Lavoro, Monti: “Se il paese non è pronto non chiederemmo di restare”
26 Marzo 2012
di redazione
"Se il Paese attraverso le sue forze sociali e politiche non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro, non chiederemmo di continuare per arrivare a una certa data". Parole nette che Mario Monti rilancia da Seul, parlando della riforma del lavoro.
Il premier, impegnato in Corea del Sud per il vertice internazionale sulla sicurezza nucleare, manda segnali precisi alle forze politiche, in particolare a chi, come il Pd, vorrebbe modificare sostanzialmente il pacchetto di misure varato da Palazzo Chigi. Monti rimarca che il Paese si è mostrato più pronto del previsto ad accogliere le riforme, evidenziando come leader di paesi emergenti e non abbiano il ”palpabile desiderio” di investire in Italia, seppure in attesa di sapere cosa succederà dopo il 2013.
Il tema anima il dibattito politico. Da Milano, dove il Pdl ha organizzato la conferenza nazionale sul lavoro, Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, dichiara: "L’obiettivo è creare maggiore occupazione, e scardinare quella visione classista e discriminatoria per la quale la tutela del lavoro coincide esclusivamente con la tutela degli attualmente occupati, e addirittura di una minoranza di occupati, nella totale indifferenza verso inoccupati e disoccupati".
Secondo Quagliarello, si ragiona troppo "come se l’occupazione meritevole di tutela fosse solo quella conseguita in determinate forme e in un determinato momento; come se la rete di protezione non dovesse riguardare anche e soprattutto chi un’occupazione non ce l’ha o chi l’ha momentaneamente perduta e deve poter ambire a riconquistarla; come se il posto di lavoro fosse una nozione ideologica e non già strumento e viatico della realizzazione personale. Come se, soprattutto – ha concluso l’esponente pidiellino -, fosse eticamente giusto sacrificare la prospettiva di maggiori opportunità occupazionali sull’altare dell’inamovibilità di un sistema arcaico o comunque superato dalla realtà".
Nel Pd Pierluigi Bersani propone "di abbassare i toni", chiedendo "alle forze parlamentari di riflettere sui punti controversi" della riforma. Ma la linea dei democratici, per ora, non cambia.