Lavoro, con il decreto Giovannini il rischio è che si cambi poco

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Lavoro, con il decreto Giovannini il rischio è che si cambi poco

02 Luglio 2013

Poco appetitoso il nuovo bonus assunzione dei giovani fino a 29 anni previsto dal pacchetto lavoro, il decreto legge n. 76/2013 in vigore dal 28 giugno. In cambio di un’assunzione definitiva il premio massimo per il datore di lavoro è di11.700 euro, ossia 650 euro al mese per 18 mesi che è la misura spettante nel caso in cui il giovane assunto percepisca una retribuzione lorda di 1.950 euro o superiore (man mano che la retribuzione scende, anche il premio cala). A conti fatti dunque è superato in convenienza da altri incentivi vigenti, quali per esempio quelli sull’apprendistato (con uno sgravio totale sulle assunzioni effettuate fino il 31 dicembre 2016) o sui disoccupati di lunga durata (sgravio totale per 24/36 mesi); a meno che il nuovo incentivo non venga resocumulabile con questi incentivi già vigenti…..Oltre a questo, il pacchetto lavoro introduce un altro bonus a favore dei datori di lavoro in caso di assunzione di disoccupati beneficiari di Aspi. Il bonus, in tal caso, non ha vincoli di età (tutti i lavoratori ne danno beneficio) e consiste nel premio economico di misura pari alla metà dell’Aspi che sarebbe spettata al lavoratore.
Con questa e altre misure il pacchetto lavoro destina un miliardo e mezzo di euro per l’assunzione di 200mila giovani (rilevanti, tra le altre misure onerose per il bilancio pubblico, il rifinanziamento degli incentivi all’autoimprenditorialità e autoimpiego). Con esso, ha spiegato il ministro del lavoro, Enrico Giovannini, si stima di «attivare» una platea di circa 200mila giovani disoccupati e inattivi. Gli 800 milioni diretti a premio occupazione «potrebbero produrre 100mila occupati», ha affermato sempre il ministro, «i 15 milioni per l’alternanza studio-lavoro potrebbero attivare circa 10mila studenti universitari; 6 milioni per gli stage genereranno in tre anni 3mila tirocinanti; con l’autoimprenditorialità altri 8-10 mila soggetti attivabili; con le non profit 5 mila; coi tirocini al Sud 80mila. Complessivamente parliamo di 200mila soggetti attivabili – ha concluso il ministro – di cui 100mila a tempo indeterminato».
A questo punto viene naturale domandarsi: si trasformeranno in realtà le prospettive del ministro? Lo sapremo nei prossimi mesi; per adesso, tuttavia, guardando nel dettaglio le nuove norme, viene poco da scommetterci: il decreto non realizza alcuna riforma, né sconta per davvero le assunzioni, lasciando praticamente lavoro e occupazione, ancora una volta, ingabbiati nell’elevatissimo costo non solo economico e contributivo, ma pure normativo e burocratico (ad eccezione della misura per i contratti a termine). Da prima a dopo il pacchetto lavoro, insomma, lo scenario cambia poco: che cosa dovrebbe stimolare un’impresa ad assumere un giovane (e anche un meno giovane)? Che cosa dovrebbe stimolare un giovane (e anche un meno giovane) a fare impresa?

Il premio per le assunzioni di giovani.
L’incentivo è una evidente misura a favore dei Neet, ossia dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano che, secondo gli ultimi dati dell’Istat, l’Italia ha “la quota più alta d’Europa”, essendo arrivati a 2 milioni 250 mila nel 2012 (pari al 23,9%, circa uno su quattro). Il tasso di disoccupazione dei giovani tra il 2011 e il 2012 è aumentato di quasi 5 punti percentuali, dal 20,5 al 25,2% (dal 31,4 al 37,3% nel Mezzogiorno); dal 2008 l’incremento è di 10 punti. Sempre secondo l’Istat, i più colpiti dalla crisi sono stati i giovanicon titolo di studio più basso, in modo particolare quelli che hanno al massimo la licenza media (+5,2 punti). Il numero di studenti è rimasto sostanzialmente stabile attorno ai 4 milioni (il 41,5% dei 15-29enni; 3 milioni 849 mila nel 2008).La distanza tra formazione e lavoro emerge dal fatto che solo il 57,6% dei giovani laureati o diplomati italiani (tra 20 e 34 anni) lavora entro tre anni dalla conclusione del proprio percorso di formazione.
L’incentivo interessa tutti i datori di lavoro e opera in due casi, assunzione o stabilizzazione, con riferimento ai lavoratori di età compresa tra i 18 e i 29 anni che rientrino in una delle seguenti condizioni (è sufficiente che ne ricorra una soltanto):
a)    siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b)    siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
c)    vivano soli con una o più persone a carico.
Nella prima ipotesi il bonus spetta per 18 mesi dall’assunzione, nell’ipotesi di trasformazione per 12 mesi. In ogni caso (assunzione/stabilizzazione), è necessaria che ci sia incremento occupazionale netto , calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese e il numero di lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti all’assunzione.
Il bonus vale un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali dei neo assunti, fino a un massimo di 650 euro mensili (ciò vuol dire che la retribuzione agevolabile è al massimo di euro 1.950 mensili). L bonus è fruito unicamente mediante conguaglio sulle denunce contributive mensili del periodo di riferimento.

