“Le carte della Procura di Trani? Una mossa studiata prima delle elezioni”
17 Marzo 2010
Le elezioni Regionali sono alle porte. E non è un caso che un’inchiesta condita da intercettazioni “a strascico” sia caduta come una tegola sul Presidente del Consiglio proprio alla vigilia dell’appuntamento elettorale. “Che qualcosa non va lo capirebbe anche un bambino”, dice Gaetano Pecorella, deputato del Pdl, giurista e membro della Commissione Affari costituzionali alla Camera.
Ne è certo?
Parto da un presupposto. Il giornale che ha avuto la notizia dell’esistenza di queste intercettazioni, che poi è Il Fatto Quotidiano, è un giornale ispirato soprattutto al partito dell’Italia dei valori. Allora se altri giornali non hanno immediatamente pubblicato queste conversazioni, ma lo ha fatto un giornale che ha una collocazione politica molto precisa, questo non può che creare ragioni di sospetto. Tra l’altro se le intercettazioni vengono fuori a pochi giorni dal voto, credo appunto che anche un bambino penserebbe a un collegamento logico tra gli avvenimenti.
Le intercettazioni vengono fatte sulla base di gravi indizi. Nel caso di Trani su quali ragionevoli indizi sono basate?
Le intercettazioni di Trani presentano più di un problema. Il primo è che nascono all’interno di un’inchiesta che non ha niente a che vedere con il Presidente del Consiglio ma poi vengono utilizzate per aprire un’altra inchiesta. Il problema è: si possono fare intercettazioni per un fine specifico e poi utilizzarle per un procedimento nuovo? Il secondo problema è che non si può configurare un’ipotesi di concussione in merito a un’iniziativa politica. Voglio dire: si può anche discutere sulla legittimità o meno dell’intervento del Presidente del Consiglio sulla libertà di stampa.
E che cosa ha a che vedere con l’accusa di concussione?
Nulla. La concussione è una minaccia da parte di un pubblico ufficiale nei confronti di un privato al fine di convincerlo a fare o non fare qualcosa. Qui siamo in presenza di una questione squisitamente politica che è stata trasformata in azione giudiziaria con lo scopo di farne una notizia di rilievo giornalistico, lasciando così nelle mani dei giudici una campagna elettorale. Qui c’è una violazione del diritto alla privacy da parte di un giudice che non aveva questa competenza.
Qual è il vero problema delle intercettazioni?
Premettiamo che le intercettazioni sono uno strumento investigativo essenziale, perché alcuni reati possono essere scoperti solo in questo modo. Ma devono essere utilizzate quando sono assolutamente indispensabili cioè quando non ci sono altri mezzi di prova e quando ci sono indizi gravi, precisi e concordanti. Non si può intercettare la gente e poi vedere cosa emerge dalle conversazioni.
E di quelle “a strascico” cosa pensa?
Le intercettazioni dovrebbero essere fatte, per legge, nei confronti di coloro che sono fortemente indiziati. Il meccanismo che viene utilizzato permette di individuare un’area di possibili autori di reati. Per alcuni reati questo sistema è vantaggioso: ad esempio, i casi di sequestro di persona o i reati di terrorismo, i cui dei soggetti sono coimputati. Però il metodo può innescare dei problemi.
Quali?
Il primo è quello della selezione delle intercettazioni. Dovrebbero essere immediatamente segretate, custodite sotto responsabilità del pubblico ministero. Per cui se esce un’intercettazione si sa di chi è la responsabilità. Cosa che la legge attualmente all’esame del Senato prevede, tra l’altro. Il secondo problema riguarda la riproduzione delle intercettazioni. Si dovrebbe costituire un archivio per la lettura ma non per la copia. Così come si deve prevedere che non ci siano trasferimenti integrali delle conversazioni, ma soltanto un riferimento generico. In questo modo la consultazione sarebbe permessa solo ad alcuni e le intercettazioni che non hanno rilevanza penale sarebbero distrutte. La terza questione è relativa alla libertà di stampa. Il pubblico deve essere informato solo nel momento in cui le intercettazioni vengono utilizzate in un dibattimento, perché spesso riguardano persone estranee alle indagini ma che nel frattempo sono danneggiate. E poi perché c’è una regola: il giudice deve agire solo sulla base degli atti che vengono acquisiti in contraddittorio. Ora è chiaro che se i giornali pubblicano intercettazioni che poi non vanno a far parte del fascicolo del giudice, anticipano e formano un giudizio al di fuori degli atti del processo.
Alcuni ritengono che nell’autorizzare le intercettazioni i giudici abbiano un margine di discrezionalità troppo ampia.
Il meccanismo è questo: un giudice autorizza il pubblico ministero a compiere intercettazioni nei confronti di un soggetto. Il problema è questo: con la persona intercettata parla molta gente. E’ vero che viene intercettata la singola persona sulla base di indizi; ma è vero anche che in questo modo si finisce per entrare nella vita privata di persone estranee ai fatti e si colpisce un numero indeterminato di soggetti. Per questo oltre all’archivio si dovrebbe procedere alla distruzione del materiale che non ha rilevanza penale. Faccio un esempio: se si scopre che un personaggio pubblico ha una relazione extraconiugale e questo non ha una rilevanza nell’indagine svolta, l’intercettazione deve essere distrutta. Perché è ovvio che prima o poi qualcuno verrà in possesso di quelle informazioni e le darà ai giornali, spesso, possiamo supporre, anche sulla base di vantaggi economici.
Come si fa a tutelare un personaggio pubblico, come un parlamentare, dalle intercettazioni fatte in questo modo?
Io credo che si dovrebbe intervenire sulle cosiddette “intercettazioni indirette”. Mi spiego. Per intercettare un parlamentare ci vuole l’autorizzazione del Parlamento, che per altro non è semplice ottenere. Allora cosa viene fatto? Si intercettano le persone con cui il parlamentare parla abitualmente al telefono o con cui ha rapporti. Un parente, un amico o magari la segretaria. A questo punto la tutela della privacy viene meno, perché intercettando altri si finisce per intercettare il parlamentare.
Un trucco?
Un paradosso. Con il sistema attuale le intercettazioni dirette non si fanno mai, perché la notizia circola inevitabilmente in quella ristretta cerchia di persone che fanno parte della giunta per le autorizzazioni. Quelle indirette invece si fanno, ma in questo modo la funzione del parlamentare si svuota completamente.