Le colpe degli apostoli della rivoluzione marxista

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Le colpe degli apostoli della rivoluzione marxista

28 Dicembre 2008

«Mangiate e divorate a sazietà, perché quando avrete mangiato tutto, toccherà a noi mangiarvi». Quando Carlo Cafiero scrive il saggio La Rivoluzione è il 1881. Ha compiuto 35 anni e da tempo ha abbondato la carriera diplomatica intrapresa dopo la laurea in legge all’Università di Napoli.  Si è già avvicinato a Marx e a Bakunin, da cui cercherà di elaborare una difficile sintesi, ha conosciuto entrambi e ha curato un compendio del Capitale, traghettando per primo il “verbo marxista in Italia”.

Ricorda Richard Drake nel suo Apostoli e agitatori (ora pubblicato in Italia dalla casa editrice Le Lettere) che Cafiero, ritratto dalla storiografia come un’idealista generoso e disinteressato, proprio in quei mesi sta consumando una rottura insanabile con un’altra figura di rilievo della sinistra italiana, Andrea Costa. Proprio quest’ultimo, negli anni precedenti, “aveva lavorato al fianco di Bakunin e Cafiero nel preparare la sommossa” anarchica del 1874. Fallito quel tentativo, e finito in carcere – peraltro con l’accusa mossa da alcuni suoi compagni di eccessivo ottimismo sugli esiti della rivoluzione in Italia -, Costa si va sempre più defilando dalle posizioni intransigenti del vecchio amico e finisce con l’elaborare una forma di “socialismo legalitario”, di cui sarà il primo rappresentante a sedere in parlamento.

La rottura con l’ex amico è drammatica, e da disputa teorica diventa presto attacco personale. Secondo Cafiero, Costa “aveva sentito odore di opportunità politica e potere e aveva di conseguenza abiurato alla sua fede. Un simile traditore non aveva il diritto di vivere”, così il politico di Barletta “incitò i compagni di fede a infliggergli la giustizia rivoluzionaria”. Il duello tra i due pesi massimi della sinistra italiana è spietato, epperò traccia con chiarezza esemplare “l’antico dramma allegorico tra le forze della riforma e quelle della rivoluzione”. La lotta Cafiero-Costa è così destinata a restare solo il primo di un’infinità di scontri replicati negli anni a seguire con schemi e trame variabili. Tra questi, lo storico dell’università del Montana dedica numerose pagine al conflitto Turati-Labriola, a quello tra Togliatti e Vittorini e da ultimo all’azione delle Brigate Rosse, nata dal cortocircuito “tra tradizione rivoluzionaria marxista e riformismo socialista”.

A questa opposizione irriducibile, secondo Drake, non sarebbe estraneo neppure il fenomeno del nuovo brigatismo, ricomparso in modo episodico con l’obiettivo di “spostare il processo storico verso la direzione inevitabile”. Ancora una volta, conclude l’autore del Caso Moro, “era stato affermato il ‘principio’ di Carlo Cafiero”. (F.M.B.)

Richard Drake, Apostoli e agitatori. La tradizione rivoluzionaria marxista in Italia, traduzione di Enna Sessa, Le Lettere, pp. 302, euro 35