Le email della Clinton: il muro del politicamente corretto sta cedendo
17 Ottobre 2016
Se uno legge la stampa governativa in Italia sembra che i giochi alle elezioni presidenziali Usa siano già fatti. Si dà ampio spazio all’ultimo sondaggio della CNN, dove si dice che Hillary guida con 8 punti di vantaggio la competizione elettorale. L’interesse della nostra stampa, che riflette l’indirizzo di quella americana, è tutto sulle presunte, sempre più presunte molestie sessuali che vedrebbero implicato “The Donald”.
Ma a leggere giornali e siti internet americani più in profondità l’impressione è che non tutto volga a favore della Clinton, anzi, si stanno aprendo delle crepe grosse così nel muro di consenso che la candidata democratica avrebbe costruito durante i primi due dibattiti presidenziali. Il tema, ancora una volta, è il “clintongate”, lo scandalo delle email che Hillary avrebbe trafugato dopo che la FBI aveva aperto una inchiesta su di lei.
E’ da quando, nel luglio scorso, il direttore della FBI, Comey, annunciò che l’inchiesta penale sull’ex segretario di stato si era chiusa che continuano ad emergere pagine allarmanti sullo scandalo che vede coinvolta Lady Clinton. A incuriosire la stampa internazionale sono “dettagli” come quello per cui la FBI avrebbe distrutto un paio di computer di membri del vecchio staff della Clinton come parte dello scambio sulla immunità agli indagati, e nonostante quei portatili fossero oggetto di una indagine del Congresso degli Usa.
C’è chi parla di immunità concesse come se fossero “caramelle” dal Bureau, mentre FoxNews denuncia che interi blocchi di email sarebbero spariti dallo studio legale che rappresentava la Clinton durante le indagini, un altro aspetto che alimenta le accuse di manomissione che vanno contro le leggi federali. Tra le pagine rilasciate dalla FBI si parla anche di alti funzionari del dipartimento di Stato Usa che avrebbero fatto pressioni sui loro subordinati per spingerli a modificare i codici delle email classificate, in modo da renderli invisibili agli occhi di Congresso e opinione pubblica.
Se i media italiani non riportano questo genere di notizie, in altri Paesi non è così, basta seguire la campagna che sta portando avanti l’inglese Daily Mail, che ha dato notizia del possibile coinvolgimento del dipartimento di Stato negli insabbiamenti, e che ospitò nei mesi scorsi un editoriale dello storico Niall Ferguson, impegnato a dirci come fosse ben strana una campagna elettorale che iniziava con il watergate clintoniano.
Nel frattempo, poche ora fa, Wikileaks, il sito di notizie hackerate che ha smascherato più di uno scandalo sulle email della Clinton, ha fatto sapere che si difenderà da quei “partiti di stati” che stanno cercando di zittire Assange. Fino adesso, la campagna elettorale della Clinton è stata tutta orientata ad accusare Putin di essere il burattinaio di Assange, circostanza smentita dal leader russo.
Insomma, il muro del politicamente corretto eretto a difesa della Clinton rischia di franare. Wikileaks continua a puntare il bersaglio grosso delle elezioni Usa, il dipartimento di Stato Usa ne esce compromesso, la candidata democratica a suo tempo segretario di stato appare coinvolta in uno scandalo che investe le istituzioni stesse del Paese, mentre l’FBI, pur con la dovuta circospezione e senza muovere accuse specifiche alla Clinton, continua a rilasciare paginate e paginate della inchiesta, in modo ufficiale, almeno per quello che pare di capire.
Una possibile vittoria della Clinton alle elezioni complicherebbe ulteriormente le cose. Forse quei sondaggi della CNN allora andrebbero riletti alla voce “Clintongate”. Intanto per altri istituti di rilevazione sale il numero degli americani, più del 40 per cento, convinti che queste elezioni saranno truccate per far perdere Trump.