, il New Jersey e la Virginia. In caso di triplice sconfitta, allora sì che le elezioni del 2010 potrebbero diventare un appuntamento storico.