Le associazioni rompono il Patto per lo Sviluppo ma il centrodestra non ci sta

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Le associazioni rompono il Patto per lo Sviluppo ma il centrodestra non ci sta

12 Gennaio 2012

La fretta si sa è una cattiva consigliera. Ma fatto sta che Confartigianato, Cna e Confesercenti hanno deciso di autosospendersi dal Patto per lo Sviluppo sottoscritto con la Regione Abruzzo il 14 aprile 2011.

Decisione avventata? Probabilmente si. E più che avventata sembra dettata da strumentalismo e scarso senso di responsabilità. Soprattutto alla luce delle oggettive difficoltà, che in generale – non solo in Abruzzo – stanno condizionando e rallentato l’azione dei governi. Eppure le associazioni di categoria tirano dritto e puntano il dito contro l’atteggiamento, definito inadeguato e insufficiente, della Regione. Che tradotto in parole povere significa chiedere al governo regionale maggiori risorse. Che però, in qualunque modo la si voglia mettere, in questo momento non ci sono. E che sia un problema di soldi è chiaro, visto che le associazioni  si dicono pronte a tornare sui propri passi solo nel caso in cui la Regione “annulli e, di conseguenza, rimoduli il Fondo unico per le attività produttive, destinando quei 19 milioni alle imprese”.

Una presa di posizione che ha lasciato perplesso il Centrodestra regionale. A cominciare dal presidente, Gianni Chiodi, che ha subito precisato come “il Patto per lo sviluppo non è certo la riproposizione del vecchio tavolo della concertazione, dove si distribuivano alle corporazioni risorse che, per la verità, neppure c’erano ipotecando, attraverso la spesa pubblica in deficit, il futuro dei giovani abruzzesi”. Il punto infatti è proprio questo. Il Patto rappresenta un modo di agire che segna una decisa inversione di tendenza con il passato. E che il mondo è cambiato, continua Chiodi, lo dimostra anche l’impegno del Governo Monti, che “sta tentando di correggere questa anomalia che contraddistingue l’Italia”.

Senza contare il problema principale, che è quello delle risorse, non è risolvibile nell’immediato. Tanto che ormai si è giunti “all’esplicita ammissione, da parte dei governi nazionali e regionali, che i soldi pubblici sono ridotti al lumicino”. Un punto questo su cui il presidente Chiodi è netto: “Non si può pensare di tassare ulteriormente i cittadini o indebitarci di più – dice – sottraendo definitivamente il futuro ai giovani abruzzesi”.

Sulla stessa linea il consigliere regionale Federica Chiavaroli che lancia un appello alle associazioni a tornare sui propri passi. “Il Patto è nato con uno scopo preciso – ricorda la Chiavaroli -, quello di rappresentare un momento nobile di confronto. Uscire, sbattendo la porta, solo perché non si è ottenuto subito quello che si voleva, mi sembra un atteggiamento egoista e strumentale e soprattutto miope di fronte al momento eccezionale che stiamo vivendo. Non è certo questo il modo di difendere gli interessi della regione e di costruire le basi per un futuro di sviluppo. I rappresentanti delle associazioni che oggi lamentano il mancato raggiungimento di presunti obiettivi e chiedono una rimodulazione del Fondo Unico per le Attività. Ma quando ad aprile hanno sottoscritto il Patto, sapevano benissimo quale era la situazione e le difficoltà a cui si sarebbe andati incontro. Più che lanciarsi in accuse – conclude il consigliere regionale  -, sarebbe molto più utile e costruttivo elaborare proposte, cercare insieme il modo per reperire nuove risorse, per esempio attraverso la vendita delle società di trasporto”.

E una voce fuori dal coro della protesta è quella di un altro soggetto del Patto, la Confapi. “Quella di Cna, Confartigianato e Confesercenti è una forzatura – commenta Italo Ferrante, presidente regionale -. Rispetto le opinioni di tutti, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di tirarci indietro, né vogliamo fare cagnara. Potevano consultare gli altri. I problemi ci sono, ma se c’è una battaglia da fare, questa va fatta insieme”.