Le operazioni in Libia passano sotto la Nato e Gheddafi riprende Brega

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Le operazioni in Libia passano sotto la Nato e Gheddafi riprende Brega

30 Marzo 2011

Sono dodici giorni che la Libia è sotto attacco da parte della coalizione guidata da Francia, Regno Unito e Usa, il cui comando operativo è passato da oggi sotto guida Nato. L’alleanza atlantica ha iniziato da stamattina a lanciare i primi ordini operativi a destinazione delle unità impegnate nella campagna aerea libica, con la prospettiva di compiere il passaggio di consegne del comando delle intere operazioni in tempi molto rapidi.

La transizione tra il comando della coalizione a guida anglo – franco – statunitense e l’alleanza atlantica si sta svolgendo gradualmente. Sarà il generale canadese Charles Bouchard ad assumere il comando della missione Nato. Con il passaggio del comando, cambierà anche il nome della missione, da “Odissea all’alba” il nome cambierà in “Unified Protector”. Dalla settimana scorsa la Nato già assicura il controllo dell’embargo contro le armi dirette in Libia e da domenica i primi aerei dell’Alleanza partecipano alle operazioni per fare rispettare l’interdizione dei voli nei cieli libici (no fly-zone).

Rimangono comunque in piedi le divergenze di opinioni e di strategie sulla via da seguire nell’imbroglio libico. In un’intervista rilasciata alla Cbs ieri, il presidente Obama non ha escluso alcuna opzione, anche quella di sostenere con armamenti i ribelli. Una posizione quella dell’inquilino della Casa Bianca che è stata rincarata dalla proposta, resa nota in giornata, della Francia – il paese che assieme al Regno Unito ha mostrato la maggiore dose di “volontà” nella coalizione – di sostenere con armi i ribelli di Bengasi. Londra non ha escluso la possibilità. Una strategia che non piace all’Italia che invece preme per una transizione più morbida sullo scacchiere libico che non preveda l’entrata dei ribelli di Bengasi a Tripoli. più decisa la posizione del governo russo che ha reso noto di essere apertamente contraria all’opzione di armare i ribelli libici.

Sulla possibilità di armare i ribelli di Bengasi in funzione anti – Gheddafi, il ministro degli esteri italiano Franco Frattini si espresso. Il titolare della Farnesina ha dichiarato che “armare i ribelli potrebbe essere solo una extrema ratio”. Si tratterebbe di un’ipotesi che “gli Usa non sostengono affatto. Gli americani hanno solo detto che non si esclude alcuna opzione, quel che è certo è che dobbiamo favorire l’opzione politica e armare i ribelli potrebbe essere solo una extrema ratio".

Per l’Italia, ha concluso il ministro, la soluzione “più rapida e più importante sarebbe un’uscita di scena di Gheddafi”. Accanto all’eventualità di armare i ribelli, c’è anche la questione del sostegno aereo ai ribelli di Bengasi che non piace neanche alla Cina che per bocca del presidente Hu Jintao, il quale ha ieri ricevuto il presidente francese Nicolas Sarkozy, ha sottolineato che dare sostegno aereo alle forze di Bengasi sarebbe una violazione della risoluzione 1973.

Una violazione della risoluzione 1973 – quella di Francia e Regno Unito – oramai sotto gli occhi di tutti.

Nella mattinata di oggi, infatti, quando la notizia della riconquista da parte delle forze di Gheddafi del centro di Ra’s Lanuf è stata diramata, aerei francesi sono immediatamente intervenuti, bombardando la città. Ra’s lanuf è tornata, grazie al supporto aereo francese, nelle mani delle forze ribelli del Cnt di Bengasi. Una riconquista precaria visto che nonostante l’appoggio aereo francese, la città è tornata in mano alle forze di Gheddafi nel tardo pomeriggio di oggi. La strategia di regime change di Francia e Inghilterra appare comunque oramai in aperto contrasto con il testo della risoluzione 1973 del consiglio di Sicurezza Onu.

L’Italia, da parte sua, manifesta una certa insofferenza nei confronti della volontà di ‘regime change’ per via militare di Londra e Parigi. Il governo italiano – e in particolare la Farnesina – stanno in questi giorni cercando di mantenere aperti i canali di comunicazione con Muammar Gheddafi in vista di una soluzione che preveda l’esilio del raìs. L’Italia in particolare avrebbe aperto in via informale canali diplomatici a tutto campo per vagliare la disponibilità che alcuni paesi, in particolare africani, siano disposti ad accogliere il leader libico.

Una prima dichiarazione di disponibilità è stata espressa dal portavoce del presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, il quale ha dichiarato la disponibilità del suo paese a ospitare Muammar Gheddafi in esilio. Nei giorni scorsi si erano diffuse diverse ipotesi per un futuro del raìs fuori dalla Libia. Tra i Paesi amici del Colonnello disposti a offrirgli asilo vi era il Venezuela in America Latina, il Ciad e lo Zimbabwe in Africa.

Nel frattempo la Bbc ha dato la notizia della riconquista da parte delle truppe di Gheddafi della città di Breda. Sul fronte delle azioni degli alleati, i raid delle forze alleate in Libia hanno preso di mira a più riprese Bab al-Aziziyah, sobborgo alla periferia meridionale di Tripoli dove sorge la residenza-bunker di Muammar Gheddafi. Non solo: almeno tre bombe sono state sganciate,come testimoniano queste immagini, sul quartiere di Tajura, sede di diverse basi militari dell’esercito libico. Un’ennesima conferma che la missione alleata sia ormai sconfinat in un’aperta guerra contro il raìs, altro che guerra umanitaria.