Le 10 domande sull’Olocausto e la banalità di Ahmadinejad
24 Settembre 2009
Il presidente iraniano Ahmadinejad ha rivolto una serie di domande all’opinione pubblica occidentale, tutte incentrate sull’Olocausto. Durante la Seconda Guerra mondiale – questo il filo del suo ragionamento – sono state uccise circa 60 milioni di persone. Allora perché l’Olocausto viene enfatizzato più di qualsiasi altro evento dell’epoca? E’ davvero avvenuto nelle proporzioni che si raccontano? Dov’è accaduto? Chi lo ha commesso? Perché i politici occidentali si concentrano tanto sulla questione e quali sono le sue connessioni con la realtà di oggi? O meglio, perché viene usato come un pretesto per usurpare la terra di altri popoli come quello palestinese?
E’ chiaro che si tratta di una catena d’interrogativi utili a far germogliare il seme dell’antisemitismo, disciplina che Ahamdinejad coltiva da tempo. Nel 2005 disse che l’Olocausto era un mito e l’anno successivo organizzò la conferenza negazionista, invitando un centinaio di ospiti da tutti i Paesi del mondo a discuterne. Da allora i leader e le opinioni pubbliche occidentali sembrano aver fatto il callo alle sue uscite infelici, quasi che quelle domande siano diventate banali o inutili da commentare. L’Iran nucleare è un avversario pericoloso a cui conviene tendere la mano. Il bello è che, parlando al Palazzo di Vetro, Ahmadinejad ha violato la risoluzione dell’Onu che ripudia il negazionismo.
La meticolosità della soppressione su scala industriale di un intero popolo è l’aspetto che trascende l’Olocausto e lo rende un crimine disumano che oltrepassa ogni altra aberrazione della Seconda Guerra mondiale. Che non fosse percepito nelle sue reali dimensioni neppure allora lo dimostra il fatto che gli ebrei nella Germania nazista ritennero che la follia di cui erano vittime appartenesse alla lunga storia di persecuzioni e deportazioni che avevano conosciuto nel corso dei secoli in Europa. Numerosi "consigli ebraici" nei ghetti dei Paesi occupati pagavano le SS e la Gestapo per guadagnare tempo, in attesa di una salvezza che non sarebbe mai arrivata.
Sarebbe potuta finire anche peggio. In Polonia, quando gli ebrei iniziarono a scarseggiare, le stelle gialle toccarono ai polacchi, i prossimi nella lista di zingari, down e omosessuali che Hitler meditava di sopprimere. Tutto questo è avvenuto in Paesi che hanno sperimentato il totalitarismo, un sistema sociale in cui le categorie del bene e del male vengono capovolte, e un intero popolo si rende complice di inauditi massacri, semplicemente perché crede che sia giusto farlo. L’Iran di Ahamdinejad è sulla buona strada ed ecco perché i governi occidentali lo temono tanto. La minaccia nucleare contro Israele è la connessione diretta fra il nazismo di ieri e di oggi, mentre i Basij sulle motociclette rastrellano le città come facevano gli squadroni della morte a caccia di ebrei. Hitler voleva una Germania “judenrein”, Ahmadinejad pensa al Medio Oriente.
A credere che il dramma vissuto dal popolo palestinese sia la conseguenza dell’Olocausto, infine, sono solo quelli che propagandano idee del genere (insieme a quelli che se le bevono). Israele non è nato per redimere le potenze europee dal loro senso di colpa verso gli ebrei. Come non è colpa degli ideologi del Sionismo se gente squallida come Eichmann decise di spedire gli ebrei in Madagascar e nelle camere a gas, dopo aver letto i loro libri. I sionisti avrebbero raggiunto ugualmente le terre dei loro padri, come hanno fatto gli ebrei da tanti altri Paesi del mondo, trovando una Patria.