Le acrobazie dei diniani sui precari del pubblico impiego
07 Novembre 2007
Senza bisogno di scomodare i cammelli e le crune degli aghi, non è difficile intuire a quali acrobazie il gruppo dei “diniani” si stia sottoponendo per evitare di affondare il governo Prodi senza dar l’idea di sbracare di fronte alla sinistra radicale e ai suoi propositi di arruolamento in massa dei precari della pubblica amministrazione. Ma fra l’apparenza e la realtà tale e tanta è l’acqua che passa, che il rimedio finirebbe per fare più danni di quanti ne possa produrre la ricetta caldeggiata da Ferrero, Giordano e compagni. Vediamo perché.
Fra le condizioni poste da Lamberto Dini al governo per non far mancare in sede di voto finale sulla manovra il consenso determinante dei suoi tre senatori, vi è dunque la questione della stabilizzazione dell’esercito dei precari della PA, misura nei confronti della quale anche oggi l’ex premier è tornato a ribadire la sua contrarietà in una lettera al Messaggero. Quand’ecco che entra in campo il fido senatore Natale D’Amico, che alle agenzie di stampa dice di aver presentato un emendamento per stabilire “che si possano assumere solo i precari che hanno contratto a tempo determinato che comunque abbiano superato una procedura selettiva” evitando dunque “l’assunzione di coloro che sono stati utilizzati per ‘chiamata diretta’ come accade per i collaboratori dei gabinetti delle amministrazioni”.
Le cose stanno davvero così? Parrebbe proprio di no, a sentire i senatori di Forza Italia Gaetano Quagliariello e Andrea Pastore, che leggendo attentamente l’emendamento del collega D’Amico si accorgono di un particolare piuttosto significativo. Nel testo, infatti, la stabilizzazione nei ranghi della PA viene circoscritta (si fa per dire) al personale “assunto mediante procedure (…) previste dalla legge”. Dunque, segnalano Quagliariello e Pastore, “la sua applicazione provocherebbe di fatto l’apertura alle procedure di stabilizzazione anche di coloro che non sono stati selezionati mediante procedura concorsuale”, dal momento che “le forme di assunzione nella pubblica amministrazione sono molteplici”, tutte naturalmente sono previste dalla legge, e non tutte passano necessariamente dal concorso. Basti pensare – incalzano i due senatori forzisti – “alle cosiddette assunzioni a ‘chiamata diretta’ oppure ai contratti di lavoro ‘in diretta collaborazione’ stipulati per il personale di supporto di ministri e alti burocrati dello Stato”.
Apriti cielo. Natale D’Amico non ci sta, e accusa i due colleghi d’aver “preso lucciole per lanterne”, poiché – spiega “il mio emendamento sulla questione dei precari restringe l’accesso alle procedure di regolarizzazione a coloro che hanno avviato un rapporto di lavoro sulla base di procedure selettive o di natura concorsuale o previste dalla legge”.
Appunto. “Il testo – ribatte Quagliariello – richiama chiaramente, quali requisiti per l’accesso alla stabilizzazione nelle pubbliche amministrazioni, oltre alle procedure concorsuali, anche tutte le procedure genericamente previste dalla legge. Di certo il senatore D’Amico è consapevole che i collaboratori dei ministri o dei gabinetti delle amministrazioni locali sono tali in virtù di un regolare contratto di lavoro a tempo determinato, e perché una previsione di legge lo consente. Non esistono assunzioni contra legem in questo Paese! Almeno finora…”.