Il premio per (tutte) le assunzioni di disoccupati.
L’altro incentivo agevola le (ri)assunzioni dei lavoratori disoccupati. Stabilisce, infatti, che al datore di lavoro il quale, senza esservi tenuto, assuma a tempo pieno e indeterminato lavoratori fruitori di Aspi sia concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% dell’indennità mensile Aspi residua che sarebbe stata liquidata al lavoratore. Il bonus  è escluso con riferimento ai lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di impesa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume, ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o di controllo.

Liberalizzabile il rapporto di lavoro a termine.
Sul contratto di lavoro a termine le modifiche vano nella direzione giusta, ossia verso una completa liberalizzazione del ‘lavoro dipendente’ (per ora a termine), rivendicando una sorta di ritorno alle origini (il nostro codice civile, infatti, disciplina la libertà di assumere!). Dopo il pacchetto lavoro, con un accordo aziendale si potrà stabilire quando l’assunzione possa avvenire senza causa, anche qualora non si tratta di primo contratto. Inoltre, è stata nuovamente ridotta l’attesa nelle riassunzioni a termine che, dal 28 giugno, possono nuovamente avvenire dopo 10 giorni (anziché 60) ovvero 20 giorni (anziché 90) dalla scadenza del precedente contratto a temine la cui durata sia fino a sei mesi o superiore.
In primo luogo la disciplina del lavoro a termine prevede, di principio, che le assunzioni con una scadenza prestabilita siano possibili soltanto a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. Se manca questa ragione, in altre parole, l’assunzione non può che avvenire a tempo indeterminato (applicandosi la disciplina della stabilità, di cui all’art. 18 della statuto dei lavoratori). La riforma Fornero, dal 18 luglio dello scorso anno, ha introdotto una deroga al fondamentale vincolo consentendo di prescindere dalle predette ragioni con riferimento esclusivo alprimo rapporto a termine di durata non superiore a 12 mesi. Inoltre, la stessa riforma ha dato ai contratti collettivi nazionali la possibilità di prevedere la stessa deroga in una serie tassativa di casi da disciplinare nel limite complessivo del 6% del totale dei lavoratori occupati: avvio di una nuova attività, del lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, dell’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, della fase supplementare di significativo progetto di ricerca e sviluppo, dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente. Il pacchetto lavoro riformula la disciplina e, fermo restando l’ipotesi del primo contratto, stabilisce che ‘ogni altra ipotesi’ di assunzione senza causa può essere individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Si tratta, evidentemente, di una delega in bianco concessa alle parti sociali (cioè azienda e sindacato anche aziendale) in merito alla possibilità di liberalizzare il contratto a termine. Attuando la delega, in altre parole, un’azienda (con il sindacato) potrà stabilire quando e come assumere liberamente, cioè senza causa, lavoratori a termine. In altra ottica, la misura rappresenta un espediente per evitare l’applicazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori alle nuove assunzioni, ossia una misura che va ad alleggerire (e di tanto) il costo del lavoro. Unica limitazione la durata: i rapporti a termine infatti, non possono eccedere i 36 mesi.
In secondo luogo la disciplina sul lavoro a termine vieta, da sempre, la riassunzione a termine dello stesso lavoratore, prevedendo alcuni condizionamenti alla possibilità che lo stesso lavoratore, una volta chiuso con la stessa azienda un rapporto di lavoro a termine, ne possa subito instaurare un altro sempre a termine. Infatti, la legittimità della riassunzione è condizionata alla discontinuità, tra il primo e il secondo rapporto a termine, da realizzarsi mediante il decorso di un predeterminato intervallo di tempo: in mancanza di tale discontinuità il secondo contratto a termine viene ritenuto ex legge a tempo indeterminato. Tale intervallo è stato pari, fino al 17 luglio 2012, a 10 giorni nel caso di durata del primo contratto a termine fino a sei mesi e a 20 giorni in quelli di durata superiore (oltre i sei mesi). La legge n. 92/2012 (la riforma Fornero) ha allungato i termini rispettivamente a 60 e 90 giorni, a partire dal 18 luglio 2012, stabilendo tuttavia che, nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente), i contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi e fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore ai sei mesi. Successivamente è arriva la legge n. 134/2012 (conversione dl n. 83/2012) ad ammorbidire la stretta Fornero stabilendo che la riassunzione nelle attività stagionali (dpr n. 1525/196) e in ogni altra ipotesi prevista dai contratti collettivi stipulati a ogni livellodaorganizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,deve ritenersilecita qualora il secondo rapporto venga instaurato dopo20 (e non 60) giorni in caso di primo contratto a termine fino a sei mesi e dopo 30 (e non 90) giorni in caso di contratto di durata superiore a sei mesi. Il pacchetto lavoro fa tornare in vita a disciplina vigente prima della riforma Fornero. Infatti, la riassunzione a termine torna ad essere legittima (cioè non sanzionata con la conversione del rapporto a tempo indeterminato) una volta che siano decorsi 10 giorni dalla scadenza del primo contratto a termine nei rapporti fino a sei mesi e una volta decorsi 20 giorni nei rapporti di durata superiore ai sei mesi.

