Le istituzioni difendano la Tav e la dignità di chi passa per “pecorella”

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Le istituzioni difendano la Tav e la dignità di chi passa per “pecorella”

01 Marzo 2012

E’ il pomeriggio di martedì 28 febbraio: autostrada A32 Torino – Bardonecchia, uscita di Chianocco. Gli attivisti No Tav stanno occupando ad oltranza entrambe le carreggiate per evitare che possa iniziare la fase di ampliamento dell’area di cantiere per lo scavo del cunicolo esplorativo della nuova ferrovia ad alta velocità Torino – Lione.

Ad un certo momento un manifestante, Marco Bruno, si avvicina ad un carabiniere in tenuta anti-sommossa. Lo punta, comincia a parlare: “Pecorella, che pecorella sei? Hai un numero, un nome, un cognome? Sai che sei un illegale? Dovresti avere un numero di riconoscimento. Vero pecorella? Sei forte? Sai anche sparare? Sei carino. Dai anche i bacini alla tua ragazza con quella maschera? Così non gli attacchi le malattie, bravo”. Ed ancora: “Comunque per quello che guadagni non ne vale la pena”. Ecco, esclusivamente in quest’ultima affermazione ci sentiamo di dare ragione al manifestante. Non ne vale la pena. Non conviene rischiare quotidianamente la vita per 1300 euro al mese. Per il resto un coacervo di meschinità senza pari, raccapriccianti e vergognose.

Di fronte al nulla del suo accusatore la "pecorella" in divisa ha mantenuto una calma olimpica. Nessuna reazione. Come per prendere le distanze da un monologo delirante e paranoico. Le distanze sono dettate dal suo lavoro, certo. Si dirà che ha fatto solo il suo dovere, probabile. Ma rimanendo impassibile è riuscito nell’impresa di ricoprire di ridicolo sia l’attivista autore degli improperi sia il movimento No Tav nel suo complesso. Perché di ridicolaggine si tratta. Chi occupa abusivamente un’autostrada e apostrofa di illegalità un rappresentante delle forze dell’ordine non può che essere considerato tale.

In Val di Susa, da circa 20 anni a questa parte oramai, si combatte una battaglia infinita senza esclusione di colpi. Non si tratta di una lotta per la libertà, la democrazia o qualsiasi altro valore irrinunciabile. Stiamo parlando dell’avversione viscerale ad un cantiere ancora in fieri. Una semplicissima linea ferroviaria veloce che dovrebbe attraversare la Valle e far percorrere la tratta Torino – Lione in poco più di 2 ore. La linea, tra l’altro, diventerebbe parte integrante del cd. “Corridoio 5 Kiev – Lisbona”. Se la costruzione dell’opera andasse in porto, i benefici che ne derivebbero sarebbero evidenti: diminuirebbe radicalmente il trasporto delle merci su gomma e aumenterebbe quello su rotaia, più economico e meno inquinante. Il costo per l’Italia, inoltre, risulta essere quanto mai sostenibile: 2.7 miliardi di euro. Ma il movimento sembra fare orecchie da mercante e preferire la via della violenza per opporvisi.

Infatti, gli scontri in Valle sono proseguiti anche questa notte. Le forze dell’ordine sono finalmente riuscite a sgomberare il tratto autostradale oggetto dell’occupazione mediante l’utilizzo di idranti e lacrimogeni. In risposta, hanno subito un fitto lancio di pietre e di altri oggetti contundenti dalle frange più estreme del Movimento. Bilancio: 13 feriti e 5 fermati tra i manifestanti. E non è finita qui. Per le 18 di oggi il Popolo No tav ha annunciato “blocchi dappertutto”, per protestare contro gli sgomberi e le cariche di ieri.

Dal canto nostro, mai come in questo caso sentiamo l’esigenza di difendere le istituzioni democratiche da attacchi eversivi così virulenti. Per molti infatti la trincea valsusina rappresenta soltanto un pretesto per proseguire la guerriglia para-rivoluzionaria contro lo Stato. Di fronte a un simile progetto, e di fronte ad un rappresentante delle forze dell’ordine letteralmente sbeffeggiato, occorrono la massima fermezza e l’assoluta unità delle forze politiche. Nonostante alcuni esponenti della sinistra extra-parlamentare si stiano rivelando ambigui rispetto alla condanna della violenza dei dimostranti, le istituzioni sono coralmente d’accordo, non solo sul fatto che la Tav sia un progetto giusto e che quindi vada realizzato, ma anche e soprattutto che non ci si possa far intimorire da chi come Marco Bruno, la vera "pecorella" ci verrebbe da dire, per esprimere dissenso oltrepassi il limite del lecito.