Le imprese sono un bene del Paese, basta che non siano del Cav.
07 Luglio 2011
Due instantanee di giornata tolgono dal fuoco – speriamo definitivamente – il paiolo dove da giorni ribollono le polemiche sulla norma ribattezzata dalla sinistra ‘salva-Fininvest’, infilata e poi ritirata dalla manovra finanziaria. Va subito detto che il metodo scelto dal governo ha alzato la palla a Bersani&C, ma nel merito la norma che vale per tutti i cittadini e tutte le aziende, ha molte buone ragioni per essere riproposta in Parlamento. Come farà il Pdl in Senato con un disegno di legge sui risarcimenti civili. E conferma, ancora una volta, il ‘pre-giudizio ad personam’ delle opposizioni.
La prima istantanea la scatta Berlusconi che alla presentazione del libro del ‘Responsabile’ Scilipoti la definisce un provvedimento “sacrosanto ed equilibrato. Ma siccome siamo in un paese dove non c’è legge giusta che possa passare se per caso c’è una legge che favorisce Silvio Berlusconi o le imprese che ha fondato…”. Sul cosa (e sul come) è accaduto tra martedì e mercoledi, il premier chiarisce (anche se parzialmente perché resta un’alea su chi materialmente ha inserito il codicillo nel testo) che non c’è alcun giallo: la norma non l’ha scritta lui e “Tremonti (che ieri ha sviato i sospetti su di lui dicendo che risponderà Palazzo Chigi, cioè Gianni Letta) non ha ritenuto di portarla al voto del Consiglio dei ministri pensando che fossero tutti d’accordo ed io ne ho avito la conferma perché ad esempio Calderoli che non la conosceva mi ha detto ‘perbacco, se lo sapevo la potevo scrivere meglio’. Ma appena ho visto le polemiche ho scritto una dichiarazione e ho ritenuto di farla togliere”. Punto e accapo.
La seconda istantanea è quella del senatore Pd Luigi Zanda il quale dopo l’annuncio del vicecapogruppo Gaetano Quagliariello sulla presentazione a Palazzo Madama del ddl sui risarcimenti civili, dice che l’iniziativa “fa parte dell’ordinaria attività parlamentare sulla quale, in linea di principio, non si può muovere alcuna osservazione”. Il passaggio clou è un altro: “Naturalmente, il giudizio sarebbe molto diverso se il Pdl al Senato dovesse proporre nuove norme a favore delle aziende di Berlusconi”. Che tradotto vuol dire: va bene qualsiasi cosa purchè non si tratti del Cav. Avvertimento e pregiudizio non solo ‘ad personam’ ma pure fuori da ogni logica temporale che potesse in qualche modo apparire sospetta, perché l’iter parlamentare del ddl segue tempi e procedure che lo renderanno operativo abbondantemente dopo la sentenza della Corte di Appello (attesa tra sabato e i primi giorni della prossima settimana) sul caso Fininvest-Cir.
Non solo: anche se la norma tanto contestata fosse rimasta tra gli articoli della manovra finanziaria, non avrebbe di certo potuto incidere, ostacolare o chissà quale altra diavoleria turba i sonni anti-berlusconiani dell’opposizione, sulla sentenza attesa a giorni. E’ vero che nella tipologia delle aziende per le quali si chiedeva la sospensione dell’esecutività provvisoria della sentenza di secondo grado rientrava pure quella della famiglia Berlusconi, ma se si è onesti intellettualmente, bisognerebbe considerare che la Fininvest dà lavoro a qualcosa come cinquantamila dipendenti e l’esborso in un certo senso preventivo dei circa 700 milioni di euro comminati in primo grado come risarcimento alla Cir di De Benedetti, o della cifra appena più bassa che sarebbe emersa nelle perizie effettuate in Appello, avrebbe dovuto essere saldato prima del pronunciamento definitivo della Cassazione. E se alla fine il verdetto fosse ribaltato? Quanto tempo passerebbe prima che un potenziale ingiusto risarcimento torni nelle casse dell’azienda che ha dovuto tirarlo fuori? E intanto che danno si produce alla stessa azienda? Vale per la Fininvest e per tutte le aziende che si trovano nelle stesse condizioni.
E’ sul solito tasso di strumentalità democrat “duro a morire” che Quagliariello punta l’indice. Una posizione in nome della quale “anche la più razionale delle leggi deve essere contrastata se essa può riguardare pure il presidente del Consiglio, le sue aziende e le decine di migliaia di persone che vi lavorano e che se un risarcimento abnorme fosse comminato con una sentenza di appello potrebbero non essere mai risarcite anche in caso di un diverso verdetto della Cassazione”.
