
Le mascherine e la lezione dimenticata della “rivolta del pane”

08 Maggio 2020
Il dibattito sul prezzo ‘di Stato’ per le mascherine sta assumendo i contorni della farsa. Prima l’imposizione del prezzo di 50 centesimi ha reso i dispositivi di protezione introvabili, essendo di fatto sconveniente a livello economico la loro vendita, poi il commissario Arcuri in polemica con le farmacie ha minacciato di rivolgersi ai tabaccai e infine, nella mattinata di oggi, l’accordo con Federfarma che prevede l’acquisto dai fornitori individuati dal Governo.
Un tira e molla avvilente e che rispecchia una delle più elementari logiche di mercato: i prezzi imposti per legge all’inizio accontentano i cittadini a discapito dei produttori-venditori, ma alla fine finiscono per scontentare tutti. Semplicemente perchè offerta e domanda non viaggiano su binari distinti, ma sono facce della medesima medaglia.
Chi non ricorda la bella idea del gran cancelliere di Milano, Antonio Ferrer, di fissare un prezzo “giusto” per il pane? “Costui vide, e chi non l’avrebbe veduto, che l’essere il pane a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla – scriveva Manzoni nel capitolo XII dei Promessi Sposi, quello che descrive il famoso Tumulto di San Martino -. Fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il grano si fosse comunemente venduto trentatre lire il moggio: e si vendeva fino a ottanta. Fece come una donna stata giovine, che pensasse di ringiovinire, alterando la sua fede di battesimo“. Il risultato? “La moltitudine, vedendo finalmente convertito in legge il suo desiderio, accorse subito ai forni, a chieder pane al prezzo tassato; e lo chiese con quel fare di risolutezza e di minaccia, che dànno la passione, la forza e la legge riunite insieme. Se i fornai strillassero, non lo domandate“. E come finì la rivolta del pane a Milano lo sanno tutti.
Ora paragonare Ferrer ad Arcuri e i fornai ai farmacisti è evidentemente una forzatura, eppure l’arroganza di credere di poter cambiare il mondo per legge sembra la medesima. Ma siamo sicuri sia davvero arroganza? Non è semplicemente geniale intuizione. Forse davvero siamo di fronte a un Governo di illuminati visionari profetici. Del resto parliamo pur sempre di un Esecutivo che ha – tra i suoi azionisti politici di maggioranza – il partito il cui leader si vantò di avere abolito la povertà.
E allora perchè aggrapparsi a vecchie regolette economiche, perchè scomodare Manzoni? Roba da bigotti o da manichei, roba da terza media. Quello che fu il leader del Governo del Cambiamento, Giuseppe Conte, forte dei suoi master, ma soprattutto forte della sua innata genialità, potrebbe cancellare le vecchie imposizioni dei professoroni e dare una svolta alle leggi economiche e perchè no, allo stesso ordine fisico. Da novello Einstein, Conte, insieme al fidato Arcuri e alle task force di tecnici, potrebbe scrivere le nuove leggi della relatività politica. Un mondo nuovo, perfetto, normato per Decreto. Si potrebbe cominciare dalle cose più semplici, ma che tanto infastidiscono i cittadini. Per legge si potrebbero eliminare i tornanti di montagna che tanti problemi di stomaco danno ai bambini. Si potrebbe poi eliminare il lunedì dalla settimana. E rendere impossibile, sempre per legge, lo sciogliersi eccessivo delle fette biscottate nel caffelatte. E poi si passerebbe alle cose serie: via per Decreto la legge di gravità, garanzia per legge di poter respirare sott’acqua a tutti i cittadini e – per ultimo – abolizione della sofferenza. In qualunque forma. Perchè allo Stato che tutto norma e che tutto sovrintende per il bene comune, nulla sfugge.