Le Olimpiadi a Roma sarebbero state per l’Italia una vittoria di Pirro
14 Febbraio 2012
La decisione del Governo Monti sulla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020 ne conferma il realismo e la serietà. Più degli eventuali benefici economici che, secondo molti, ne sarebbero potuti derivare, hanno pesato considerazioni economiche e, soprattutto, i rischi evidenti di un’eventuale bocciatura, sia per il prestigio del Paese, sia per il bilancio dello Stato. E’ ovvio pensare alla Grecia, passata da un malriposto trionfalismo su Atene 2004 a un amaro risveglio di cui tutti paghiamo le conseguenze.
L’ultima cosa di cui avremmo bisogno oggi è una vittoria di Pirro. Negli ultimi anni, non possiamo negarlo, abbiamo perso capacità organizzativa. Anche per questo l’Italia ha avuto un’esposizione mediatica negativa. Prima di affrontare nuove difficili sfide, dunque, dobbiamo recuperare la fiducia in noi stessi e quella, non sempre benevola, dell’opinione pubblica internazionale.
E’ già in atto un percorso difficile, che porterà a una verifica del nostro sistema Paese sul piano economico-organizzativo: l’Expo di Milano 2015. I quattro anni trascorsi dalla decisione del BIE hanno evidenziato numerose criticità. Certamente, il tempo che ci separa dall’Expo sarà utilizzato per arrivare preparati e sfruttare questa importante occasione. Temiamo, però, che le recenti difficoltà dell’Italia nella gestione di situazioni complesse, avrebbero inciso negativamente sulla decisione del Comitato Olimpico Internazionale. Detto questo, Roma 2020 non dovrebbe, con buona pace dei Maya, essere l’ultima Olimpiade della storia. Forse lo sarà per alcuni, ma gli sportivi, siamo certi, possono guardare con giustificata fiducia all’avvenire.
Vogliamo creare un’occasione di crescita, dimostrabile e fondata, per fare “bella figura”? Occupiamoci seriamente, senza vuoti richiami al petrolio d’Italia e a mirabolanti percentuali sul patrimonio culturale detenuto, di turismo e di beni culturali. Perché, se la Grecia ha la possibilità di salvarsi, lo deve al Partenone e a Pericle, non certo all’ultimo voto del Parlamento. L’Italia come è stato detto autorevolmente non è la Grecia. È ancora una realtà industriale competitiva nel mondo, nonostante la crisi. Tuttavia per ritrovare smalto e fiducia, anche sui mercati finanziari, deve gestire al meglio la sua splendida e pesante eredità. E’ mai possibile che Pompei, forse il luogo dell’antichità più conosciuto nel mondo, debba diventare occasione di discredito e vergogna per la classe politica e l’intero Paese? E’ accettabile che un bene universalmente ammirato come il Colosseo debba essere terreno di scontro fra tribunali, sindacati e associazioni di difesa dei consumatori? L’attuale governo, per acquistare ulteriore credibilità e consenso, deve concentrarsi nella soluzione di questi nodi: tutelare in modo efficiente e puntuale il delicato equilibrio del patrimonio storico artistico e paesaggistico, come impone l’articolo 9 della Costituzione; governare e favorire l’industria turistica rendendola competitiva ed efficiente, coniugandola, come già succede in alcune felici esperienze, con la tradizione enogastronomica e artigianale che, malgrado tutto, costituiscono ancora una riconosciuta eccellenza dell’Italia. Affrontare seriamente questi temi rafforzerebbe l’economia e l’immagine del Paese, creando i presupposti per future candidature vincenti, olimpiche e non solo.