Lavori in corso, l’Italia delle opere incompiute
15 Dicembre 2015
È un gigantesco cartello di “lavori in corso” l’esemplificazione più nitida dell’attitudine tutta italiana a lasciare le cose a metà. Autostrade, gallerie, ponti, stadi, palazzetti sportivi, ospedali, piscine. Qualcuno ha contato fino a 600 opere pubbliche incompiute. Da nord a sud è una corsa ad ostacoli tra cantieri annunciati e mai iniziati, o più banalmente, lasciati a metà.
Le ragioni di questa immane lentezza non sono solo economiche. L’ostacolo costituito dall’opposizione crescente dell’ambientalismo più radicale, che si agita al motto di “Nimby” (Not in my back yard: Mai nel mio giardino) si fa sempre più consistente. E basta sfogliare le cronache per averne conferma.
Uno studio di Confcommercio ha denunciato che le strade pubbliche incompiute valgono 31 miliardi di euro, con ritardi accumulati che vanno dai 7 ai 50 anni. In un viaggio poco raccomandabile per il nostro Stivale, tra i grandi classici incompiuti del Belpaese troviamo la Pedemontana Veneta; l’autostrada Roma-Latina; la Salerno-Reggio Calabria; e dulcis in fundo il ponte sullo stretto di Messina in Sicilia.
La Pedemontana Veneta è un progetto di superstrada a pedaggio. Dopo una gestazione durata 46 anni, il progetto dovrebbe essere completato entro il 2016. Iniziato nel 1966, un susseguirsi di revisioni e varianti hanno posticipato la realizzazione dell’opera e fatto lievitare il budget necessario. Al 2014, i costi dell’opera, un finanziamento misto, pubblico-privato, sono all’incirca di 2 miliardi e 258 milioni di euro, con un contributo pubblico di 614,9 milioni.
C’è poi l’opera che tutti dicono di voler finire ma nessuno riesce mai a concludere, la A3 Salerno-Reggio Calabria. La cerimonia d’inaugurazione della nuova autostrada risale ai tempi di Fanfani, i lavori iniziarono nel 1962 e avrebbero dovuto concludersi nel decennio successivo. Ma ancora nel 1987, l’allora Ministero dei Lavori pubblici stanziava mille miliardi per “lavori di somma urgenza” e nel frattempo, per via delle infrastrutture inadeguate, il Sud Italia rimaneva scollegato dal resto del Paese.
Negli anni Novanta, il caso della Salerno-Reggio divenne europeo. Nella seconda metà del decennio il Governo Prodi annuncia finanziamenti per seimila miliardi del vecchio conio e seimila persone impiegate, ma nel 2012 i chilometri completati erano 248, 110 quelli in fase di ammodernamento o ricostruzione, 75 quelli ancora non toccati. Le previsioni erano che entro il 31 dicembre 2013 si arrivasse a 358 chilometri completati, ma così non è stato.
Dalle cifre ufficiali emerge che i costi – a opera non ancora finita – sono di 10,5 miliardi di euro più un altro miliardo per pagare i numerosi contenziosi con le imprese e otto nuovi svincoli che ad oggi non hanno copertura finanziaria. Matteo Renzi di recente ha dichiarato: “Sulla Salerno-Reggio ho detto a Graziano Delrio che se non la risolve guido io fino a lì”.
Ma se raggiungere la Sicilia dalla Calabria non è cosa facile, attraversare l’isola è un altro viaggio tra spese fuori controllo, incuria e opere mai terminate. C’è chi se la prende con le inefficienze dei concessionari ANAS che dovrebbero garantire la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture stradale dell’isola, fatto sta che tra il 2000 e il 2007 è stato stimato che la differenza tra quel che avrebbe dovuto essere e quel che effettivamente è stato investito è pari a 84 miliardi di euro.
Tra lentezze burocratiche, passi falsi, ritardi, sindrome del NIMBY, nel nostro Paese quando si inizia un’opera infrastrutturale non si sa mai bene a che santo votarsi. Nelle settimane scorse, Renzi ha tenuto a puntualizzare che il Ponte sullo Stretto di Messina si farà, ma solo dopo aver chiuso i tanti dossier ancora aperti come la Salerno-Reggio Calabria, perché a quel punto “la storia, la tecnologia e l’ingegneria andranno nella direzione del Ponte”. Visto il quadro che abbiamo descritto, viene da chiedersi quant’è lontano il futuro di cui si parla.