Le «armate» di Putin

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Le «armate» di Putin

16 Maggio 2006

Non abbiamo un’innata simpatia per Vladimir Putin, anzi sul suo conto nutriamo numerosi dubbi di carattere politico. C’è un’ambiguità di fondo sul ruolo che il presidente russo immagina per il suo paese, sul posto che intende assegnargli nel mondo che non ci lascia tranquilli.

Ma ci sembra un assoluto nonsenso il modo in cui lui e il suo paese vengono trascinati sulle pagine dei giornali occidentali e additati come nemici dalle diplomazie di mezzo mondo solo perché la Russia è ricca di gas e petrolio. L’accusa rivolta a Putin da Barroso e prima ancora da Cheney di utilizzare le risorse energetiche del paese come un strumento di politica estera ci sembra bambinesca e quindi falsa come un soldo bucato.

Da che mondo è mondo ogni paese che abbia una politica estera utilizza le sue risorse, quali esse siano, per affermare ed espandere la propria influenza. L’Italia si è a lungo accontentata di Prada e della Ferrari. I paesi del Golfo sarebbero pressoché un nulla politico senza il petrolio. La Svizzera ha le banche e i loro segreti. La Cina ha giacimenti inesauribili di manodopera. L’America il più forte esercito del mondo e il sogno della libertà.

La Russia post sovietica e post guerra fredda ha capito rapidamente che la fame mondiale di energia era la sua carta vincente.

Oggi Gazprom è, per capitalizzazione, la terza compagnia del mondo, dopo Exxon e General Electric e subito prima di Microsoft. Assicura l’8 per cento del Pil della Russia e il suo valore complessivo è pari al prodotto interno lordo annuale dell’Irlanda. Capiamo bene che un simile gigante faccia paura a molti concorrenti e che se ne vorrebbe contenere l’influenza.

Ma sono queste oggi ‘le armate’ di cui dispone Putin sulla scena mondiale e non gli si può impedire di orientarle secondo l’interesse nazionale del suo paese. ‘The pipeline diplomacy’, la diplomazia degli oleodotti è uno degli elementi da cui non si può più prescindere nel disegnare i nuovi equilibri mondiali.

Putin ha ancora molto da dimostrare circa la sua affidabilità sulla scena internazionale. Vorremmo ad esempio vederlo più attento alla minaccia nucleare iraniana e meno aperto vero il governo di Hamas in Palestina. E’ su questo terreno che vale la pena incalzarlo.

Mentre ci sembra un errore volere dalla Russia maggiore integrazione nel mercato mondiale e allo stesso tempo pretendere di dettare ai suoi leader e alle sue aziende la politica commerciale che più ci fa comodo.