Le Borse provano timidamente a rialzare la testa

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Le Borse provano timidamente a rialzare la testa

Le Borse provano timidamente a rialzare la testa

28 Ottobre 2008

 

Se qualcuno sperava in un’apertura positiva delle Borse nel lunedì successivo ad uno dei peggiori venerdì finanziari di questi ultimi anni, è stato ampiamente deluso. Infatti, fin dall’alba di ieri si capiva che sul continente europeo si erano addensate nubi tempestose provenienti da Tokio. Quello che si è consumato è stato l’ennesimo lunedì negativo dalla fine di agosto e perfino le banche centrali cominciano a brancolare nel buio dei subprime.

Solamente nella giornata di oggi si stanno vedendo dei leggeri cambi di tendenza, con i grandi rimbalzi che, sempre dalle borse asiatiche (Nikkei +6,41%), si stanno trasferendo su quelle europee. Resta alta la volatilità quindi, come anche l’incertezza, mitigata leggermente dalle aspettative di rinnovo dell’offerta di denaro da parte delle autorità monetarie che il mercato sta recependo con vigore. Notevole il guadagno dell’indice Dax di Francoforte, con un’ottima doppia cifra sulla scia del titolo Volkswagen dopo la decisione di Porsche di entrar maggiormente nell’azionariato del gruppo di Wolfsburg. Rimane ancora vivo il ricordo del turbamento finanziario di ieri.

Milano risulta una delle piazze con le flessioni più corpose, perdendo il 3,50% con il Mibtel ed il 3,96% con l’indice S&P/Mib, scontando le performance negative di Fiat (-8,10%) ed Intesa Sanpaolo (-10,15%), maglie nere della giornata. Facili da intuire le ragioni di queste ondate di vendita. Il primo titolo sta arrancando come tutto il mercato automotive mondiale, pesantemente colpito dal crollo degli ordinativi, nonostante i ricavi del gruppo torinese nel terzo trimestre 2008 siano stati in aumento del 3,2%, con 14 miliardi di euro. La penalizzazione per Fiat, però, arriva anche alla luce delle voci che parlano di un ricorso sempre maggiore alla cassa integrazione e di una lunga chiusura per le festività natalizie dei suoi stabilimenti. Sul fronte Intesa Sanpaolo, invece, sembra esserci stato un rally ribassista in vista della riunione del consiglio di gestione prevista per oggi. Proprio il gruppo bancario ha visto ridurre del 18,8% il pro prio target price dagli analisti di Deutsche Bank, in vista dei tagli alle stime di utile d’esercizio nel bienno 2008/2010, notizia che ha portato il titolo alla sospensione delle contrattazioni per eccesso di ribasso. Nonostante il gruppo abbia mostrato la sua solidità rispetto ad altre realtà italiane dello stesso settore, latita notevolmente la fiducia negli investitori.

Male anche le altre piazze finanziarie del Vecchio Continente con Francoforte che nel finale riesce ad uscire dal tunnel di perdite, guadagnando uno sterile +0,91%. Per il resto, una raffica di segni negativi: Londra –0,79%, Zurigo –3,07%, Parigi –3,96%, Madrid –4,11% . Il tutto sulla scia di Tokio, il cui indice Nikkei ha perso nella notte italiana il 6,3%, ed Hong Kong, che ha fatto registrar la peggior sessione dal 1997, lasciando sul campo il 12,7%. Le notizie riguardanti Mitsubishi UJF, la prima banca giapponese, che ha approvato un aumento di capitale di 990 miliardi di Yen, circa 10 miliardi e mezzo di dollari, per far fronte alle svalutazioni riguardanti la crisi subprime. Ironico che proprio il gruppo bancario nipponico sia il soggetto che sta rilevando il 21% di Morgan Stanley, anch’essa coinvolta nell’affaire “toxic mortgage”. Di rimbalzo, le borse europee hanno aperto in netto calo, con Milano che perdeva oltre il 6%, fattore che l’ha penalizzata per tutta la durata delle contrattazioni. Continuando a risentire delle turbolenze finanziarie Tokio sta condizionando in maniera pesante le decisioni di politica monetaria di Federal Reserve e Bce, ormai prossime ad una nuova sforbiciata ai tassi di sconto e di riferimento.

Il Federal Open Market Committee della Fed si riunirà domani, mercoledì 29 ottobre, per decidere quali strumenti adottare contro una recessione che è sempre più tenace. Dopo la riduzione dell’offerta di petrolio, dopo il continuo calo del prezzo dello stesso, dopo i dati riguardanti l’occupazione statunitense e dopo il calo della produzione industriale nel terzo trimestre dell’anno, si fa sempre più largo l’ipotesi di uno scenario mai sperimentato prima. Un maxi taglio di 75 punti base, che porterebbe i tassi americani allo 0,75%, un livello paragonabile a quello nipponico. Il vero problema è che, dopo una misura del genere, nulla rimarrebbe nelle mani di Ben Bernanke. L’inondazione di liquidità che si è osservata nell’arco di un anno non ha sortito gli effetti sperati, aumentando solamente il sentore che i soggetti compromessi con i mutui subprime si sentissero legittimati a contin uar ad assumere posizioni finanziarie spregiudicate pur di rientrar delle perdite legate ai mutui immobiliari. L’unica novità per ora rimane la decisione del Governo Usa di acquistare commercial paper ad un tasso del 2,88% (il Libor è a 3,50%) attraverso il Treasury Department’s Capital Purchase Program, il programma per la stabilizzazione dei mercati finanziari attraverso atti che possano generare una maggior liquidità per il business delle imprese americane.

Sul versante europeo, come prevedibile, si sta seguendo la via percorsa da Washington, Jean-Claude Trichet, governatore della Bce, ha ventilato la «reale possibilità» di un ulteriore riduzione del costo del denaro al fine di favore il ritorno della fiducia negli operatori. Proprio di ieri la notizia che la crescita annua dell’aggregato monetario M3 nell’Eurozona ha rallentato la sua corsa, meno 0,2% rispetto al dato di agosto, fermandosi a quota 8,6%. Subito, dimenticandosi del verbo concernente l’inflazione che hanno professato finora, a Francoforte hanno invertito la rotta sull’onda delle richieste degli addetti ai lavori, famelici di denaro a basso costo. Per far fronte a queste richieste si rischia però di introdurre nei mercati una quantità di denaro che farà lievitare l’indice inflazionario, già oltre il 4%, rischiando di colpire con maggior vigore l’economia reale. Il panico e la scarsa lucidità operativa stanno entrando anche negli uffici più alti delle banche centrali. La speranza è che si possa comprendere che, se le misure adottate finora non hanno limitato il prolificazione del virus dei subprime, forse è meglio provare che una crisi finanziaria di questo tipo venga curata dallo stesso mondo della finanza, ovvero dal mercato.