Le donne saudite iniziano a sperare di diventare persone. Sì, ma tra 4 anni

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Le donne saudite iniziano a sperare di diventare persone. Sì, ma tra 4 anni

26 Settembre 2011

“Lasciateci arrivare alla guida dell’automobile, poi arriveremo alla guida del paese”, queste le parole dell’attivista e intellettuale saudita Wajeha al-Huweidar, quando anni fa le domandai il motivo di tanto accanimento nel volere raggiungere l’autorizzazione a guidare nel proprio paese, in presenza di molte altre priorità. Ebbene, forse l’ordine previsto dalla Huweidar è stato invertito. Il discorso che il monarca saudita Abd Allah ha tenuto ieri al Majlis al-Shura, ovvero l’organismo che affianca il potere assoluto del re e che propone le leggi, va in questa direzione.

Il Custode delle due Sante moschee ha esordito fornendo le basi religiose alla propria scelta: “Una modernizzazione equilibrata nel rispetto dei nostri valori islamici è un’importante richiesta in un’epoca in cui non c’è spazio per i disertori e gli esitanti. La donna musulmana nella nostra storia islamica ha espresso opinioni e consigli corretti”. Segue la citazione di esempi di donne della storia dell’islam a partire dalla giovanissima moglie di Maometto Aisha, la Madre dei credenti, sino a Umm Salama, una vedova che si sposò con Maometto.

In un paese in cui le donne, ancora oggi, non possono fare nulla se non dietro consenso del proprio “guardiano”, ovvero dell’uomo di famiglia, fa per lo meno sorridere la seguente affermazione: “Dal momento che rifiutiamo di marginalizzare le donne nella società in tutti i ruoli che rientrano nella shari’a, abbiamo deciso, dopo aver riflettuto con i nostri rappresentanti religiosi anziani e altri… di coinvolgere le donne nel Majlis al-Shura come membri, a partire dal prossimo termine”, ha dichiarato Abdullah, che ha aggiunto: “Le donne potranno concorrere come candidati nelle elezioni municipali e avranno anche diritto al voto”. 

Il discorso reale potrebbe essere definito storico, ma, come titola il sito liberale Middle East Transparent, è tutto con il metodo “in shà Allah”, “se Dio vuole”, tipico del Regno saudita. Anche dieci anni fa il re aveva detto che le donne avrebbero dovuto avere un ruolo centrale nell’economia saudita. Da allora ci sono stati cambiamenti, molto graduali, nel timore di ripercussioni da parte dei religiosi più radicali. E così sarà anche in questo caso. Le donne che hanno manifestato e cercato in ogni modo di andarsi a iscrivere alle liste elettorali sino alla chiusura delle liste lo scorso 27 luglio, le donne che hanno lanciato una campagna per il voto alle donne, non andranno a votare nelle imminenti elezioni municipali del 29 settembre, ma dovranno attendere il 2015. 

Un fatto è certo: le associazioni femminili saudite non si accontenteranno di parole né di “concessioni” di diritti che sono universalmente riconosciuti come diritti fondamentali della persona. Come ha ricordato ieri in un’intervista rilasciata ad al Jazeera Hatoon al-Fasi, docente di Storia delle donne all’Università King Saud di Riyadh e una delle sostenitrici più accese della causa del voto in Arabia Saudita, “le donne ora esigeranno la messa in pratica di queste promesse”, ma non solo, lotteranno con maggior accanimento al fine di vedere riconosciuti tutti i diritti che faranno di loro delle cittadine a pieno diritto. Anche Wajeha al-Huweidar ha affermato che “si tratta di una grande notizia, ma che è giunto il momento di abbattere tutte le altre barriere che non consentono alle saudite di guidare e di compiere qualsiasi azione, ovvero di vivere una vita normale, senza un guardiano”.

La pressione interna delle donne saudite dovrà comunque trovare alleati esterni, dalle ONG ai governi occidentali, dai mezzi di comunicazione alle istituzioni internazionali. Bisognerà iniziare ad anteporre i diritti umani fondamentali all’economia, bisognerà esigere la ratifica dei trattati e delle convenzioni internazionali senza se e senza ma. Basti pensare che nel 2000 l’Arabia Saudita ha ratificato la Convenzione per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne (CEDAW) delle Nazioni Unite, con la seguente riserva “"in caso di contraddizione tra qualsiasi affermazione della Convenzione e le norme del diritto islamico, il Regno non è obbligato a osservare i termini contraddittori della Convenzione”. A partire da oggi la pressione interna delle attiviste e delle menti liberali saudite e quella esterna dovrebbero fare fronte comune affinché le donne saudite, in primo luogo, e le donne residenti in paesi a maggioranza islamica, in generale, vengano considerate “persone” a pieno titolo e non solo persone che valgono la “metà” dell’uomo così come previsto dal diritto islamico.

 

* Docente di Cultura e Geopolitica del mondo islamico, Università Europea di Roma; Senior Fellow presso la European Foundation for Democracy, Bruxelles; Membro del Comitato per l’islam italiano.