Le persecuzioni dei cristiani e le colpe dell’Occidente
13 Giugno 2007
Davanti ai martiri cristiani rapiti, assassinati, sgozzati dall’integralismo islamico e indù, davanti ai missionari e alle missionarie sempre più in pericolo di vita di cui sono piene la pagine dei giornali in questi giorni, davanti al calvario dei cristiani in Iraq, ridotti ormai ad un terzo, vittime delle violenze, intimiditi dalle minacce, costretti a scappare dalle loro case dall’intolleranza islamica, l’Europa e l’Italia rimangono mute.
Sono forse affari loro, la religione è in fondo una scelta privata e i missionari, poi, nessuno li ha obbligati a partire. Oppure è una questione della Chiesa: ci pensi il papa e le sue guardie svizzere. Oppure è una questione per i governi locali: quando in Turchia furono sgozzati i tre lavoratori dipendenti di una casa editrice cristiana che pretendeva di stampare la Bibbia, il premier Romano Prodi disse semplicemente che il governo turco avrebbe dovuto aumentare i controlli. Tutto qui?
Oppure esiste un dovere dell’occidente di proteggere i cristiani, siano essi autoctoni o missionari, in quanto sente che il cristianesimo è legato alla propria stessa identità e che lasciando a se stessi i missionari l’occidente lascia a se stessi anche i propri valori? Il cristianesimo non ha bisogno dell’Occidente, è l’occidente ad avere bisogno del cristianesimo. Da qui gli deriva il dovere di proteggere i cristiani nei luoghi di persecuzione. Solo un occidente che ha ormai smarrito la consapevolezza dei propri legami con il cristianesimo e che considera la religione un fatto privato e sostanzialmente irrazionale, può rimanere indifferente a questa tragica ondata di persecuzioni cui stiamo assistendo.
Un minimo livello di intervento potrebbe e dovrebbe essere almeno di attenersi al principio di reciprocità. Si pensa spesso che questo principio interessi primariamente la chiesa ed invece riguarda prima di tutto lo stato e la politica. La Chiesa potrebbe anche decidere di passar sopra alla reciprocità per esigenze di carità. Essa ha infatti due unici compiti di fronte ai fedeli di altre religioni: amare e annunciare. E’ vero che oggi spesso le comunità cristiane accolgono senza evangelizzare, ma questa è una conseguenza della generale tendenza alla carità senza la verità, contro cui sta combattendo questo papa. La Chiesa, comunque, può anche non chiedere niente in cambio e soprassedere anche al principio della reciprocità. Ma lo stato e la politica non possono farlo.
Alla politica, non alla religione, spetta il dovere di attenersi nei rapporti internazionali con gli stati ove vengono perseguitati i cristiani al principio della reciprocità, ad esse spetta il compito di difendere i cristiani e il cristianesimo. Ormai parecchio tempo fa, il cardinale Biffi disse una cosa vera e corretta, che suscitò però molto scalpore. Disse che lui aveva solo il compito di evangelizzare gli emigrati islamici in Italia, lo stato aveva il compito di selezionare le migrazioni. Sulle coste siciliane troveremo sempre dei centri della Caritas per l’accoglienza. Ma ciò non toglie, anzi postula, che lo stato predisponga una politica delle migrazioni improntata anche alla reciprocità.
Ci sono mille modi per agire politicamente in protezione dei cristiani: pressioni diplomatiche nei rapporti bilaterali con i paesi in questione, denuncia agli organismi internazionali, condizionamento di partnership economica al rispetto della libertà religiosa, coordinamento di una politica europea in questo delicato campo, selezione delle immigrazioni nel nostro paese. Davanti ai mille modi in cui la protezione può avvenire si rimane colpiti dall’indifferenza, dal silenzio dei governi e delle cancellerie.
Iraq e India sono oggi le zone calde, ma anche lo SriLanka, ove è stato ucciso e mutilato padre Brown ed anche le Filippine, ove è sparito padre Giancarlo Bossi e per il quale si segue la “pista islamica”. Per quest’ultimo si sta attivando la Farnesina e aumentano le richieste al Governo perché riferisca in Parlamento. Il governo però, dovrebbe riferire non solo sul caso di Padre Bossi, ma anche su un aspetto oggi fondamentale della politica estera di uno stato occidentale: cosa si pensa di fare per proteggere i cristiani nelle zone calde del pianeta. Solo una laicità intesa come indifferenza può considerarsi estranea a questi martiri e non considerarli propri martiri, propri perché martiri, propri perché cristiani.