Allo studio la ‘Garanzia per i giovani”.
Infine la ‘Garanzia per i giovani”.La sfida è di quelle con molti precedenti, tutti finiti in fallimento: il rilancio dei servizi all’impiego. Ossia dei centri per l’impiego, quegli uffici territoriali che riescono a mediare appena il 3% delle richieste di assunzione che arrivano dalle imprese (saranno quelle del collocamento obbligatorio di disabili, che i datori di lavoro non possono non fare che tramite questi uffici). Infatti, il pacchetto lavoro prevede di «dare tempestiva ed efficace attuazione», dal 1° gennaio 2014, alla cosiddetta «garanzia per i giovani (youthguarantee). Nulla di concreto per ora, ma soltanto la previsione di alcuni princìpi di programmazione. E una spesa di 250mila euro: 40 mila quest’anno e 100mila per gli anni 2014 e 2015, al fine di costituire “un’apposita struttura di missione”.
La previsione della europeanyouthguarantee (garanzia per i giovani europei) è stata lanciata dalla Commissione Ue nell’anno 2011 e ribadita nelle raccomandazioni del Consiglio del 22 aprile 2013. In sostanza, questa “garanzia per i giovani” che nasce dall’esperienza di Paesi in cui giù esiste e offre ottimi risultati (Scandinavia, Austria, Olanda, Germani, Polonia), fungerà da assicurazione ai giovani che, entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione, riceveranno una valida offerta di lavoro,o un’occasione per proseguire gli studi,per avviare un apprendistato, un tirocinio o un corso di formazione professionale.
Come detto, per ora il pacchetto lavoro non ha previsto nulla di concreto se non l’istituzione di una ‘struttura di missione’ che dovrà operare in via sperimentale, in attesa del riordino sul territoriodei servizi per l’impiego, e comunque fino al 31 dicembre 2015. La struttura tra l’altro deve interagire con i diversi livelli di governo preposti a realizzarele relative politiche occupazionali; definire le linee-guida nazionali, da adottarsi anche a livello locale, per laprogrammazione degli interventi di politica attiva;individuare i criteri per l’utilizzo delle risorse economiche. La struttura è coordinata dal segretario generale del ministero del lavoro o da un dirigente generale e vi faranno parte il presidentedell’Isfol, il presidente di Italia Lavoro spa., ildirettore generale dell’Inps, i dirigentidelle direzioni generali del ministero del lavoro, tre rappresentanti della conferenza Stato-Regioni, due rappresentanti dell’Unione province italiane e un rappresentante dall’Unione italiana delle camere dicommercio.
Il costo dell’operazione è di 240mila euro complessivi prelevati dal fondo sociale per occupazione e formazione. Resta il dubbio: vista l’esperienza del passato, riusciranno mai i Centri per l’impiego a collocare il 100% dei giovani disoccupati?

(Tratto da Amici di Marco Biagi)