L’autunno rischia di essere “caldo” così il governo dichiara guerra ai violenti
19 Ottobre 2011
Dopo le macchine in fiamme e la pioggia di sampietrini, dopo il circolare di cifre discordanti (1.6, 5, 2.5 milioni di euro) sull’ammontare dei danni di quello che molti hanno denominato il “Sacco di Roma”, dopo 13 arresti fra i Black bloc e chi con volto coperto e spranghe di ferro ha devastato la Capitale sabato scorso, il governo lancia la linea dura sull’ordine pubblico, perché quella “inedita forma di terrorismo urbano” – come l’ha definita il ministro dell’Interno, Roberto Maroni –, progettata da “3mila delinquenti incappucciati” pronti a replicare il G8 di Genova, non si ripeta.
Di fronte al timore che quello che è appena iniziato si tramuti in un “autunno caldo” il Viminale punta su una strategia d’urto che prevede arresto in flagranza differita, Daspo, il divieto di accedere alle manifestazioni sportive, esteso anche ai cortei. E ancora: il fermo di polizia e l’arresto obbligatorio per bloccare chi in prossimità di manifestazioni viene trovato in possesso di kit di guerriglia urbana, un nuovo reato associativo per chi esercita violenza organizzata nelle manifestazioni, aggravanti speciali per reati comuni, commessi in quelle occasione, maggiori tutele per le forze dell’ordine.
Su questa scia il leader dell’Idv Antonio di Pietro ha proposto che per arginare la spirale di violenza si adotti una “legge Reale bis” avanzando un paragone con la 152 del ’75 voluta dall’allora ministro di Grazia e Giustizia, Oronzo Reale, durante gli anni di Piombo. La proposta, che ha provocato reazioni non positive all’unanimità – Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, non condivide la “posizione oltranzista” di Di Pietro, il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, si dice “assolutamente contrario a legiferare sull’onda dell’emotività” – è stata accolta e condivisa di buon grado dal ministro Maroni.
Al vaglio anche una forma di garanzia economica che i promotori dovrebbero offrire come somma per risarcire i possibili danni dei cortei. Una vera e propria fidejussione per chi decide di organizzare una manifestazione. Una proposta che rappresenta un caso unico nel suo genere nel nostro Paese. Siccome però lo stesso ministro Maroni non si nasconde che per diverse di queste misure ci sono dubbi di costituzionalità, prima di tutto dovrà incontrare i partiti. Si può già dire che quasi tutti sono contrari all’arresto preventivo, sia a destra che a sinistra.
C’è bisogno, insomma, di rivedere le norme che regolano il controllo della sicurezza pubblica per le quali Maroni ha chiesto e ottenuto dal ministero dell’Economia uno stanziamento straordinario di 60 milioni di euro entro il 2011. Un’analisi approfondita di quanto accaduto lo scorso 15 ottobre permette di avere un quadro preciso di una situazione, quella dell’ordine nazionale, non più sostenibile: le informazioni sul movimento dei violenti c’erano tutte, ma le norme di legge attuali non consentono di procedere a fermi e arresti di chi è solo sospettato di volere partecipare a violenze di piazza. Poche ore prima dell’inizio della manifestazione – come testimoniato dal capo del Viminale – “i carabinieri hanno fermato quattro persone dell’area anarchica dirette a Roma in auto mentre trasportavano caschi, mazzetta, fionda, piede di porco. I quattro sono stati denunciati ma rilasciati perché non potevano essere trattenuti”.
Intanto, in queste ore, in tutta Italia è caccia ai “neri”, con fermi e perquisizioni di decine di anarchici che rappresentano la fonte della nuova emergenza di ordine pubblico. Tra i violenti dello scorso sabato c’erano i romani del centro sociale Acrobax e i Ras (Red anarchist skinheads), i Fedayn della Roma, poi disoccupati organizzati napoletani, le componenti che si rifanno all’area marxista-leninista, come Gramigna di Padova, Askatasuna di Torino, i Carc, i Corsari di Milano. Ma gli occhi, da qui a domenica – soprattutto alla luce del divieto voluto dal sindaco Alemanno di organizzare cortei nella Capitale per un mese – sono tutti puntati sulla manifestazione indetta dai No Tav domenica 23 ottobre in Val di Susa. A rendere ancora più teso il clima ad alta tensione di questi giorni sono state le parole di uno dei leader del movimento, Alberto Perino, che ha detto “Succederà qualcosa di brutto”.
Sentite certe dichiarazioni di guerra aperta, il ministro dell’Interno ha allertato il prefetto di Torino e ha dato indicazioni agli amministratori locali, ai sindaci, alle tante persone perbene della valle “perché vengano prese tutte le misure idonee per evitare ogni episodio di violenza alla manifestazione”. La parola d’ordine, quindi, è fermare i violenti, al più presto. Già a partire da domenica.