Le Borse saranno isteriche fino a quando non tornerà la fiducia

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Le Borse saranno isteriche fino a quando non tornerà la fiducia

16 Ottobre 2008

Non sono bastate rassicurazioni delle banche centrali di mezzo mondo per evitare che le Borse continuassero la loro discesa verso l’abisso. Il vento positivo è durato solo un paio di giorni ed il forte rimbalzo di lunedì è già stato cancellato dal tracollo della notte scorsa. Sull’onda lunga dei dati del “Beige Book” presentato dalla Federal Reserve, Wall Street ha vissuto l’ennesima giornata di passione.

L’indice Dow Jones ha perso il 7,97%, crollando a quota 8577,91 punti, il secondo peggior risultato della sua storia. Peggiori sono andati il Nasdaq e lo Standard & Poor 500, che hanno perso rispettivamente l’8,47% ed il 9,04%, gettando nubi tempestose anche sulle piazze finanziarie asiatiche, con l’indice Nikkei pesantemente in ribasso, come mai dal 1987. Fortemente colpiti anche gli indici industriali americani, con il DJ U.S Top Cap Index in picchiata ad oltre il 29% in meno, sintomo esemplificativo della rilevanza della crisi, come se non fosse ancora chiara. Sulla stessa linea d’onda le Borse europee, che hanno cancellato de facto tutto il trend positivo vissuto tre giorni fa, quando i guadagni furono a doppia cifra. Milano ha ceduto il 4,95% con il Mibtel, mentre Parigi, Londra e Francoforte hanno lasciato sul campo in media valori fra il 7 e l’8 percento, bruciando miliardi su miliardi, anche dopo le recenti decisioni congiunte della banche centrali per fornire liquidità illimitata ad un mercato che sembra non conoscere tranquillità.

Nonostante un’apertura quasi neutra, dopo la campanella di Wall Street sono cominciati i guai, sugli strascichi rilasciati dal rapporto della Fed, che evidenzia come l’economia statunitense sia nel pieno di una recessione. «La spesa destinata ai consumi sta calando, mentre anche i prezzi sono in ritirata, attenuando i timori inflazionistici ed aprendo lo spazio ad un probabile nuovo taglio del costo del denaro a fine mese» si scrive nel Book, aggiungendo che il mercato immobiliare rimane in una posizione di difficoltà, anche se i timori peggiori derivano proprio dai dati sulle vendite al dettaglio. Una contrazione dei consumi, misurabile nell’ordine di 1,2 punti percentuali, assai oltre le peggiori attese, che denota la particolare condizione in cui vertono gli Stati Uniti. A gettare benzina sul fuoco è stata anche Janet Yellen, presidente della Fed di San Francisco, che ha affermato che «Praticamente tutti i grandi settori dell’economia sono stati colpiti dallo shock finanziario» e ricordando come la crescita economica yankee per il terzo trimestre del 2008 sia stata assente, facendo notare che per il quarto si attendono notizie ancora peggiori.

Per cercar di trovare una soluzione reale, il Consiglio d’Europa ha proposto di organizzare entro la fine dell’anno un summit straordinario dei 27 paesi membri, promosso anche dal presidente di turno dell’UE, Nicolas Sarkozy. Infatti, dopo le decisioni della scorsa settimana, sembra che l’Europa stia giocando un ruolo sempre maggiore sullo scacchiere internazionale, assumendo un ruolo sempre più maggioritario. Suggestivo sarebbe stato osservare un comportamento più deciso ed autoritario da parte delle autorità monetarie del Vecchio Continente già dallo scorso anno, agli albori della crisi subprime. Peccato che però la Bce ha mantenuto sempre un atteggiamento remissivo nei confronti dell’America, curando solamente la stabilità dei prezzi, incurante dell’esternalità delle tendenze inflazionistiche che hanno minato Eurolandia durante quest’anno.

Ora ci ritroviamo con una crescita praticamente azzerata, un tasso d’inflazione elevato ed una crisi finanziaria come non la si ricordava da tanti, troppi anni. Il rischio di un credit crunch sempre più aspro è reale, come il trasferimento della malattia al settore industriale, proprio come sta avvenendo oltreoceano, come registrato dal Beige Book. La tendenza degli investimenti è in forte calo, spinta proprio dalla restrizione creditizia che è in atto. Se questo dovesse accadere, una crisi esclusivamente finanziaria potrebbe iniziare a mietere vittime anche a livello industriale. Ma forse, osservando i dati occupazionali statunitensi, questa sta già avvenendo, anche se sono in pochissimi quelli che lo affermano. Cosa ci attende nei prossimi giorni? La sensazione è che le giornate isteriche non siano ancora terminate, anzi. Fintanto non ci sarà fiducia, il mercato continuerà a rigettare tutto il marcio che ha accumulato negli ultimi anni.