Ma cosa c’è nel provvedimento che il Pdl porterà in Senato? Il concetto di fondo è molto semplice: la difesa dell’impresa è considerata un bene sociale primario perché significa difendere i lavoratori, le loro famiglie e il futuro dei loro figli. E l’impresa – spiega Quagliariello – la si difende anche “impedendo che l’esecutività provvisoria di sentenze non ancora definitive possa produrre conseguenze che anche in caso di un ribaltamento del giudizio nel grado successivo sarebbero ormai irreparabili”.
Del resto, il governo con in testa il ministro Alfano ha portato a termine la riforma della giustizia civile prevedendo, ad esempio, possibilità di composizione extragiudiziale delle controversie, e introducendo un filtro per l’accesso in Cassazione per cui in Cassazione arriva solo ciò che è sensato che ci arrivi. Da questo punto di vista, non è un’eresia pensare che debba essere quello il verdetto da considerare definitivo e dunque esecutivo. Non il secondo grado di giudizio, come accade adesso.
E a chi obietta che già ora l’esecuzione anticipata delle sentenze provvisorie di risarcimento civile può essere sospesa a discrezione del giudice, il vicepresidente dei senatori Pdl risponde che “dovrebbe riflettere sulla cattiva prova di sé che ha dato in Italia la discrezionalità in campo giudiziario. Forse, di fronte a un bene così prezioso come la sopravvivenza di un’impresa e dei suoi lavoratori, vi sono diverse buone ragioni perché la materia sia regolata da parametri certi e oggettivi”.
Ciò non esclude, tuttavia, la tutela del potenziale creditore “per non scoraggiare l’intrapresa nel nostro Paese. E’ ciò di cui si è preoccupato il ministro Alfano riformando la giustizia civile e introducendo misure di razionalizzazione che per la prima volta dopo decenni hanno consentito il risultato storico della riduzione dell’arretrato. E’ ciò di cui si preoccuperà anche il nostro disegno di legge attraverso la previsione di adeguate cauzioni che salvaguardino la potenziale parte lesa”.
Fin qui il caso in sé. L’altro dato di giornata è che Berlusconi è tornato a cavalcare la scena mediatica partecipando alla presentazione del libro “Scilipoti, l’ultimo dei peones”. Un’occasione per sfatare le ‘cassandre’ che in questi giorni lo descrivevano come un leader amareggiato e depresso. Il Cav. ribatte sul tasto delle riforme da realizzare anche con il contributo dell’opposizione e sul fatto che governo e maggioranza andranno avanti “fino a fine legislatura perché dagli italiani abbiamo avuto la delega a governare ed è nostro diritto farlo. E non consegneremo l’Italia a Bersani, Vendola, Di Pietro. Andremo avanti nonostante quello che si decide nei cosiddetti salotti dei poteri forti”.
Usa poi un passaggio che non è sfuggito ai deputati presenti all’evento quando dice che “in Italia c’è una tentazione alla scorciatoia e al tatticismo che è irrinunciabile. Ma noi li deluderemo”. Un modo per stoppare manovre di Palazzo con annesse ipotesi di governi di transizione, di salvaguardia nazionale e quant’altro; con un messaggio certamente rivolto all’opposizione – Casini in testa – ma che tra i pidiellini di comprovata fede berlusconiana suona anche come un monito alla suggestione – circolata in queste settimane – che a guidare un esecutivo del genere ci possa essere Giulio Tremonti.
Se le aperture del Cav. all’opposizione riguardano i possibili contributi durante l’iter parlamentare della manovra purché “a saldi invariati” o ad esempio sulla nomina del successore di Draghi al timone di Bankitalia, la chiusura è netta sulla riforma della legge elettorale, men che meno sul ritorno alle preferenze: “Il sistema elettorale che c’è è ottimo per mantenere il bipolarismo e sul tema, l’ultima volta che mi sono confrontato con l’opposizione è stato parlando con Fassino, che mi confermò l’intenzione del Pd di mantenere l’indicazione dei candidati da parte delle segreterie del partito per fare arrivare nelle commissioni e in Parlamento professionisti con esperienza sulle materie oggetto di voto”.
Infine il premier torna sulla norma relativa ai risarcimenti civili per le aziende sottolineando due aspetti. Il primo: “la Fininvest si salva senza bisogno di alcuna norma”. Il secondo: a breve ci sarà una sentenza, dopo “si potrà pensare di portare il provvedimento in Parlamento” perché a quel punto “non sarà più considerata una norma solo per la Fininvest o ad personam”.
Un’ultima annotazione sullo Scilipoti-day. Fa un po’ impressione vedere Berlusconi seduto accanto al deputato ‘responsabile’ (oggi il gruppo parlamentare si chiama Popolo e Territorio), fuggito a gambe levate dall’Idv e tra i primi a schierarsi con la maggioranza nell’ormai famoso voto di fiducia del 14 dicembre scorso (dopo l’uscita dei finiani dal governo e dal Pdl). Il Cav. era più convincente e forse anche più convinto quando agitava il Libro Nero del Comunismo. Altri tempi.